Capitolo 9: odio e amore

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Ero ridicola. Avevo minacciato Andras con una matita. Lui mi guardò in un modo indecifrabile.

"Che ci fai qui?" gli domandai sospettosa.

"Devo andare in una discoteca che è a cento metri da qui. Tu invece?" Ribaltò la domanda su di me e mi si avvicinò torreggiandomi addosso. La distanza tra noi due era maledettamente fastidiosa così lo spinsi via brusca.

"Che c'è gattina?" Mi sussurrò all'orecchio mettendomi i brividi, i quali percorsero ogni centimetro del mio corpo. "Non riesci ad ammettere l'effetto che ti faccio?"

"Sì, ammetto che non ti voglio più vedere. Perchè mi fai schifo Andras. Mettitelo in testa. Io ti odio." Sibilai come un serpente seccata da quella situazione.

"Perfetto Penny. Vai. Sei libera di andare." I suoi occhi erano di ghiaccio e i miei invece erano feriti per come mi aveva chiamata. "Sparisci dalla mia vista se non vuoi stare in mia presenza. Vatti a fare molestare dal primo ubriaco che trovi se è quello che vuoi."

Quelle parole mi fecero riflettere sulla cosa. Non ero in un bel posto, ero sola e con un abito succinto e provocante addosso.

"Accompagnami e poi sparisci." Gli dissi per poi precisare una cosa. "Non voglio essere importunata da qualcuno, tutto qui. Riguardo a te, invece, sei la mia migliore opzione per il momento." Ribadii secca e avvelenante.

Incominciammo ad avviarci lungo la strada. Sentii il suo sguardo perforarmi e mi voltai a guardarlo. Vidi il modo in cui mi guardava e rimasi paralizzata; stava percorrendo ogni centimetro della mia scollatura mentre si mordeva il labbro inferiore.

Mi infastidiva. Mi infastidiva il fatto che non provasse vergogna nel farlo e che non lo nascondesse. Allo stesso, però, le sue attenzioni mi facevano godere come non mai. Io ero al centro dei suoi pensieri e lo sarei sempre stata. Un sorriso di soddisfazione mi attraversò il volto. Avevo vinto io il gioco e lui ormai non mi interessava più, perchè ormai era tra le mie mani, come un burattino.

Eppure era questo ciò che volevo? Perchè allora lo sognavo ogni notte? Perchè non riuscivo a levarmelo dalla testa? Sì, volevo questo. Ormai la mia decisione era stata presa, una volta che avevo varcato quella porta. Gli sarei stata lontana e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea. Nessuno. Aumentai il passo e raggiungemmo la casa di Emma in poco tempo.

Gli diedi le spalle per andare a suonare il campanello senza guardarlo o rivolgergli parola.

"Non si saluta?" Rise in modo divertito.

"Ciao." Sibilai fredda, trafiggendolo con lo sguardo, per poi ritornare a dargli le spalle. "Ora puoi andartene." Suonai il campanello.

"Prima devo fare una cosa però." Sussurrò in maniera attraente senza scollarmi gli occhi di dosso. Si morse il labbro, mentre mi divorava con gli occhi con uno sguardo famelico. In un lampo di fulmine mi afferrò il polso e mi attirò a sé, baciandomi.

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