astio profondo (21) TW: SH

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<<nuovo colore, eh?>> chiede anderson.
annuisco.
<<mi è arrivato un pacco due giorni fa circa, l'ho aperto ieri e c'erano dentro una tinta blu per capelli e un mascara>> gli spiedo toccandomi una ciocca di capelli e cominciando a giocarci.
<<ti stanno bene, se posso>>
<<grazie>>
mi guardo intorno per un momento, quando lui riporta la mia attenzione su di sè chiedendomi come stesse andando con la prescrizione dei farmaci per dormire.
<<bene>> recito, come da copione <<è passato poco tempo, quindi gli effetti non si vedono al cento per cento...credo...però va meglio>>
<<in che modo va meglio? cosa senti che sta migliorando?>>
guardo in basso e gli rispondo.
<<non lo so esattamente. posso dire che sono molto piú rilassata nella fase dell'addormentato>> rispondo, cercando di essere il piú fluida possibile.
<<e le ombre?>> continua, scrivendo qualcosa sul suo solito tacquino <<le vedi ancora?>>.
<<sí...ma violentemente meno>> mento di nuovo.
non ho smesso di vederle ovviamente,  ma mi sento molto rassicurata da ciò che mi è stato detto da Tara durante il sogno di questa notte.
non smetterò di averne paura, ma almeno ora so che alcuni di loro non hanno intenzione di farmi del male.
mi guardo le braccia e le rigiro su loro stesse fino a notare un dettaglio sul mio polso sinistro: la stretta di una mano.
lo stomaco mi duole per un secondo.
prima che ci lasciassimo, Tara mi aveva stretto il polso.

corro.
corro vero il primo specchio vicino a me, e il destino vuole che il posto piú vicino sia proprio il bagno.
spalanco la porta, ho bisogno di controllare la mia schiena, di vedere se i lividi sono ancora lí.
fino ieri sera avvertivo delle forti fitte ogni qualvolta compivo movimenti violenti con la mia schiena, ma dopo aver fatto quel sogno non ho piú sentito alcun tipo di dolore.
faccio per voltarmi quando la mia attenzione vieni richiamata da gemiti violentemente forti provenienti da uno dei tre bagni.
voglio controllare le mie ferite, ma i gemiti sono di luna.
esito.
non voglio vedere quello che mi aspetta, non voglio vederla piangere dal male che da sola si infligge.
mi prendo coraggio e busso alla porta da cui vengono quelle lamentele.
<<luna>> la chiamo, la voce stridula e rotta <<luna, aprimi, perfavore>>.
<<va via!>> strilla, con arroganza <<vattene!>>.
il suo tono non era mai stato cosí pieno di astio prima di oggi.
busso alla porta, noncurandomi di quello che ha detto, giro la maniglia della porta e grazie al cielo è aperta.

TW!!
il modo in cui il sangue orna le sue braccia mi fa fare un passo indietro.
non ne avevo mai visto cosí tanto in vita mia.
piccoli e grandi tagli le ricopromo le braccia e lacrime amare bagnano il suo viso.
continuo a vedere quel fluido rossastro sgorgare come una sorgente fuori dai suoi polsi.
metto una mano sulla bocca e indietreggio di nuovo di qualche passo.
<<luna>> tentenno <<luna...che...>>.
<<va via, chloë>> ripete, rassegnata <<lasciami sola>>.
<<no, no>> dico, in panico <<no, non posso, io...io non posso, luna, io...>> tremo come un cane bastonato, non so che cosa fare.
mi guardo attorno e cerco un aiuto che so non arriverà a meno che non sia io a chiamarlo.
non voglio tradire la fiducia di luna, ma non sono cosí stupida da non capire che se non chiamo io qualcuno adesso, non sarà di certo la mia amica a farlo per se stessa.
corro fuori dal bagno e busso con violenza alla porta di Anderson ripetute volte.
busso, prima piano, poi sempre piú forte fino a tirare pugni sperando che lo psichiatra mi apra il prima possibile.
<<chloë cosa ri prende?!>> domanda Anderson una volta avermi aperto.
<<Luna!>> dico, con tono alto <<Luna, nel bagno, si è fatta male! ti prego, aiutala>> balbetto <<io non so cosa fare>>.
il medico si dirige immediatamente verso la mia amica, io decido di non seguirlo.
ciò che ho appena visto mi ha seriamente segnato e non ho intenzione di rivedere Luna se non in un momento dove entrambe siamo favorevoli nel parlarci.

siamo tutti in silenzio in mensa.
il giorno prima, Anderson era andato dalla mia amica e, dopo aver visto le condizioni in cui era, chiamò delle infermiere che la portarono subito in infermeria.
<<hai...hai notizie?>> domanda mattheo, come se non fossimo stati dalle stesse parti per tutto il giorno.
scuoto la testa.
<<possiamo andare a trovarla, secondo te?>>.
alzo le spalle, arrendevole.
non credo che per ora luna voglia visite, considerando il modo in cui aveva tentato di mandarmi vista giusto ieri.
mi dispiace cosí tanto per lei...
credo ci sia un ragionamento alla base di quello che fa, ma non capisco che cosa lo innesca. non comprendo come qualcuno possa arrivare a farsi del male per provare piacere.
nella mensa si inziando a sentire i primi bisbigli, che si fanno sempre piú alti, fino a diventare vere e proprie voci piene di timbro.
<<cosa...>> metto giú la forchetta dal mio piatto <<cosa pensi la spinga a farsi quelle cose?>> chiedo, riferendomi ai sentimenti di luna qualche attimo prima di farsi del male.
mattheo ingoia il cibo che hai in bocca e risponde con un sorriso forzato.
<<non lo so, chloë...penso che lei abbia solo bisognio di supporto>> distoglie lo sguardo.
scuoto la testa, e gli punto gli occhi addosso.
<<non trattarmi come una bambina>> gli ordino, costringendolo a voltarsi di nuovo verso di me <<non sei mio padre e io non ho tre anni. so che lo sai, perciò spiegamelo>>.
theo emette un sospiro mentre mette le braccia conserte <<non è semplice>>.
<<mettimi alla prova>>
<<ascolta, sono cose che non capisci finchè non ci sei dentro. suppongo siano come la dipendenza dal fumo o...come la droga>>
faccio un boccone perchè, nonostante la serietà della situazione, sono veramente affamata. poi chiedo <<quindi è come una dipendenza?>>.
<<io credo che sia una dipendenza a tutti gli effetti>> annuisce, imitando il mio movimento della forchetta, portandosi alla bocca dei broccoli.
abbasso lo sguardo per poi rialzarlo di nuovo.
<<quanto pensi rimarrà qui?>>
non so dare una risposta certa al quesito posto da Theo, poichè non so il quantitativo di tempo che potrebbe impiegare una ragazza come Luna ad uscire da quel tipo di complesso che si era creato nella sua testa.
<<probabilmente tutta la vita>> sento gridare dall'altra parte della sala da mensa.
era Charlotte ad averlo urlato, e Billy dietro di lei che rideva guardandomi con odio.
volto il busto verso Char mentre Mattheo mi incita a rimanere dove sono, in modo da non recare nessun danno.
<<come, perdonami?>> la guardo, la fisso negli occhi come un serpente fissa la sua preda.
<<cos'è, Lacroix, pensi che non la sappia tutto l'istituto che siete due pazze disturbate?>> ride, sputando con astio le ultime due parole.
mi alzo dalla sedia e vado verso di lei, Theo dietro di me. Charlie fa lo stesso, seguita da Billy.
il mio amico mi tira il braccio tantando di dire qualcosa, ma non me ha il tempo, strattono il gomito che teneva saldo in una mano via dalla sua presa fino a che non mi ritrovo faccia a faccia con Char.
<<e tu pensi che io non sappia di quanta merda ti facevi prima di essere rinchiusa in un ospedale psichiatrico?>> sputo con tutto l'astio che, fino a quel momento, avevo sempre tenuto nello stomaco.
ho saputo che aveva problemi con la droga attraverso uno dei miei incubi. non sono mai stata sicura fosse vero, ma questa mi sembra una buona occasione per sfruttare il mio sapere.
lei ride.
<<almeno io per sballarmi devo prendere qualcosa, tu sei solo una matta schizzofrenica del cazzo>> sibila.
come è al corrente della mia vicinanza mentale con la schizzofrenia?
<<smettila>> la avverto, mentre sento di nuovo un vomito di ribrezzo svilluparsi nel mio stomaco.
<<non sai che dire? allora fai finire me. non solo se tu quella matta da legare, ma la tua amica, Luna, è solo una piccola...>> sillaba, mentre il mio sguardo si annerisce <<inutile...>> sillaba di nuovo, questa volta avvicinandosi alla mia faccia.
mentre lei cerca altre parole per atichettare la mia amica, il resto delle persone è completamente in silenzio e la mia mano sinistra si chiude in un pugno senza nemmeno che me ne accorga.
<<sadica di merda>> finisce. masticando bene ogni sillaba per fare in modo che fosse piú cattiva possibile.

non mi accorgo di ciò che succede al mio corpo, ma in una minima frazione di secondo il mio pugno colpisce la faccia Char con tale forza da farla barcollare violentemente su se stessa.
mi fischiano le orecchie, ma sono contenta di averlo fatto.
solo quando uno dei ragazzi va a chiamare le infermiere Mattheo lascia la presa che teneva salda sulle mie braccia dopo il pugno.
e per un momento, per un momento solo, mi sembra di sapere gestire le mie emozioni e vedere Tara, là in fondo, nel vicoletto dopo la porta della menza, anzichè una di quelle ombre schifose.

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