22. Il tutto per tutto

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Svegliarsi presto non era mai stato il punto forte di Caterina: un po' per il lavoro che faceva, un po' per le sue pessime abitudini, si era sempre considerata più un gufo notturno che un passerotto diurno.

Eppure, quella mattina, non appena la sveglia sul suo cellulare aveva emesso i suoi primi (e notevolmente fastidiosi) bi-bip, Cat aveva allungato una mano, aveva fatto scorrere il dito per fermare il suono e si era tirata fuori dalle coperte neanche svegliarsi all'alba fosse per lei normale routine.

Aveva inviato un messaggio a Monica col buongiorno e le aveva scritto l'indirizzo preciso del bar all'angolo dove avrebbero dovuto incontrarsi per fare colazione insieme. Aveva poi preparato il suo trolley (che si era finalmente decisa a disfare la sera di ritorno dal teatro), si era infilata un paio di jeans a vita alta, una magliettina verde smeraldo con le maniche svasate e delle adidas a stivaletto, aveva afferrato le chiavi, si era lasciata scivolare gli occhiali sul naso ed era uscita di casa.

Monica aveva tardato di venti minuti, cosa che le aveva costrette a ingurgitare i loro cappuccini e le loro brioches, altrimenti sarebbero arrivate in ritardo al loro appuntamento.

Il parrucchiere di fiducia della Costa aveva riservato loro due poltrone vicine e, mentre Simona si occupa dei capelli ricci (e ormai ben conosciuti) di Monica, Adamo, il proprietario, osservava la lunga chioma bionda di Caterina Conte.

«Un taglio netto» aveva ordinato lei.

Ad Adamo erano brillati gli occhi.

Due ore più tardi, sfoggiavano entrambe un nuovo, aggressivo look: Monica si era fatta lo stiraggio e le sue lunghe ciocche corvine erano state schiarite sulle punte da uno sbarazzino color magenta; Caterina aveva invece un caschetto cortissimo, sopra le spalle, dal colore più luminoso e portato con la riga in mezzo. Le dava un'aria più severa e più matura, ma le stava proprio bene.

«È ora» disse alla fine, mentre un taxi si fermava sul ciglio della strada, di fronte a loro. Gettò la sigaretta e la schiacciò sotto la scarpa, prima di chinarsi e gettarla nel cestino più vicino.

«Andrà tutto bene, Cat» promise Monica, abbracciandola. «E con questo nuovo taglio, sei uno schianto.»

Caterina rise piano e scosse il capo: il caschetto le frustò le mandibole. «Vado, allora» si congedò, con un respiro più profondo, mentre il tassista caricava il suo trolley nel portabagagli e rientrava in macchina.

Monica le mostrò il pollice all'insù. «Tienimi aggiornata, mi raccomando!»

Cat annuì e sparì all'interno dell'auto. Monica la salutò e continuò a sventolare la sua mano, con un sorriso incoraggiante, fino a che non divenne solo un puntino sul marciapiede.

«Per dove?» domandò il tassista, trafficando col timer.

«L'Aeroporto di Milano Malpensa.»

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𝐓𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐂𝐨𝐥𝐩𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐒𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora