17. Caduta di stile

596 37 12
                                    

📍 Circuito di Motegi | Giappone

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

📍 Circuito di Motegi | Giappone

L'aria prima di una gara era sempre tesa ed elettrizzante.

Aveva imparato ad amare quella sensazione di ansia mista a emozione che le faceva attorcigliare lo stomaco, un po' come aveva imparato ad amare il rombo dei motori in pista e l'odore di gomma bruciata e di benzina.

Mancava poco meno di un'ora all'inizio della gara e, dopo aver indossato il suo outfit da ombrellina, che quel giorno consisteva in un vestito bianco dalla scollatura a cuore e la gonnellina plissettata, un collarino nero con la scritta Kawasaki e un giacchetto abbinato che le copriva le spalle, gironzolava tranquilla per il box, senza disturbare nessuno.

Tra le varie cose che aveva imparato ad apprezzare in quel clima pre-gara, c'era anche l'agitazione di tecnici e meccanici, che si aggiravano attorno alla moto, facendo modifiche e migliorie dell'ultimo momento, tutti concentrati nel rendere il veicolo quanto più perfetto possibile per l'esigenza del loro pilota.

E, a proposito di Moya, se ne stava seduto sulla sua poltrona, la visiera del cappello calata sulla fronte e gli occhiali da sole a coprire gli occhi, che lei non faceva fatica a immaginare assolutamente seri. Prima di una gara, Lucas diventava sempre taciturno e pensieroso e non le rivolgeva mai parola, ma Cat non se la prendeva: sapeva che era solo dedito e concentrato alla gara ed era una parte di lui che, come tutto il resto, aveva imparato ad apprezzare.

Afferrò le decolleté bianche abbandonate vicino alla scrivania (prima di scendere in pista, specialmente quando vagava per il box, aveva l'abitudine di stare scalza, perché non era proprio abituata a camminare sui tacchi, quindi meno li indossava e meglio avrebbe nascosto la sofferenza dello stare tanto in piedi con quei trampoli) e se le infilò. Era sicura che Lucas avesse puntato i suoi occhi su di lei nell'istante in cui aveva accavallato le gambe e si era fatta scivolare le scarpe dalla punta delle dita al tallone, ma quando alzò il viso in sua direzione, convinta di coglierlo in flagrante, lui stava di nuovo fissando il vuoto davanti a sé.

Cat sorrise perché, anche se lui stava cercando di fingersi concentrato sulla moto (cosa che non escludeva essere comunque vera), le sue guance avevano assunto una lieve sfumatura rosata.

Si alzò e si stiracchiò pigra, quando un fotografo le fece cenno di uscire all'esterno per fare qualche nuovo scatto. Ubbidì e afferrò l'ombrello, aprendolo quando fu fuori dal box. Sorrise e si mise in posa per la fotocamera, che scattava più foto al secondo di quante volte lei sarebbe stata in grado di sbattere le ciglia nel triplo del tempo.

«Cat?» Aveva appena salutato il fotografo, che era stato catturato dalla bellezza ben più prorompente e mediterranea della sua vicina di box, quando Valerio l'aveva approcciata.

Caterina si girò in sua direzione, sollevando il viso per poter incrociare il volto ancora scoperto di quello che avrebbe dovuto essere il suo migliore amico. Onestamente, alla luce degli ultimi avvenimenti e di tutto quello che, seppur da ubriaco, le aveva confessato, era molto confusa sullo stato attuale della loro relazione. Il fatto che poi, dopo quella notte, fosse sparito del tutto, non la metteva di certo dell'umore adatto per considerarlo ancora suo amico, il migliore poi.

𝐓𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐂𝐨𝐥𝐩𝐚 𝐝𝐢 𝐮𝐧𝐚 𝐒𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐬𝐬𝐚Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora