CAPITOLO 14

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“La nostra Andy ha giá tirato fuori gli artigli” disse una voce familiare alle mie spalle “Che cosa voi?!” dissi girandomi per poi incrociare le braccia al petto scontrandomi con gli occhi color ghiaccio di Dmitriy “Volevo solo salutarla, mademoiselle" disse lui inchinandosi sarcasticamente “E anche a chiederle se concederesti a quest'umile uomo un ballo” e mi guardò con gli occhi di un cucciolo bastonato; alzai gli occhi al cielo esasperata;  non avevo assolutamente voglia di ballare con lui, sicuramente il suo ego sarebbe cresciuto a dismisura fino a farlo scoppiare, ma poi, guardandomi attorno notai gli sguardi increduli e al contempo arrabbiati delle due ragazze “Ma certo, perché no” dissi perfidamente guardando le due oche “Magnifico!!” rispose lui.    

Stavamo per avviarci in pista quando Dmitriy si girò verso di loro “vi do un consiglio per il futuro...sarebbe meglio che chiediate quelle fogne di bocche, perché qui la nostra Andy ha due pugni che farebbero impallidire Mike Tyson” e detto questo mi prese per un braccio e mi trascinó al centro della pista; molto, ma dico molto imbarazzata incominciai a volteggiare tra le mani esperte di Dmitriy, che si trovava estremamente a suo agio “Stasera sei bellissima” mi disse lui sorridendomi caldamente; per un secondo mi persi tra i ghiacciai che erano i suoi occhi e pensai alle innumerevoli donne che avevano ricevuto da lui il medesimo complimento.

In risposta lo guardai storto ignorando totalmente il complimento “Da galanteria una brava signorina non dovrebbe ricambiare gentilmente il complimento?” Disse lui sorridendo euforico stringendomi ancora di piú a lui; sentí contro il mio petto gli addominali scolpiti di lui che guizzavano sotto la camicia bianca “Per mia fortuna non sono né brava né  signorina quindi posso ignorare la galanteria” e detto questo mi staccai da lui decisa ad allontanarmi e uscire da quella infernale pista da ballo; non ebbi il tempo di fare il terzo passo in direzione dei miei fratelli che Dmitriy mi aveva afferrato per una mano e con uno scatto secco mi ritrovai ad un soffio dalle sue labbra; lentamente senza mai staccare gli occhi da esse guardai Dmitriy che si sporgeva su di me facendo scontare le suo magnifiche labbra al mio orecchio.

Diventai piú rossa che mai e in un' attimo di lucidità gli pestai il piede con il tacco, che dovevo proprio ammettere era un' ottima arma.
Subito lui mi lasciò andare, biascicando parole poco consone al suo l'ingaggio “signor Dmitriy spero per lei che abbia imparato la lezione” dissi avvicinandomi a lui che era ancora piegato in due dal dolore “Se lo farà un' altra volta sarei, ovviamente con dispiacere, costretta a colpirti dove non batte il sole ” e senza degnarlo di un'altro sguardo uscì dalla pista.
Stravaccata su una sedia di tessuto pregiato, sbadigliai per la 157 volta; eravamo lì da tre ore e mi stavo annoiando da morire, visto che dopo la tacchettata sul piede di quell'energumeno non era successo nulla degno di nota, quindi decisi di fare una passeggiata nell' enorme giardino della villa, che si affaccia al di là dalle porte finestre.

L' aria era fresca e frizzante e la luna splendeva piena e tonda nel cielo, illuminando delicatamente e parzialmente il boschetto minuziosamente curato; lentamente e facendo attenzione a non calpestare nessun fiore con il mio letale tacco, avanzai dentro di esso ammirando una fauna mai vista prima.
Quando ero intrappolata nella tana potevamo uscire una volta alla settimana e solo se vincevano l' incontro e solitamente le uniche piante che si potevano incontrare nel quartiere malfamato dove vivevamo erano le erbacce che crescevano ostinate ai lati delle strade; con un sorriso sarcastico mi paragoni ad essa: forte,dura,brutta,indelicata,inutile e ostinata.

Io ero tutto questo, non ero un fiore delicato che doveva essere protetto e curato perché al primo scossone avrebbe perso la propria purezza e bellezza; senza neanche accorgermene sospinta dai miei pensieri mi ritrovai sulla riva di un piccolo laghetto pieno di magnifiche carpe koi che si muovevano sinuose e schive nell' acqua cristallina.
Dei rumori fecero scoppiare la bolla di beatitudine in cui mi trovavo facendo andare in allerta tutti i miei sensi; da quello che avevo appena sentito e dal vociare concitato potevo tranquillamente affermare che c'erano circa un centinaio di uomini e dallo sbatacchiare che si sentiva ogni volta che camminavano erano armati fino ai denti.

Per non farmi scoprire mi tolsi i tacchi e li abbandonai sulle rive del laghetto per poi nascondendomi tra le folte chiome del giardino che donava innumerevoli nascondigli “Signore tra quanto dobbiamo attaccare?” Chiese un' uomo alto e robusto al compagno a fianco “Quando la base ci darà il consenso” rispose lui con voce profonda e roca; cercando di pensare il piú velocemente possibile un piano, scivolai da un cespuglio al' altro ritrovandomi cosí  a circa una decina di metri dalla porta finestra.
Alzandomi lentamente e facendo la disinvolta mi avvia verso di essa e solo dopo essermela  chiusa alle spalle mi guardai freneticamente attorno alla ricerca di Mark o uno dei miei fratelli; il primo che individuai  fu Elijah che si trovava a pochi metri da me, e filtrava con una biondina con le ciglia smisurate; senza pensarci due volte mi fiondai nella sua direzione.

Può sembrare strano ma nell' arena lottavamo tra di noi, conoscevamo chi dovevamo affrontare e soprattutto per lottare usavamo il nostro corpo e qualche volta dei coltelli, ma mai delle pistole, anche se avevamo imparato le basi su di esse “Cole, Cole!!” Urlai strattonandolo per un braccio “Che cazzo vuoi” disse lui sottraendosi dalla mia presa “Ci sono un centinaio di uomini armati che si nascondono nel giardino!!” Urlai leggermente alterata, lui in tutta risposta mi fissò come se fossi pazza “Cole, ti giuro che non sto mentendo,ti prego credimi”.
un secondo dopo uno sparo rieccheggiò nell'aria, forte e rumoroso; Cole sentendolo si era messo di fronte a me creando uno scudo col suo corpo, proteggendomi “Corri !! e cerca papà lui ti proteggerà" e detto questo estrasse da sotto la giacca una pistola calibro 50 per poi avviarsi correndo nella direzione dello sparo.

Cercando di rimanere lucida afferrai un coltello su uno dei tavoli imbanditi e seguendo le indicazioni di Cole, mi feci strada tra la folla urlante e in subbuglio cercando con lo sguardo Mark che sembrava sparito dalla sala; all' improvviso una mano ruvida e callosa si strinse attorno al mio polso nudo; con il cuore a mille mi costrinsi a girarmi ritrovandomi faccia a faccia con un' uomo con il volto coperto da un passamontagna.
Senza neanche riflettere, strinsi convulsamente il coltello che si trovava nell' altra mano e con tutta la forza che avevo in corpo gli trafissi il braccio per poi allontanarmi con uno scatto subito dopo; senza aspettare una contromossa dallo sconosciuto corsi tra la folla alla ricerca di un viso conosciuto, ma ancora una volta fui intralciata; qualcosa o qualcuno mi aveva calpestato il vestito interrompendo bruscamente la mia ricerca “Signorina, si volti lentamente e si avvicinati ” disse un' uomo che scoprí dopo essermi voltata mi puntava una pistola contro.

Facendo la finta accondiscendente mi avviai verso di lui e quando fui a distanza di tiro gli tirai una ginocchiata tra le gambe e gli piantai sulla coscia il coltello;  con un gemito l’uomo scivolò a terra, svenuto.
Le persone urlavano e spingevano l'uno con l'altra e nell'aria si sentivano una moltitudine di spari;guardai un' altra volta l’uomo a terra e subito mi venne un'idea; con tutta fretta gli tolsi la giacca prendendo anche il suo coltello e la pistola e mi rifugiai di corsa dentro ad una delle stanze.

Dovevo assolutamente togliermi di dosso quel vestito perché con quello le mie possibilità di vittoria già scarse di per sé, si sarebbero ridotte allo 0%; mi spogliai rimanendo in pantaloncini e reggiseno, coprendomi poi con la giacca megagalattica dell' uomo.
Tenendo con la mano sinistra il coltello e con la destra la pistola  uscì dalla stanza; non ero un' esperta nel maneggiare una pistola, però sapevo ferire.
Il silenzio mi accolse quando feci il mio ingresso nell' enorme sala in cui si era svolta la sontuosa festa; lentamente e senza fare rumore cercai di avviarmi verso la porta d'ingresso, l' unica via d’uscita da quella fortezza, ma per la terza volta una voce mi chiamò “Chi abbiamo qui oggi?” disse l’uomo girandomi attorno come un' avvoltoio affamato “Butta giú  coltello e pistola…ora” disse lui avvicinandosi; rapidamente cercai di colpirlo col coltello, riuscendo a infliggergli un taglio profondo sul costato, poi balzando all' indietro cercai di  allontanarmi da lui, ma invano; era comunque riuscito ad afferrare la pistola e a colpirmi di striscio la spalla destra.

Urlai di dolore e cercai di sparare a mia volta ma lo mancai di pochi centimetri; con gli occhi sgranati dal terrore rotolai su un fianco tentando nuovamente di sparargli e questa volta ci riuscì colpendogli in pieno la coscia sinistra.
all’improvviso uno sparo risuonò nella stanza, ma non era partito dell'uomo mascherato che nel frattempo si era accasciato a terra,ma da qualcuno dietro di me.

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Ciao a tutti come state? Spero bene dopo un pó di tempo sono tornata, non avevo molta ispirazione e spero sinceramente di trovarla al piú presto anche se dopo questo capitolo mi sento piú grintosa.

Alexa💙

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