Sii come i fiori a primavera,
e il boato dei tuoni la sera.
Sii forza dirompente,
e delicatezza disarmante.
Sette e mezza.Mi siedo sul letto, con i capelli grondanti e ancora avvolta nell'asciugamano.
L'idea di dover uscire per andare ad una festa mi devasta. Da un lato sono impaziente di tornare a vivere, a sentire la musica, le persone ridere all'unisono. Ma, dall'altro lato, mi sento uno straccio, come se non avessi ancora avuto modo di elaborare il fatto che mi trovi in America, e non più a casa. Una casa che mi stava, però, terribilmente stretta. Ma è anche quella casa dove ho lasciato il nonno: nel mio cuore è ancora seduto sulla poltrona della sua baita a guardare qualche film western che danno in TV. So bene che non è così, so bene che a casa ormai non c'era nessun altro, non dopo che ho tagliato i ponti con chiunque.
L'unica amica che potevo avere, Jessica, mi ignora da anni, solo perché preferivo passare le mie giornate con le montagne piuttosto che con le persone e, a dirla tutta, da quanto è partita con l'esercito, non so neanche dove si trovi, se abbia cambiato numero, come stia. Ma va bene così, me lo ripeto ogni volta, perché qualsiasi legame con il passato deve essere reciso, non voglio alcuna interferenza con la mia nuova vita.
E, in tutto ciò, devo ancora scegliere quali dei due outfit di Clary mettere. Controllo sbrigativa il mio nuovo indirizzo mail, ma le uniche che ho in entrata sono la conferma della prenotazione del Foreigners' e quelle scambiate con il mio avvocato, che mi assicura che per la questione eredità è tutto okay. Non che ci sia qualcosa di contorto, solo un fondo che il nonno aveva messo da parte per me durante questi anni e la sua casa. Quest'ultima è il punto più dolente, averla lasciata mi fa sentire come se avessi voltato le spalle a lui, che mi ripeteva sempre che un giorno quel rifugio sarebbe stato mio, un posto a cui tornare quando mi sarei sentita persa, o una casa in cui abitare se lo avessi voluto. Ma non avevo fatto nessuna delle due cose. Quella baita sarebbe rimasta per sempre nei miei ricordi. Quando il signor Viscardi mi aveva chiesto se avessi intenzione di venderla gli avevo risposto di no, che nessuno doveva metterci piede all'infuori di me, lui e coloro a cui il nonno aveva dato le chiavi, la vicina quindi. E non mi importa se tra cento anni quel posto sarà crollato, io non voglio che vada nelle mani di nessuno. Là dentro sopravvive ancora l'anima del nonno, e non solo la sua. Quindi no, nessuno la deve profanare.
Spengo il cellulare e tampono i capelli, mentre la mia mente continua a vagare ovunque, anche se non vorrei. È come se il mio inconscio insistesse con tutte le sue forze nel rimanere ancorato al passato e trascinarmi via con sé. E per quanto mi piacerebbe, non voglio. Perché rivivere il mio piccolo sogno, vorrebbe dire rivivere anche l'incubo che l'ha seguito, e non posso, non più.
Prendo il bracciale che mi sono tolta per fare la doccia, avendo cura di controllare che il ciondolo sia ancora lì. Lo guardo per qualche secondo e sorrido.
Anyway, anywhere, I will bloom. Ovunque e comunque, io fiorirò.
È questa la frase che aveva inciso il nonno dietro al ciondolo di Livia, una stella alpina, la mia piccola stella in terra.
Cerco di distrarmi, di pensare ad altro, ma non ho altro a cui pensare in effetti. Sto costruendo una vita da zero, è vero, ma non posso ignorare che ne ho avuta già una, che rimane comunque il mio passato, gli anni più delicati della crescita vissuti nell'oblio, come se non fossero mai esistiti.
È così difficile ricominciare. Dover fingere anche con l'unica persona con cui dovrei essere sincera: me stessa. Fingo, ma in realtà mi rendo conto di quanto io sia svuotata di quelle emozioni che sono proprie dei ventenni. E sapere che la spinta a spaccare il mondo si sia annichilita dentro di me in un cumulo di cenere è triste, una tristezza che non mi permette neanche di piangere, che mi fa sentire in balia di qualcosa, ma non so di cosa. Un senso di incertezza che mi caratterizza da tempo, che mi definisce e da cui sono stanca di dipendere. Mi piacerebbe fare come le fenici, risorgere, ripartire da me, dalle ceneri in cui mi crogiolo, accendermi di nuovo, ripartire da zero. Fiorire nei climi più rigidi, come la stella alpina che porto al polso. Ma io non sono così, io non sono lei.
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PHOENIX - Edelweiss
Romance[COMPLETA] Hai mai visto un ponte spezzato portare da qualche parte che non sia il vuoto? San Francisco. Una città pulsante e frenetica come i giovani che la popolano. Ed è qui che Bianca sceglie di ricominciare. Un Campus, una metropoli dai mille c...