15. HEMINGWAY

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Non chiamarmi bugiarda
solo perché ho scelto di proteggerti dalla verità.


Sono passate tre settimane dall'ultima volta che Nik ha dimostrato di tenere a me. Tre settimane in cui ogni giorno mi sono chiesta perché non mi chiedesse come sto e perché io non gli facessi la stessa domanda. Perché di occasioni per vedersi ce ne sono state, eccome se ce ne sono state. Tre volte a settimana costretta in una stanza con lui e Sophie a studiare, ad ascoltarlo parlare come un automa. Mentre Sophie ci provava palesemente con lui, io me ne sono stata sul mio, a far finta che quei gesti non mi toccassero. A fingere che non provassi niente per lui. Quando in realtà popola i miei pensieri più di quanto dovrebbe.

È lui a tormentarmi la notte adesso, come se quello che sento per lui e la delusione siano quasi forti quanto il dolore per la perdita di nonno, la consapevolezza di non avere più una famiglia. E mi sento quasi stupida a paragonarlo a loro, a mettere Nik sullo stesso piano di quelle persone che per me sono sempre state tutto. È come se la mia mente avvertisse questo nuovo sentimento come un tradimento alla memoria dei miei cari.

Ma non posso farne a meno, non posso ignorare le farfalle nello stomaco che sento quando mi è vicino. La morsa insopportabile che mi avvolge la gola quando Maddie è con lui, o quando Sophie lo seduce, o quando qualsiasi ragazza della CMU lo mangia con gli occhi.

Non posso ignorare il grido silenzioso di aiuto che mi ha rivolto quella sera in camera mia. E soprattutto, non posso ignorare che sono irrimediabilmente innamorata di lui. Che il mio umore dipende da quel ragazzo dagli occhi profondi e dallo sguardo accecato da chissà quale disputa interiore.

Ma la sua indifferenza mi ferisce sempre di più, giorno dopo giorno mi toglie la luce che i miei amici accendono in me. Mi consuma. Mi occupa la mente quando non dovrebbe, e sapere che non posso farci niente, che ho già fatto tutto per chiedergli di scegliermi e lui non l'ha fatto, aumentano solo la consapevolezza che quello che sento non è ricambiato. Che è inutile corrergli dietro.

Alex, che in questo ultimo periodo si è praticamente unito al nostro gruppo, mi detto che quando c'è Nik nella stanza sono un'altra persona, che quando gli sono nei paraggi è come se mi si illuminasse lo sguardo. Eppure, ogni volta che lo vedo è come una doccia fredda, e devo fare ricorso al mio autocontrollo per non crollare.

«Signorina Rogatis»

Alzo gli occhi dal foglio su cui sto appuntando le parole del professore di letteratura americana e incrocio gli sguardi dei miei compagni di corso che si sono voltati verso di me.

«Sarebbe così gentile da esporre alla classe, in poche parole, il motivo per cui 'For whom the Bell tolls' è il romanzo capolavoro di Hemingway?»

Annuisco, sentendo le guance avvampare per l'attenzione che tutte e cento le persone in quell'aula mi stanno rivolgendo.

«Sì, allora, il romanzo ha come protagonisti dei partigiani spagnoli dello schieramento repubblicano, ed è ambientato durante la guerra civile, nel 1937 per la precisione. È un capolavoro perché in poco meno di tre giorni di narrazione Hemingway riesce ad abbracciare temi come la morte, l'amore, l'eros e la disperazione, inserendoli in un contesto storico crudamente realistico» rispondo cercando di mantenere la concentrazione sul professore, anziché sul mio problema principale: due occhi neri che mi scrutano qualche fila davanti.

«Lei lo ha letto?» mi chiede il professore compiaciuto ed evidentemente soddisfatto della risposta.

Annuisco e il mio sguardo, incapace di opporsi ancora, si sposta su Nik che mi osserva con un'espressione indecifrabile.

Mi soffermo sul suo labbro inferiore, spaccato sul lato. Che cosa gli è successo? Che a lavoro abbia dovuto ricorrere alla violenza? O è solo una delle tante risse in cui si è gettato per colpa di Sam? O magari è successo agli allenamenti. No, non può essere, l'ultimo allenamento era venerdì mattina e noi ci siamo visti il pomeriggio. Deve essere successo senz'altro nel weekend.

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