Capitolo 15

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Il Natale rappresentava una dimensione totalmente diversa per me, una volta arrivato quel magnifico giorno tutto in me cambiava rendendomi di nuovo una bambina.
Da piccola zio Noah mi preparava sempre un cesto zeppo di regali, nonostante economicamente non navigassimo nell'oro, che metteva fuori alla finestra per farmi credere nell'esistenza di Babbo Natale, quella sua tradizione mi portò ad amare intensamente il Natale e a credere che Babbo Natale esistesse veramente ed infatti zio non mi aveva mai rivelato che in realtà fosse tutta una leggenda, sapeva che io ci avrei creduto lo stesso.
Avevo sempre desiderato trascorrere le festività in una famiglia enorme e piena di amore ma con il tempo avevo capito che il numero di persone fosse un dato effimero.
Con l'arrivo del periodo natalizio un'amara nostalgia pervadeva il mio corpo al pensiero che ormai tutto avesse perso la propria magica atmosfera di quando si è piccoli, mi ritrovavo sempre a pensare a quanto da piccoli si avesse voglia di crescere e proprio quando si diventava grandi ci si rendeva conto di quanto sbagliassimo.
Max, un ragazzo appartenente ad un'associazione di volontariato, veniva chiamato ogni anno da me per travestirsi da Babbo Natale e portare regali ai bambini. La vigilia di Natale la passavo sempre in ospedale perché amavo stare con i bambini, di solito mi accompagna anche zio per non restare da solo ma quell'anno decise di trascorrerlo insieme a Rose.
« Che cosa vi ha portato Babbo Natale? » mi avvicinai a Mark e mi si scaldò il cuore vedendo i suoi occhi illuminarsi dalla gioia.
Aprì le braccia verso di me e così lo presi in braccio. « Mi ha portato una macchina della polizia! È bellissima! »
Guardai la macchinina che teneva tra le dita cicciottelle e gli sorrisi dolcemente. « È veramente bellissima, gliel'avevi chiesto nella letterina che gli hai spedito? »
Lui sorrise annuendo e lo lasciai giocare con la macchinina posandolo a terra per prestare la mia attenzione ad altri bimbi che si trovavano nella sala giochi del reparto pediatrico.
Mi guardai intorno e mi concentrai su una bambina che se ne stava da sola a giocare con la sua nuova bambola. « Vediamo qui che abbiamo... » mi abbassai alla sua altezza e la osservai attentamente dato che non la conoscevo, non era una mia paziente. « Come si chiama questa bambola? »
Alzò i suoi occhioni timidi e verdi su di me mentre io osservai i suoi capelli biondi incorniciare il viso dolce e paffutello. « Non ha ancora un nome. » mormorò tristemente.
I genitori potevano venire a stare con i figli la sera della vigilia e mi meravigliai di vederla da sola proprio in quella sera, forse era orfana, ne vedevamo un sacco di bambini rimasti soli al mondo come conseguenza di incidenti stradali.
« Come mai? » mi fece una tenerezza assurda.
Era particolarmente triste, in una sera di gioia e di felicità lei se ne stava in disparte a giocare da sola con il volto accigliato.
Alzò le spalle mentre pettinava i capelli lunghi della bambola. « Non so come chiamarla. »
Presi un respiro profondo e mi accomodai sulla sediola accanto alla sua per restarle un po' accanto. « Allora perché non scegliamo un nome insieme? »
Presi il suo silenzio come cenno di accordo. « Allora... a me piacerebbe tanto Selena, mi è sempre piaciuto come nome e a te? »
Lei mi guardò mentre probabilmente rifletté su quello che avevo detto. « Sì, mi piace. »
« Come ti chiami? » non le avevo ancora chiesto il suo nome.
« Skyler. » mormorò mentre aggiustava il vestitino alla bambola.
« Bellissimo nome. » doveva esserci qualcosa che non andava. « Come mai sei qui tutta sola Skyler? »
Alzò i suoi occhi verdi su di me e ne restai incantata da tanta bellezza. « Perché io non ho più una mamma ed un papà. » il sangue mi si gelò nelle vene.
« Dottoressa Anderson...buonasera. » il Dottor Johnson mi si avvicinò mentre io ero ancora totalmente allibita da ciò che una bambina che pensai potesse avere quattro anni.
Alan Johnson era uno degli eccellenti chirurghi predominanti a Chicago, era un uomo estremamente enigmatico e non incline a determinate confidenze in ambito lavorativo.
Puntai i miei occhi nei suoi mentre mi alzavo dalla sedia « Buonasera. »
Il dottor Johnson puntò i suoi occhi verdi negli occhi azzurri di Skyler. « Come va piccolina? Che ti ha portato Babbo Natale? »
Skyler si illuminò vedendo la figura del Dottor Johnson. « Dottore! » si buttò tra le sue braccia e lo strinse forte come se fosse suo padre, rimasi così colpita dal suo comportamento che rimasi senza parole. Non lo avevo mai visto così coinvolto, era sempre così composto e professionale che non l'avevo mai visto sciogliersi così tanto difronte una bambina.
« Lei è Skyler, lei ed i suoi genitori sono stati coinvolti in un incidente la settimana scorsa. » tutto tornò a galla nella mia mente e fu tutto chiaro. Giorni prima era stata al centro delle discussioni giornalistiche l'incidente di una famiglia che si stava recando ad una serata di beneficenza organizzata dall'élite della città, non ci sarebbero stati scandali se non fosse per il fatto che i due genitori avevano assunto droga prima di recarsi alla festa. Il padre della bambina era morto subito, la mamma non aveva superato l'intervento e la figlia era sopravvissuta ma con una grave lesione alla testa che doveva essere tenuta sotto controllo.
« Se ne stava da sola prima che arrivassi io. » gli spiegai mentre lei se ne stava appoggiata al petto del medico che la stringeva amorevolmente.
« Non è socievole perché è ancora traumatizzata da tutto ciò che è successo, io sono l'unico che a quanto pare le sta simpatico. » spiegò mentre gli occhi azzurri della bimba si posarono su di me per rivolgermi un debole sorriso.
« Ma a quanto pare anche lei le sta simpatica. » sorrisi al medico mentre la piccolina annuì dandogli ragione.
Ne fui subito contenta. « È bellissima. » mormorai e le carezzai la guancia lentamente.
Lui annuì. « Sì è proprio bella ed è anche bravissima. » le diede un bacio tra i capelli e poi la posò di nuovo a terra facendola risedere sulla sua sedia per iniziare a parlare con la sua bambola.
« A quanto pare non era molto legata ai suoi genitori, quando le abbiamo comunicato che erano morti non ha avuto nessuna reazione esagerata come ci aspettavamo. » Alan Johnson mi guardò rammaricato mentre mi concedeva tutta la sua attenzione. « Ho pensato che forse la picchiavano, aveva dei segni che non potevano essere conducibili all'incidente. »
Lo guardai inarcando le sopracciglia in un'espressione chiaramente confusa. « Che cosa? In che senso? »
« Skyler aveva delle ferite che dopo essere state ripulite non hanno comportato chissà quanti lividi, erano perlopiù tagli profondi quindi quando l'ho visitata ho visto che c'erano già degli ematomi e non potevano essere quelli di un incidente dato che sarebbe stato troppo presto per la comparsa. »
Annuì comprendendo le sue parole. « Facevano uso di sostante stupefacenti, giusto? »
Il dottor Johnson annuì. « Probabilmente erano veri e propri dipendenti da quella roba. »
« Poverina... non sarà stato facile per lei vivere in un contesto familiare simile. » mi sentì male all'idea. 
« E adesso? Una volta uscita dall'ospedale dove andrà? » il pensiero che potesse andare in un orfanotrofio mi provocò un forte dispiacere, quella bimba meritava di essere amata da una vera famiglia che potesse infonderle valori veri ed un forte amore.
Lui puntò i suoi occhi verdi su di me. « Non saprei dirle, probabilmente verrà affidata ad una famiglia però... »
« Però? » ero troppo curiosa quindi il suo lasciare andare il discorso mi provocò fastidio.
Prese un respiro profondo e mi guardò intensamente. « Stavo pensando di adottarla. » la sua rivelazione mi scioccò. « Insomma... mi sono legato molto a lei e non vorrei che finisse nelle mani di una famiglia che non la merita. »
Sorrisi commossa. « Sarebbe un gesto che le farebbe onore. »
Alzò le spalle. « Da quando è venuta in questo ospedale sono stato l'unico ad occuparsi di lei e lei si fida solo di me, non so spiegarlo ma c'è questo legame che mi unisce a lei da quando ci siamo visti. » la guardava con tutto l'amore del mondo, come se fosse sua figlia e questo mi fece scoprire un lato umano di quell'uomo che non avevo mai visto.
Osservai il suo volto marcato e particolarmente bello sciogliersi dinanzi alla visione di quella bimba che sembrava essere un angelo mentre le sue braccia muscolose erano intersecate sui pettorali coperti da un maglione rosso scuro che era stato messo apposta per il giorno di Natale dato che di solito vestiva sempre con colori chiari e sobri.
« Dove trascorrerà il Natale? » mi chiese mentre camminavamo per la stanza osservando i bambini che giocavano contenti con i loro nuovi giocattoli.
Osservai Brian, un mio bambino, mentre scartava il nuovo camioncino. « Starò con mio zio, lei invece cosa farà? »
« Non saprei, di solito sto sempre da solo. » mi stava mostrando un lato di se stesso e non sapevo nemmeno il motivo ma non sindacai su questa questione.
Non volevo prendermi confidenze che forse non dovevo permettermi di prendermi quindi decisi di stare zitta cercando di frenare la mia piccola, ma esistente, curiosità nei suoi confronti.
« Adesso devo andare ma è stato un piacere parlare con lei. » decisi di dileguarmi sorridendogli sinceramente.
« Arrivederci, dottoressa Anderson. » mi fece un occhiolino amichevole e poi si allontanò per recarsi affianco ad altri bimbi.

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