MASON
« Non vedo Ashley da un po' e già sto impazzendo... sono praticamente sotto i suoi comandi, com'è possibile perdere la testa per una persona? » guardai Cole bevendo quel cocktail pieno di alcool che avrei sicuramente retto benissimo, da adolescente ne avevo bevuti di alcolici ed arrivato a perdere la capacità di ubriacarmi.
Mark sorrise leggermente. « Quando l'hai vista l'ultima volta? »
Cole esalò esasperato: « Dal 31 dicembre... »
Mark scoppiò a ridere. « Non la vedi da tre giorni... »
Cole lo guardò male. « Perché ridi? Tu se non vedi Laura per un giorno sembri impazzire... »
Ridacchiai provocando i loro sguardi su di me. « Cole ha ragione, se non vedi la farfallina per un giorno impazzisci. »
Cole mi diede manforte scoppiando a ridere mentre Mark cercò di smentire ciò che avevo appena detto senza ottenere chissà quali risultati.
« Non è una questione di sesso, comunque. » disse serio.
Alzai le spalle. « Ci mancherebbe... dopo quello che le hai fatto passare lei ti ha perdonato, se non è amore questo non so cos'altro possa essere. »
« Forse il sesso è così sensazionale che è per questo che ti ha perdonato. » mormorò serio il biondo provocandosi uno spintone da parte del diretto interessato.
« Sorpresa! » delle voci femminili ed acute mi infastidirono tremendamente e mi sorpresi nel vedere le due ragazze.
Quella sera stavamo bevendo qualcosa nel solito bar, non sapevo che le ragazze ci avrebbero raggiunto e vedendo la faccia dei miei amici compresi che nemmeno loro ne fossero a conoscenza. L'entrata inaspettata di componenti femminili nel nostro gruppo non mi aveva mai infastidito chissà quanto, sapevo che se avessi voluto stare da solo con i miei amici avrebbero saputo come ritagliarsi del tempo per soli maschi.
Cole sembrava parecchio felice da quando si era fidanzato con Ashley mentre Mark sembrò aver deciso di mettere la testa a posto, sapevo quanto entrambi avessero bisogno di una persona al proprio fianco e mi rendeva felice il fatto che l'avessero trovata.
« Gesù, come sei bella...questo è l'effetto che mi provoca non vederti per così tanto tempo. » Cole si buttò su Ashley e la strinse tra le sue braccia come se non la vedesse da anni ed anni mentre Mark e Laura si baciarono castamente.
Guardai le due ragazze ed inevitabilmente mi venne in mente la terza componente del loro gruppo. Non vedevo Allison da due giorni, non aveva nemmeno risposto alle chiamate che mia mamma le riservava per sapere se stesse bene o se le servisse qualcosa, non sapevo cosa fare...
L'avevo vista cadere a terra, l'avevo percepita la sua anima spezzarsi in quell'ospedale e ne ero rimasto assolutamente colpito, il suo dolore muto mi aveva colpito come una secchiata di acqua gelida in pieno inverno e se io non sapevo come riprendermi non avrei mai potuto immaginare come avrebbe potuto farlo lei.
Noah Anderson aveva fatto tanto per me e non solo da quando si era fidanzato con mia mamma ma sopratutto prima, mi aveva aiutato come nemmeno i miei amici erano stati in grado di farlo. Mi aveva scolpito e aveva reso me un uomo migliore attraverso i suoi insegnamenti che non avrei mai potuto dimenticare e sapevo che ogni volta che avrei visto sua nipote in quegli occhi ci sarebbe stato lui.
« Allison ti ha risposto? » la voce di Laura mi portò di nuovo alla realtà e così portai il mio sguardo su di lei aspettando una risposta.
La sua amica assunse subito un atteggiamento sconsolato. « No, non l'ho proprio sentita e non ha aperto quando sono passata prima. »
Non sta vedendo nemmeno le sue amiche? Quel pensiero mi fece drizzare la schiena e subito un brutto presentimento si insinuò tra le pieghe della mia mente.
Mark spostò lo sguardo su di me, probabilmente percependo il mio repentino cambio di umore già abbastanza scadente.
Iniziai ad avere un giudizio particolarmente critico nei confronti di Ashley e Laura, la loro presenza in quel bar mentre la loro amica soffriva per il lutto più importante della loro amica mi mandò in bestia tanto da alzarmi e precipitati fuori.
Avevo un dovere nei suoi confronti per il forte legame con suo zio, era rimasta completamente sola e questo inspiegabilmente mi provocava uno strano sentimento che nemmeno io sapevo riconoscere. Avevo trent'anni e mi interessavo a pochissime persone nella mia vita, si potevano contare sulle dita di una mano, e in quel momento mi sembrò che stessi per aggiungere un ulteriore persona.
Quando arrivai sotto casa sua non indugiai nemmeno un secondo e mi diressi verso il suo appartamento, non avevo chissà quali aspettative ma mi sentivo in dovere di vedere se almeno stesse bene o se le fosse capitato qualcosa. Dovevo quel tipo di trattamento a suo zio.
Bussai alla porta ma dopo qualche secondo decisi di usare le chiavi che Noah mi aveva dato personalmente mentre ci dirigevamo in ospedale, negli ultimi brevi attimi di lucidità che aveva avuto prima di svenire.
Il suo appartamento giaceva nel silenzio e nel buio totale, aveva tutte le persiane abbassate senza nemmeno la presenza di una piccola abat-jour accesa così decisi di cliccare un tasto a caso per accendere una luce che si rivelò essere quella del corridoio che portava al bagno.
La porta del bagno era aperta e la ritrovai distesa a terra come la scorsa volta, mi avvicinai a lei e le toccai la fronte per capire se avesse la febbre o meno dato il suo pallore.
« Allison. » le toccai la spalla sperando che reagisse. « Allison hai la febbre alta. » un piccolo lamento uscì dalle sue labbra e così la presi da terra per portarla nel suo letto.
Mentre la mettevo sotto le coperte improvvisamente si aggrappò alla mia felpa con le sue dita delicate. « Mason. »
« Sì? » le chiesi mentre la tenevo tra le mie braccia.
Sembrò pensarci su mentre diceva: « Non voglio stare da sola. »
Sapevo che fossero parole dettate dalla febbre alta e decisi di non ribattere per il senso di responsabilità che iniziò a pervadere il mio corpo.
Iniziò a tremare e così la misi sotto le coperte coprendola bene mentre prendevo il cellulare per chiamare mia madre.
« Mamma. »
« Mason. » la sentì soffiare il naso.
« Allison ha la febbre alta ed è in stato di incoscienza, che devo fare? » presa alla sprovvista restò in silenzio per qualche secondo per poi spiegarmi cosa avrei dovuto fare e quali medicine avrei dovuto darle.
« Vuoi che venga lì? » posai lo sguardo su Allison e riflettei sulla sua domanda. Sapevo benissimo che avesse accettato la mia presenza solo per il suo stato di incoscienza, era ancora convinta di poter superare il dolore da sola.
« No, posso farcela da solo. » andai in bagno per prendere le medicine tenendo ancora il telefono tra la spalla e l'orecchio.
« Mason. » il suo tono fu dolce.
« Sì? »
« Stalle vicino, ha bisogno di una spalla forte sulla quale aggrapparsi e al momento io non lo sono per niente. » non mi diede il tempo di ribattere che staccò la chiamata.
Un lamento più forte mi portò a non soffermarmi sulle parole di mi madre così dopo aver preso le medicine tornai da lei.
« Adesso ti do una pillola, sei in grado di ingoiarla senza rompere le palle? » il mio tono burbero non le fece alcuna reazione.
Aveva il viso sprofondato nel cuscino. « Non ti voglio qui. »
« Non mi interessa. » indossai la mia solita maschera di imperscrutabilità facendola incazzare ancora di più, si era visibilmente ripresa nonostante avesse la febbre ancora alta e pensai fosse per il panno di acqua fredda che le avevo passato sulla fronte poco prima.
Allison sbuffò. « Sei sempre così odioso. » la sua voce soffocata dal cuscino mi sembrò quella di una bambina piccola.
Evitai di risponderle perché aveva effettivamente ragione. « Devi prendere questa pillola, hai la febbre troppo alta. »
Voltò la testa verso di me donandomi la visione del suo viso arrossato con i lineamenti distesi e sereni. « Non voglio prendere niente. »
« Non costringermi ad aprirti la bocca con la forza per farti prendere queste medicine. » esclamai minaccioso.
Lei aprì i suoi occhi grigi e lucidi per la febbre. « Non lo faresti mai. »
La guardai negli occhi con la sicurezza giusta per farle capire che l'avrei fatto se mi avesse costretto e proprio quando mi avvicinai a lei dimostrarlo decise di sollevarsi per appoggiarsi con la schiena alla tastiera del letto.
« Dammi quella dannata medicina. » aveva i capelli scompigliati e due occhiaie da far paura eppure fu capace di esercitare in maniera silente quel fascino che mi aveva sempre colpito.
Aprì il palmo della mano e le porsi la medicina che avrebbe dovuto prendere con l'acqua. « Se ti serve qualcosa io sono sul divano. » fece per aprire bocca ma la stoppai subito. « Spreca il fiato perché non me ne vado e sia chiaro... lo faccio per tuo zio. »
Qualcosa nel suo sguardo cambiò, in quelle iridi così affascinanti potei vedere un dolore e una rabbia mai vista prima. Non mi pentì di quello che avevo detto perché volevo subito mettere le cose in chiaro ma fu inevitabile comprendere che le mie parole avessero sortito in lei un effetto diverso e oscuro.
« Sei uno stronzo. » disse velenosa per poi darmi le spalle e infilarsi sotto le coperte.
Era vero, ero uno stronzo ma intanto in quel momento c'ero solo io con lei.
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SERENDIPITÀ
RomanceDolore, gioia, timore e amore, sono queste le componenti di questa storia il cui scopo è rimembrare quanto un solo ed unico evento possa cambiare le sorti della propria vita. Il termine Serendipità vuole esprimere la fortuna di fare scoperte per pu...