Capitolo 23

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L'inesorabile scorrere del tempo non mi aveva mai permesso di riflettere sulla fugacità della vita, ero sempre stata così impegnata nel perseguire i miei obbiettivi da non non riuscire nemmeno a comprendere quanto prezioso fosse il mio tempo... ma d'altronde è quello che succede sempre, tutti si rendono conto del tempo perso solo quando si arriva alla devastazione totale.
Nonostante l'incommensurabile dolore che la morte di mio zio stava seminando nel mio animo, stavo imparando tante cose sulla vita; mi ero resa conto di quanto effimere potessero essere alcune persone nella vita, avevo compreso l'importanza del tempo ma soprattutto stavo facendo la conoscenza del vero dolore.
Avrei tanto voluto dare uno schiaffo alla Allison del passato, avrei tanto voluto spiegarle che quelle lacrime per un esame non passato fossero inutili e desideravo fortemente spiegarle quale fosse il vero dolore, la vera tristezza; il dolore psicologico che mi stava angustiando era così devastante da atrofizzare ogni emozione, così distruttivo da svigorire quel muscolo cardiaco che pompava nel petto.
Il mio dolore mutava, c'erano volte in cui era così assordante da costringermi a piangere in modo disperato nel vano tentativo di espellerlo con tutte le mie forze, ed altre volte in cui era così cheto da farmi sentire insensibile come se fossi svuotata da qualsiasi emozione. Ebbi seriamente timore di star affrontando un bipolarismo dettato dal forte shock, ormai non ero più stabile emotivamente e non ero più in grado di ragionare lucidamente come avevo sempre fatto... non mi riconoscevo più.
Pensavo spesso alla vecchia Allison, alla donna tanto apprezzata per le proprie capacità lavorative e relazionali, provando un senso di cordoglio per non poterla riportare in vita...era morta anche lei, era stata sotterrata anche lei eppure ancora dovevo capacitarmene realmente.

« Dovresti mangiare qualcosa, sei dimagrita tanto. » Ashley mi guardò come se fossi un extraterrestre, decisi di non risponderle e restai zitta a fissare la televisione che trasmetteva un reality che Laura era solita vedere.
Quest'ultima si avvicinò impacciata a me e si accomodò al mio fianco sul divano. « Praticamente ci sono dei ragazzi che devono scegliere tra soldi e amore alla fine di questo percorso. » mi spiegò lo scopo del reality senza che gliel'avessi chiesto cercando di mascherare l'imbarazzo.
Le mie amiche si erano intrufolate in casa mia senza che io le avessi chiamate e per la prima volta dopo il lutto decisi di non cacciarle via.
Zio Noah affermava sempre quanto la solitudine potesse fortificarti ma anche ucciderti, dipendeva solo ed esclusivamente dall'utilizzo ed in quel periodo non sapevo bene come la stessi usando, non riuscivo a comprendere se mi stesse uccidendo o fortificando.
« E tu vedi queste stronzate? » mormorai a bassa voce ma in modo che potesse comunque sentirmi.
La mia amica alzò le spalle. « Sì, nel tempo libero. Non dovresti giudicarmi, sono sicura che anche tu ti interesseresti dopo un po' di tempo che lo guardi. »
La guardai con scetticismo. « Mi prendi per una con un quoziente intellettivo basso? »
Lei sorrise tristemente. « Sei un medico, potrei mai prenderti come una persona con un quoziente intellettivo basso? »
L'orgoglio nei suoi occhi mi fu nuovo e mi fece piacere, per la prima volta sembrò esplicitare quanto fosse fiera del lavoro che facevo e che ci aveva sempre tolto tempo.
Quel dannato tempo.
Il campanello suonò facendomi sobbalzare e decisi di tornare con lo sguardo sulla tv testando se fosse realmente interessante quel reality.
« Ciao amore. » una voce maschile attirò la mia attenzione.
Cole era appena entrato nel mio appartamento ed ero abbastanza sicura che fosse accompagnato da Mark e Mason, cercai di mantenere la calma ed il respiro regolare data la prima volta che li incontravo dopo la morte di zio Noah.
« Ciao Allison. » non osai alzare lo sguardo su Cole e lasciai che mi baciasse la guancia con totale tranquillità, il suo gesto mi fece quasi sorridere per la sua spontaneità.
« Che vedete? » Si accomodò vicino a me, dove prima sedeva Laura, e puntò lo sguardo su di me aspettando una mia risposta.
« È... » mi schiarì la gola. « È uno stupido programma che vede Laura. » decisi di rispondergli per la tranquillità che stava cercando di concretizzare, apprezzai tanto il suo sguardo dolce senza un briciolo di pietà.
Mark mi pizzicò una guancia come lo si fa con le bambine e si posizionò sul tappeto morbido a terra, dalla mia parte del divano, non capì quella decisione data la presenza di sedie libere ma non indagai oltre. « Cazzo lo odio questo programma! Lo sapevamo tutti che Laura fosse un po' stupida ma il fatto che guardi questa merda non fa altro che confermarlo. » posò i suoi occhi scuri su di me cercando di sondare il mio territorio emotivo.
« Amico... la tua ragazza è un caso perso. » Cole accentuò il concetto e Mark spostò i suoi occhi su Cole.
Non avevo ancora alzato lo sguardo su di loro quindi non potei osservare bene le loro espressioni intente nel prendere in giro la mia amica.
Mark sghignazzò. « Ha parlato quello con la ragazza bionda... »
« Cosa vorresti dire? » borbottò il biondo.
Con la coda dell'occhio intravidi Mark alzare le spalle. « Dico solo che si sa che le bionde sono quelle meno intelligenti. »
Non era loro solito scherzare così tanto, erano sempre impegnati nello stare accanto alle rispettive ragazze e compresi che lo stessero facendo per farmi sorridere, ci stavano provando così tanto da farmi apprezzare quello scambio di battute.
Dedussi che le ragazze fossero in cucina, permalose com'erano avrebbero sicuramente già ucciso i ragazzi che stavano dubitando della loro intelligenza.
« Ma le rosse sono discriminate per qualcosa? Me lo chiedo sempre. » mantenni lo sguardo sulla televisione ed alzai gli occhi al cielo sentendo la stupida domanda del biondo.
« Tra te ed Ashley non so chi fa domande più stupide. » mormorò Mark sgranocchiando qualche nocciolina.
« Ma guardalo come si atteggia da superiore! » Cole gli buttò un cuscino in faccia ed io mi spostai per evitare di essere presa.
« Hai mangiato? » eccola la voce che non avevo ancora sentito e che in cuor mio avevo sperato di sentire.
Mason si preoccupava costantemente di me ma lo faceva in un modo così freddo e controllato da farmi avere la costante sensazione che lo facesse senza grande interesse, ero sicura che eseguisse quell'atteggiamento per non darmi chissà quali speranze e convinzioni su di lui.
Decisi di non rispondere alla sua domanda e di ignorarlo finché non si posizionò dinanzi la mia faccia mostrandomi le sue gambe coperte da un paio di jeans scuri.
« Allison. » esclamò inespressivo accovacciandosi per poter allineare il suo volto con il mio.
Pensai che avesse capito la mia intenzione di non rispondergli ma Mason aveva la testa più dura della mia. « Se non rispondi ti spengo la televisione. » pensò di minacciarmi come se fossi una bimba di dieci anni.
« Comunque Ashley mi ha detto che non ha mangiato. » nonostante Cole avesse risposto alla sua domanda, Mason perseguì nel darmi fastidio.
I suoi occhi azzurri mi scrutarono meticolosamente. « Allison. »
Dopo pochi secondi la televisione si spense ma non ci fu nessuna reazione parte mia, non la reazione che lui aveva sperato di ottenere. Non seppi spiegare il perché del mio atteggiamento infantile e maturo, volevo solo dargli fastidio.
« Che c'è oggi vuoi fare il gioco del silenzio? » cercai di comprendere per quale motivo desiderasse così tanto una risposta da me.
Il suo telefono squillò e decise di andare via dal salone per rispondere.
Ci furono attimi di silenzio finché Mark non scoppiò a ridere provocandomi un sussulto per lo spavento. « Questa cosa è stata esilarante. »
Per la prima volta nella serata spostai il mio sguardo su di lui e mi sembrò stranissimo osservarlo dati i giorni passati.
« Perché? » chiesi debolmente.
Mark mi guardò negli occhi. « Perché non si interessa mai così tanto ad una persona, è molto difficile che lo faccia. » avrei tanto voluto ricordargli che il suo amico mi stava aiutando solo per senso di dovere verso mio zio ma decisi di restare zitta e riflettere sulle sue parole.
In totale silenzio mi alzai dal divano per andare in bagno ma appena fui fuori la porta potei sentire la sua voce mentre parlava a telefono con qualcuno.
« Ciao tesoro. » quelle parole mi provocarono una morsa allo stomaco strettissima ma non seppi spiegare il motivo.
La mia mente volò a un po' di tempo fa, quando l'avevo già sentito parlare in quel modo, e pensai che allora realmente ci fosse una donna nella sua vita.
« No...lo sai che adesso non posso, te l'ho spiegato prima quando ti sono venuto a trovare. » la sua voce così amorevole sembrò carezzarmi come se si fosse rivolto a me.
« Allora? Che hai fatto oggi? » decisi di staccarmi dalla porta e di dirigermi nella mia stanza per spalancare la finestra.
L'aria fredda mi investì il volto facendomi respirare lentamente e profondamente, sentì le guance rosse per il caldo lentamente tornare ad un colore naturale e mi sporsi di più per bearmi di quella sensazione pacifica. Con il freddo sul volto, pensai a come fronteggiare quel dolore assillante che ogni giorno si propagava ancora di più nel petto, ebbi fiducia nel tempo e sperai che facesse il suo dovere ma iniziai ad essere impaziente nel fare qualcosa per me stessa... volevo trovare un modo per porre fine alla mia inquietudine.
Per la prima volta, con gli occhi ancora chiusi, sentì un calore attorno al petto che mi fece sorridere debolmente.
« Che diavolo stai facendo?! » la voce di Mason pose fine alla mia beatitudine prendendomi per le spalle e scaraventandomi lontano dalla finestra.
Lo guardai sconvolta. « Stavo prendendo un po' d'aria. »
I suoi occhi azzurri spalancati erano ricolmi d'ansia trasformando le striature verdi smeraldo in un verde petrolio. « Fa troppo freddo per affacciarsi in quel modo. » andò a chiudere la finestra per poi rigirarsi verso di me proprio come un padre incazzato avrebbe fatto.
Sbuffai. « Va bene...scusa papà. » alzai gli occhi al cielo e non negai a me stessa quella sensazione positiva che si stava ancora propagando dentro di me, sentivo la presenza di zio Noah in modo inequivocabile e non sapevo se fosse pazzia o se in qualche modo lui fosse lì.
« Che cosa è successo? » Mason mi guardò sospettoso mentre io mi sedetti sul letto per guardarlo meglio.
Scossi la testa in senso di diniego ma lui non parve esserne convinto. « Allison. »
« Che c'è? » esclamai ormai spazientita. « Si può sapere che cosa vuoi? » socchiuse gli occhi e mi guardò attento. « Te ne stai qui a rimproverarmi di qualcosa ma in realtà non capisco cosa ti mantiene a badare a me...ho capito che eri legato a zio Noah ma io non sono lui! Io non ho bisogno della tua protezione e della tua compagnia! » mi alzai e puntai i miei occhi nei suoi in chiaro segno di sfida. « Non sono una bambina piccola, io so badare a me stessa e di certo non ho bisogno di una persona alla quale non fa piacere la mia presenza quindi perché non te ne vai? Sei qui da giorni ormai ma non capisco proprio cos'è che ti mantiene!? »
Per un secondo, un solo secondo, i miei occhi si posarono sulle sue labbra prima di tornare nei suoi occhi. « Questo carattere da dura non ti porterà da nessuna parte, lo sai? » la sua voce pacata si insinuò nelle pieghe del mio dolore come un virus ed improvvisamente la sensazione di beatitudine scomparve lasciando spazio alla solita inquietudine. « Cosa pensi di ottenere volendo stare sola? Pensi che il dolore scomparirà improvvisamente? Credi questo? Perché se pensi che succederà allora non hai capito un cazzo di come funzionano le cose, sei ancora troppo rinchiusa nella tua realtà fiabesca per capirlo. »
« Realtà fiabesca? » sbottai stringendo i pugni.
Alzò il mento sprigionando sicurezza. « Sì, sembri una bimba che crede che guarirà subito. »
« Io faccio la pediatra...non vivo in nessuna realtà fiabesca razza di imbecille! » vedevo bambini morire quasi ogni giorno, quella non era assolutamente una realtà fiabesca.
« Non sto parlando del tuo ambito lavorativo. » socchiuse gli occhi facendomi ammattire ancora di più. Sembrava che niente scalfisse la sua maschera di cemento armato e mi infastidiva come niente al mondo. « Nella tua vita privata sembri una bimba ingenua che crede di risolvere le cose con uno schiocco di dita...Credi che il lutto si superi con la solitudine? Se lo pensi allora sei una stupida. »
« Credi che io voglia restare da sola?! » sentì la gola bruciare per la voce alta. « Credi davvero che questa sensazione di solitudine mi piaccia?» presi un respiro profondo. « Io vorrei una persona che tenesse realmente a me, non vorrei mai una persona costretta a restare per senso di dovere. » vidi qualcosa cambiare nel suo sguardo. « Allora dimmi... come dovrei sentirmi? Tu sei con me solo perché lo devi a mio zio ma lui non c'è più! Non hai più nessun tipo di dovere nei suoi confronti perché è morto! Lui è morto, Mason! È morto! » sentì il labbro tremare ma restai con la testa alta a guardarlo. « Ti sciolgo da qualsiasi senso di dovere nei miei confronti perché io non sono mai stata un peso per nessuno e non inizierò ad esserlo ora. »
Mason mi guardò attentamente, mi osservò scrupolosamente e cercò di insinuarsi nel mio dolore mentre io iniziai a crollare lentamente fino allo scoppio totale.
Caddi a terra e mi portai le mani sul volto per nascondere le mie lacrime, il mio dolore, perché infondo lui non meritava di vedermi in quello stato.
Improvvisamente lo sentì sedersi accanto a me e trascinarmi sulle sue gambe per rinchiudermi in un abbraccio, restai ferma per qualche secondo cercando di capire cosa stesse succedendo.
« Sto cercando di farti capire tante cose tramite questo gesto Allison, cerca di comprendere il mio modo silente di comunicare. »
Mi strinse ancora di più e così mi lasciai andare a quella sensazione di conforto e protezione, le avevo così tanto elemosinate quelle sensazioni da non sembrarmi vere.
In quei brevi attimi di coesione tra di noi io potei sentirmi diversa, ebbi la sensazione di essere capita al cento percento e mi sentì inspiegabilmente al sicuro tra quelle braccia.
« Andrà tutto bene, vedrai. » posò il volto tra i miei capelli ed io strinsi con forza la sua felpa, mi stavo tacitamente aggrappando a lui per non sprofondare.
Il suo battito cardiaco forte e deciso mi cullò fino a quando i miei occhi non si chiusero.

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