13.

46 13 7
                                    

“Ciao Gemma, come stai? Mi fa piacere risentirti”
“Anche a me :)” rimango immobile aspettando impaziente che scriva qualcos’altro.
“Va bene. Se vuoi possiamo vederci anche oggi”
Non c’è uno specchio di fronte a me, ma so per certo che i miei occhi in questo momento stanno brillando.
“Sì, va benissimo” mi affretto a rispondere.
“E sta’ tranquilla, non sono arrabbiata con te. Ammetto di esserci rimasta male quando mi hai tagliata fuori. Non è stato facile perdere contemporaneamente un’amica, che considero mia sorella, e tua madre, che per me era parte della famiglia. Ma lo capisco e ti ho perdonata subito. Sapevo che saresti ritornata.”
“Hai ragione e ti chiedo scusa. Oggi avremo modo di parlarne.” Le dico.
“Sì, dove ci incontriamo?”
“Ci vediamo al molo come sempre?”
“Va bene. A che ora?”
“Alle 16:00?”
“Ok. A dopo :)”
Con un tuffo al petto rileggo da capo la conversazione per convincermi che tutto questo è accaduto realmente e la sensazione di agitazione che prima mi attanagliava lo stomaco inizia a scemare.
Ellen non mi odia, papà mi ha concesso di andare in viaggio. Le cose iniziano ad andare per il verso giusto.
Riapro la chat di Mike in cui mi aveva chiesto se ci fossero novità con Ellen. Gli spiego che lei mi ha perdonata e che oggi ci vedremo per chiarire meglio. Mike non risponde al messaggio ma mi chiama. Ascoltare la sua voce non può che rendere questa giornata ancora più bella.
Appena rispondo al telefono Mike esulta felice.
«Che ti avevo detto? Come poteva non perdonare una ragazza come te»
Rido entusiasta.
Una ragazza come te. Cosa voleva dire?
«Ha detto che anche lei ha passato un brutto periodo tra la morte di mia madre, che per lei era come una seconda mamma e il mio allontanamento. Però mi capisce e mi perdona»
Gli racconto tutto, con un sorriso che si allarga sempre di più.
«Ne sono molto felice. Per il resto? Hai parlato a casa del viaggio?»
«Sì, proprio stamattina ho avvisato mio padre. Tutto confermato»
«Perfetto»
«Adesso devo andare a cucinare e a prepararmi, ci sentiamo dopo»
«Va bene. Mi raccomando, non diventare più brava di me»
Rido e scuoto la testa «E se lo fossi già, più brava di te?»
«Sarebbe un gran problema.»
«Ma sta’ zitto» scherzo.
«A dopo Gemma. Buon pranzo allora»
«A dopo Mike. Anche a te»

Mi avvio verso la cucina per mettermi all’opera come faccio ogni domenica da quando sono bambina. Forse non sarò brava come Mike ma mia mamma lo era e mi ha insegnato i suoi segreti culinari alla perfezione.
Mio padre mi vede arrivare e sorride, cercando di non farmi notare la sua preoccupazione dovuta alla discussione di stamattina, ed è così convincente che quasi ci credo.
«Ellen dice che mi perdona, oggi mi vedo con lei»
«Che bello. La aspetto qui in questi giorni»
Gli sorrido e mi metto ai fornelli.

Dopo pranzo mi preparo e alle 15:30 sono già pronta. Inizio ad uscire. Stare vicino al mare, da sola, mi farà bene. L’aria comincia a farsi un po’ afosa, il molo però è sempre ventilato e smorza il calore soffocante.
In questo periodo dell’anno la città è sempre piena di turisti e le aree che costeggiano il mare brulicano di persone e bancarelle.
Mi siedo ai bordi del pontile di legno, con i piedi che penzolano a qualche metro dalla superficie dell’acqua. Mi aggrappo con le mani alla ringhiera e ammiro il panorama sottostante. Le onde si infrangono delicatamente sulle palafitte che sorreggono la banchina, producendo un suono rilassante e ipnotico che mi avvolge e mi tranquillizza, facendo affiorare nella mente immagini e situazioni inesistenti che potrebbero accadere in futuro, durante il mio viaggio.
I gabbiani volano sul mare sfiorando con i palmi delle zampe la lamina d’acqua. Provo invidia nei loro confronti, li immagino spensierati e liberi.
Sono le 16:00. Mi alzo in piedi e guardo intorno. Ci siamo semplicemente date appuntamento al molo. Il molo è grande, apparentemente potrebbe sembrare difficile trovarci, ma noi sappiamo qual è il punto di ritrovo. L’abbiamo sempre saputo.
Una figura bellissima e delicata si avvicina a me facendo oscillare vistosamente i suoi lunghi capelli color biondo rame. I suoi occhi verdi incontrano i miei e sorridono ancor prima delle sue labbra.
Ellen mi corre incontro, buttandomi le braccia al collo.
«Ciao, Gemma. Da quanto tempo»
Rimango per alcuni secondi avvinghiata a lei e poi dissolvo l’abbraccio per poterle parlare «Ellen, mi dispiace…»
«È acqua passata, l’importante è che ora siamo qui insieme, più forti di prima» Ellen alza il pugno verso l’alto, in segno di vittoria.
La sua positività è la caratteristica di lei che mi è sempre piaciuta.
Ringrazio il cielo che mi abbia perdonata, ma adesso, col senno di poi mi rendo conto che le mie erano preoccupazioni inutili: è impossibile che due sorelle stiano tanto tempo separate o litigate. È matematicamente certo che presto o tardi faranno pace, senza alcuna spiegazione. Non ce n’è bisogno. Il legame che le lega è più forte di qualsiasi cosa.
«Allora, che facciamo?» Chiedo sorridendo, contagiata dal suo ottimismo.
«Gelato rinfrescante in piazza?»
Propone Ellen ammiccando.
«Con questo caldo è obbligatorio. Devo raccontarti un sacco di cose»
«Adesso sono curiosa, però»
«Tu non hai nessuna novità da raccontarmi?» le chiedo.
«Non sono mica come te che ti allontani per dieci minuti e scopri un nuovo continente»
Ridiamo entrambe. Arriviamo in gelateria e ci sediamo all’esterno, riparate da un ombrellone. È lo stesso posto che ho condiviso con Mike qualche settimana fa, poco prima di andare a casa del signor Orlando.
Io ordino la solita coppetta yogurt e amarena, lei una al limone e fragola.

Il sole è molto forte ma qui, con la mia migliore amica di fronte e con un gelato fresco sotto al palato, sto proprio bene.
I mesi in cui siamo state separate sembrano essersi cancellati e tutto appare così naturale e spontaneo che non mi meraviglio nemmeno.

«Che novità hai, allora?» mi chiede.
«Credimi, sono novità molto più assurde della scoperta di un nuovo continente»
Ellen scoppia a ridere «Addirittura?»
«Sì, va be. Innanzitutto, ho conosciuto un ragazzo. E prima che tu possa dire cose fuori luogo ti avviso che siamo solo amici»
«Sì, come no, amici.» alza gli occhi al cielo.
«Ma cosa avete tutti oggi contro questa parola? Sì. Amici. Oggi l’ho raccontato a mio padre e anche lui non mi credeva»
«Chissà come mai. Forse è per gli occhi che fai appena hai pronunciato la parola “ragazzo”. Forse è il tuo sguardo che ti tradisce»
«Ma va. Io non faccio proprio nessuno sguardo.»
«Come sta Stephen?» si riferisce a mio padre.
«Dice che vuole rivederti a casa»
«Agli ordini» Ellen si porta una mano dritta all’altezza della fronte, imitando le movenze di un soldato e scoppia in una risata fragorosa.
«Quindi la novità più forte della scoperta di un continente è che hai un nuovo amico? Certo, il fatto che tu mi abbia rimpiazzata con tanta facilità non è una cosa da niente, però non mi sembra così assurdo»
Ellen alza le braccia e agita la testa, confusa.
«Oh, Ellen. Non ne hai minimamente idea» Penso a tutti i cambiamenti che ci sono stati nella mia vita in questi ultimi mesi.
«Quindi ti piace!» punta l’indice verso di me, alzando un angolo della bocca.
«No.» alzo gli occhi al cielo e sbatto le palpebre.
«Allora c’è dell’altro?»
«Ovvio che c’è dell’altro, non ti avrei detto se no che si tratta di qualcosa di assurdo»
«Spara allora»
Socchiudo gli occhi guardandomi attorno e abbasso la voce, come se dovesse essere un segreto «Dopo alcune settimane che io e te abbiamo rotto, papà mi ha consegnato un paio di cose che mi ha lasciato mamma» mi drizzo a sedere e istintivamente le mie dita giocherellano nervose con la collana che porto al collo. «Mi ha dato questa collana. In una lettera c’è scritto che non sono la loro figlia. Non la loro figlia biologica, per lo meno» chiarisco.
«Oddio, questo sì che è assurdo! E la collana?»
«Nella lettera mamma mi ha detto che quando da neonata mi trovarono sull’uscio di casa avevo questa al collo»
Me la tolgo e gliela faccio vedere «È l’unico oggetto che probabilmente mi collega alla mia famiglia naturale»
«Questa gemma è uguale ai tuoi occhi» Ellen si acciglia e poi entusiasta esulta come se avesse appena risolto un rompicapo impossibile «È per questo che ti chiami Gemma!»
«Esatto» mi sfugge una risata per la sua reazione scioccata e mi rimetto il gioiello al collo.
«Oddio, ma è bellissimo. Voglio dire… tu come stai? Ti ha rattristato questa cosa?»
«Sto bene. Questa notizia mi ha dato l’occasione per concentrarmi su qualcosa di diverso dal lutto. Mike mi sta aiutando a scoprire nuove informazioni»
«Aspetta un attimo. Chi è Mike?»
«Sarebbe il ragazzo di cui ti ho parlato prima. Quello su cui tu e mio padre vi immaginate cose non vere»
«Ah, chiaro. Quello per cui hai una cotta»
Rivolgo un’occhiataccia ad Ellen e la ignoro «Giovedì parto con lui su di un’isola dove forse è stato creato questo ciondolo. Di sicuro qualcuno saprà dirci qualcosa»
Ellen sgrana gli occhi divertita
«Fate un viaggio insieme. Quindi è proprio una cosa seria»
«È per scoprire qualcosa in più sulle mie origini» ribadisco.
«E va bene» Ellen alza le braccia in segno di resa.

Dopo alcuni secondi di esitazione mi viene voglia di raccontarle di più.
«Qualche settimana fa io e lui abbiamo mangiato un gelato proprio a questo tavolo» sorrido al ricordo «poi siamo andati da un tizio davvero bizzarro. Adesso che ci penso ti somiglia un po’» alzo un sopracciglio e osservo i capelli e gli occhi di Ellen

«Davvero?»
«Sì. E colleziona roba di tutti i tipi. Però ha stile. Mi piace.»
«Ah, ma ti riferisci a Orlando?»
«Com’è possibile che solo io non lo conoscevo?»
Ellen ride «È mio cugino»
Spalanco gli occhi. Faccio un recap mentale di quello che le ho raccontato sperando di non aver detto niente di sbagliato o offensivo. «Ecco perché siete così simili»

Dieci minuti più tardi io ed Ellen ci incamminiamo verso il porto. L’aria si è fatta leggermente più fresca. C’è una nave da crociera tanto grossa da non entrare nel nostro campo visivo e ci fermiamo ad osservarla attentamente.
«È enorme» dice Ellen stupita.
«È bellissima» gli occhi mi brillano.

«Ciao Gemma» una voce maschile e piuttosto familiare mi fa distogliere lo sguardo dalla maestosa nave.
Due occhi neri come la notte mi fissano. Scintille, brillanti come stelle cadenti, inondano il mio stomaco e fanno palpitare il mio cuore.
Un sorriso affiora dalle sue labbra carnose e mi incantano.
«Gemma, ci sei?» Ellen spalanca gli occhi e schiocca le dita dietro la mia testa per tentare di farmi ritornare alla realtà.
Mi sveglio come da un sogno «Sì» faccio ad Ellen, poi mi rivolgo a lui «Ciao Mike. Che fai?»
«Sono appena tornato da un giro in barca»
Mike rivolge uno sguardo ad Ellen «E voi?»
«Stavamo ammirando questa nave immensa» faccio un cenno verso il mare «A proposito, lei è Ellen»
Ellen e Mike si presentano.
«Gemma mi ha parlato molto di te» dice Ellen, facendomi l’occhiolino e io la incenerisco con uno sguardo.
«Potrei dire lo stesso di te» fa Mike a Ellen. Poi si rivolge verso di me «Va bene, vi lascio alle vostre cose»
Mike indica l’imponente imbarcazione alle sue spalle e si avvicina per salutarmi «Tranquilla. Ti ci porto io» mi sussurra all’orecchio, donandomi un brivido che travolge tutto il mio corpo irrequieto.

Gemma del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora