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Gemma

Questa città è piena di negozi di souvenir, ciascuno dei quali vende parecchi zaffiri. Veri o finti che siano.
«l’hai notato anche tu?» mi chiede Mike indicandone alcuni.
Annuisco.
«mi scusi» Mike si avvicina all’uomo dietro la cassa «mi sa dire come mai questo negozio è pieno di zaffiri?»
Un uomo calvo, sulla sessantina, sfoggia un grosso sorriso e ci risponde allegramente «ma certo. Questa è la città degli zaffiri. Giovanotto, qui un tempo c’era una grossa miniera. La gente veniva qui da ogni parte del mondo per acquistare i nostri gioielli. È Per questo che troverete questi simboli ovunque su quest’isola.» il signore indica la grossa insegna del negozio a forma di diamante blu.
«dove si trovava questa miniera?» chiede Mike.
«in cima alla montagna, vedi, bisognerebbe fare una bella camminata per arrivarci. La salita è parecchio ripida e frastagliata adesso che la miniera è abbandonata. È inutile, comunque, troveresti tutto chiuso.» il commerciante fa spallucce.
«la ringrazio»
L’uomo fa un cenno a Mike e ritorna al suo lavoro.
«dovremmo uscire da questo negozio» mi dice Mike, fissandosi l’orologio al polso. «tra poco passerà il pullman»
«abbiamo ancora tempo» dico io, scacciando via l’aria con una mano e curiosando nel negozio gli oggetti sugli scaffali, le collane, gli anelli…
Il mio sguardo cade su una parete ricoperta di cappelli bianchi cosparsi di fiori gialli e blu, gli stessi che si vedono su tutti i cespugli di questo posto.
«guarda che belli quei cappelli!»
Mike mi guarda di sottecchi con una strana espressione sul volto, come se non sapesse con che tono rivolgersi a me. «ne vuoi uno?» mi chiede, infine.
Il rumore di un vecchio motore e di un pesante veicolo che si sposta sull’asfalto ci proietta lontano dai nostri pensieri.
«Il pullman!» urliamo entrambi all’unisono.
Mike rivolge uno sguardo frettoloso al suo orologio ed entrambi corriamo verso l’uscita del negozio.
Attraversiamo la strada, ma il pullman ha già svoltato la curva dopo di noi.
«maledizione!» impreco.
«questo è perché la Signorina voleva per forza entrare in quel fottuto negozio”» urla Mike, sconfortato.
«beh, se non fosse stato per te che perdi tempo a parlare col signore forse saremmo usciti prima!» dico io, arrampicandomi sugli specchi perché so che è colpa mia. So anche che Mike non è realmente arrabbiato perché abbiamo perso il bus. La sua rabbia è dovuta al mio rifiuto. Non ha tutti i torti, lo ammetto. Baciarlo è stato bellissimo. Lui è bellissimo. Ma purtroppo non è tutto rose e fiori. Lo sforzo che ho fatto per mentirgli dicendogli che lui non mi piace è stato impressionante, e il suo guardo triste e spento mi ha spezzato il cuore. Ma gli passerà, e passerà anche a me.
Io non sto con lui, lui non sta con me. Zero legami e zero pericoli. È quello che mi sono detta prima di partire e non ho intenzione di cedere. Non avrei dovuto assecondare il bacio, anche se ha risvegliato in me una miriade di emozioni sepolte ormai da tempo. Anche se in quei minuti ho dimenticato tutto, ogni pensiero negativo, ogni problema. C’eravamo solo noi.
«l’ho fatto per te!» Mi rinfaccia Mike, con gli occhi lucidi dal nervoso «per capirne di più su tutta questa faccenda!»
«hai ragione» alzo le mani in segno di resa e Mike sbuffa.
«bene. Il prossimo pullman passerà domattina. Se non vogliamo trascorrere la notte per strada ci conviene metterci in marcia»
Abbasso lo sguardo verso le mie adoratissime converse. Non ce la faccio a vedere Mike così preso a male, allora sfoggio il mio miglior sorriso e gli porgo il mio mignolino «d’accordo. Pace?»
Lui finalmente mi mostra una fossetta e scaccia via il mio mignolo con una mano «al diavolo» mi dice, ma stavolta il suo tono è scherzoso.
Ridiamo insieme e finalmente l’atmosfera tra di noi si placa.
«hai con te la polaroid?» gli chiedo, mentre ci incamminiamo verso cima.
Nei giorni scorsi mi aveva parlato della sua passione per la fotografia, adora catturare attimi e renderli eterni. Piace anche a me. Distrarsi con degli hobby potrebbe essere un ottimo metodo per migliorare la serata.
«certo» Mike cerca nel suo zaino la sua macchina fotografica e me la porge.
«posso?» chiedo timidamente.
Annuisce, alzando gli occhi al cielo e io scatto qualche foto al paesaggio circostante.
«guarda! Quelli sono i fiori di questa città» dico entusiasta, indicando un cespuglio alla nostra destra.
Mike raccogli un fiore giallo e uno blu e li intreccia con cura sul mio cappello bianco.
«adesso hai anche tu uno di quei cappelli infernali che vendeva il maledetto-negozio, Signorina»
Sorrido e rigiro il cappello fra le mani. «è proprio vero. È uguale!»
«non mento mica. Ed eccolo dritto sulla tua testolina!» Mike mi sfila il cappello dalle mani e me lo schiaffa in testa.
«gratis» mi dice, ammiccando. Poi, porta una mano sulla sua bocca e si avvicina al mio orecchio, come se dovesse rivelarmi qualcosa di confidenziale «sapevi che il solo fatto che questo cappello sia stato fatto dalle mie mani, ne aumenta drasticamente il valore?»
Scoppio a ridere «ma sta' zitto» e i suoi occhi si riempiono di nuovo di quella luce.
«lascia che scatti qualche foto anche a questa bella Signorina» mi strappa la polaroid da mano e mi fa qualche fotografia. Le immagini che ne escono fuori sono belle, vivide ed eterne.
«fa' qualche foto anche a me» mi dice Mike.
Rivolgo l'obiettivo a lui che comincia a fare espressioni stupide tirando fuori la lingua e sgranando gli occhi. Ridiamo insieme e in men che non si dica ci troviamo di fronte l’hotel in cui dovremo trascorrere la notte.
Mi rendo conto che il tragitto è stato parecchio lungo siccome ormai il sole è quasi tramontato, ma non ce ne siamo accorti perché siamo stati bene e spensierati.
Mentre le scarpe sulla ghiaia scricchiolano e questi pensieri si insinuano nella mia mente, mi chiedo se riuscirò mai a vedere Mike solo come un amico. Se il mio cuore smetterà mai di cedere ogni volta che mi rivolge uno di quei sorrisi bellissimi.

Gemma del MareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora