IX.FRANK

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<<QUELLI che cosa sono?>> chiese Hazel.

L'Argo II era ormeggiata su un molo molto trafficato. Da un lato c'era un canale concepito per il passaggio delle navi, largo circa mezzo chilometro. Dall'altro si estendeva la città di Venezia: tetti di tegole rosse, cupole, campanili, case e palazzi colorati come caramelle: rossi, bianchi, rosa e arancioni.

Ovunque c'erano statue di leoni, sorrette da piedistalli, sopra la soglia dei palazzi e sui portici degli edifici più grandi. Ce n'erano così tanti che Frank ne dedusse che il leone era il simbolo della città.

Al posto delle strade, i quartieri erano solcati da canali d'acqua, pieni di motoscafi. I marciapiedi erano gremiti di turisti che affollavano negozi e chioschi di souvenir o sedevano pigramente in uno dei numerosi caffè all'aperto, come branchi di foche. Frank aveva pensato che Roma fosse piena di turisti, ma Venezia al confronto era un delirio.

Hazel e gli altri, però, non ci stavano facendo caso. Si erano affacciati tutti dal parapetto di tribordo e fissavano incuriositi le decine di strani mostri pelosi che vagavano tra la folla.

Ogni mostro era grande più o meno quanto una mucca, con la groppa inarcata come un vecchio ronzino, la pelliccia grigio sporco, le zampe magre e gli zoccoli caprini neri. I musi lunghi, da formichiere, strisciavano a terra, mentre gli occhi erano coperti da una frangia grigia e incolta.

Frank seguì con lo sguardo una delle creature: si muoveva lenta e pesante, fiutando e leccando il pavimento con la sua lunga lingua. I turisti la oltrepassavano senza battere ciglio. Alcuni l'accarezzavano perfino. Frank si chiese come potessero restare così calmi. Poi l'aspetto del mostro tremolò, e per un istante lo vide come un vecchio e grasso bracchetto.

Jason fece un verso di scherno. <<I mortali li vedono come cani randagi>>

<<O come innocui animaletti da compagnia>> osservò Piper. <<Mio padre una volta ha girato un film a Venezia. Mi ha raccontato che c'erano cani dappertutto. I veneziani amano i cani>>

Frank aggrottò la fronte. Continuava a dimenticare che il padre di Piper fosse Tristan McLean, una stella del cinema. Lei non ne parlava molto; sebbene fosse cresciuta a Hollywood, era una ragazza alla mano. Fantastico! L'ultima cosa di cui avevano bisogno in quell'impresa erano dei paparazzi che immortalavano il figlio di Marte in uno dei suoi disastri colossali.

<<Ma che cosa sono?>> chiese, ripetendo la domanda di Hazel. <<Somigliano a... mucche rinsecchite e pelose travestite da cani pastore>>

<<Forse sono innocui>> suggerì Leo. <<Stanno ignorando i mortali>>

<<Innocui!>> Gleeson Hedge scoppiò a ridere. Era vestito come al solito: pantaloncini corti da ginnastica, maglietta e fischietto da allenatore. L'espressione era più burbera che mai, ma aveva ancora un elastico rosa impigliato fra i capelli, residuo dello scherzo dei nani di Bologna: Frank aveva troppa paura per farglielo notare.

VIDI | leo valdezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora