XV.JASON

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JASON si addormentò sul lavoro.

Peccato, dato che si trovava a trecento metri da terra. Sentiva già la delusione di Daphne.

Avrebbe dovuto essere più accorto. Era la mattina dopo lo scontro con il bandito Scirone, e Jason era di corvè, a combattere dei venti scatenati che minacciavano la nave. Quando aveva passato l'ultimo a fil di spada, si era dimenticato di trattenere il fiato.

Un errore stupido.

Quando uno spirito del vento si disintegra, crea un vuoto. Se non trattieni il respiro, l'aria ti viene risucchiata dai polmoni e la pressione nelle orecchie cala all'improvviso. Risultato: svieni.

Ecco cos'era successo a Jason.

Peggio ancora, era precipitato subito in un sogno. In un angolo del suo subconscio, pensò: "Davvero? Proprio adesso?"

Doveva svegliarsi o sarebbe morto, ma non riuscì a restare aggrappato a quel pensiero. Nel sogno, si ritrovò sul tetto di un alto edificio, con lo skyline notturno di New York intorno. Un vento freddo gli sferzava i vestiti. A qualche isolato di distanza, le nubi si addensavano sopra l'Empire State Building, l'ingresso del Monte Olimpo.

In cielo lampeggiavano i fulmini; l'aria odorava di metallo per la pioggia imminente. La sommità del grattacielo era illuminata come sempre, ma le luci non funzionavano bene. Passavano dal viola all'arancione, come se i colori stessero lottando l'uno contro l'altro per avere la meglio. Sul tetto dell'edificio c'erano i vecchi compagni del Campo Giove: una schiera di semidei in armatura da combattimento, le armi e gli scudi d'oro imperiale scintillanti nell'oscurità.

Jason vide Dakota e Nathan, Leila e Marcus.
Ottaviano se ne stava in disparte, magro e pallido, con gli occhi cerchiati di rosso per mancanza di sonno o per rabbia, una serie di peluche sacrificali appesi alla vita. La sua bianca veste da augure era drappeggiata sopra una maglietta viola e un paio di pantaloni con i tasconi.

Al centro della fila c'era Reyna con Aurum e Argentum, i suoi cani di metallo, al fianco. Non appena la vide, Jason fu colto dal senso di colpa.
Le aveva fatto credere che avrebbero avuto un futuro insieme. Non era mai stato innamorato di lei, e non l'aveva illusa, no... ma neanche scoraggiata. Era scomparso, lasciandola a gestire il campo da sola - certo, non era stata proprio una sua idea, eppure... - ed era tornato al Campo Giove con la sua nuova ragazza, Piper, e una bella compagnia di amici greci in una nave da guerra.  Avevano bombardato il Foro e si erano dileguati, lasciandole una guerra per le mani. Almeno con Daphne aveva risolto, si stava riguadagnando la sua fiducia e affetto, ma Reyna...

Nel sogno, Reyna sembrava stanca. Altri forse non l'avrebbero notato, ma Jason aveva lavorato con lei abbastanza a lungo da riconoscere la fatica nel suo sguardo e la tensione delle spalle sotto le corregge dell'armatura. I capelli scuri erano bagnati, come se avesse fatto una doccia in fretta e furia.

VIDI | leo valdezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora