XXII.LEO

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I PRIMI giorni furono i peggiori.

Leo dormiva su un letto di teli, sotto le stelle. La notte faceva freddo sulla spiaggia, perfino d'estate, e Leo si accendeva il fuoco con i resti del tavolo da pranzo di Calipso. Quelle fiamme lo tiravano un pò su di morale, soprattutto quando rivolgeva il palmo al cielo ed evocava la sua personale fiaccola da far danzare nella notte. Si stava abituando ai suoi poteri senza più sensi di colpa, sembrava vederli in modo diverso, con le parole di Daphne come colonna sonora ogni volta che il fuoco si rifletteva nelle sue iridi scure.

Di giorno camminava lungo il perimetro dell'isola, senza però trovare niente di interessante: soltanto spiagge e mare a perdita d'occhio, in ogni direzione.

Tentò di mandare un messaggio-Iride attraverso gli arcobaleni che si formavano sulla spuma del mare, ma senza risultati. Non aveva nemmeno una dracma da offrire e, a quanto pareva, alla dea Iride non interessavano dadi e bulloni nemmeno se luccicavano sotto al sole.

Addirittura non sognò nemmeno - cosa strana per lui, come per qualsiasi semidio - perciò non aveva idea di cosa succedesse nel mondo esterno. I suoi amici si erano liberati di Chione? Lo stavano cercando, o erano salpati alla volta dell'Epiro per portare a termine la missione? Non sapeva neanche cosa augurarsi. A Leo si strinse il cuore, se almeno avesse sognato magari sarebbe riuscito a contattare Daphne, avrebbe strillato il suo nome nei propri sogni fino a rimanere senza voce nella vita vera. Avrebbe avuto la sua risposta finalmente, la figlia di Somnus sentiva se la pensavi in sogno? Sembrava che gli dei non volessero togliergli il dubbio con la via facile, avrebbe dovuto chiederglielo quando si sarebbero visti. Se si sarebbero rivisti.

Il sogno che aveva fatto sull'Argo II finalmente aveva senso, quello in cui la strega cattiva gli aveva imposto una scelta: buttarsi giù da una scogliera in mezzo al nulla o calarsi in una galleria buia dove sussurravano voci spettrali. La galleria doveva rappresentare la Casa di Ade, che a questo punto Leo non avrebbe più visto. Lui aveva scelto la scogliera, precipitando giù dal cielo in quella stupida isola.

Solo che nel sogno aveva avuto la possibilità di scegliere.

Nella vita reale no.

Chione lo aveva semplicemente strappato dall'Argo II e scagliato in orbita. Non era per niente giusto.
La cosa peggiore dell'essere bloccato lì? Stava perdendo il conto dei giorni. Si svegliò una mattina senza ricordarsi se fossero tre o quattro notti che dormiva a Ogigia. Provò a chiederlo a Calipso, ma lei si limitò a scuotere la testa. <<Il tempo è strano, qui>> gli aveva risposto, allontanandosi poi senza dargli una seconda occhiata.

Fantastico! Per quanto Leo ne sapeva, nel mondo reale era già trascorso un secolo, e la guerra contro Gea era finita, nel bene o nel male. O magari era arrivato a Ogigia da appena cinque minuti. Avrebbe potuto trascorrere li tutta la vita nel tempo che gli amici sull'Argo II impiegavano a fare colazione.

VIDI | leo valdezDove le storie prendono vita. Scoprilo ora