14 Lea

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Continuavo a rigirarmi nelle lenzuola bianche e per sbaglio tirai un calcio a Kassel buttandolo giù dal letto, un miagolio di spavento uscì dalla sua bocca ma poco dopo ritornò sul letto accoccolandosi di fianco ai miei piedi.

Erano le 6:00 di mattina e avevo dormito solo un'ora scarsa, avevo passato tutta la notte a pensare a quel lieve contatto che c'era stato tra la mia bocca e la guancia di Alexander, mi stava dando il tormento. Non volevo innamorarmi. Non dovevo innamorarmi. Non potevo innamorarmi.

Non volevo che un milionario entrasse nel mio cuore, non volevo fidarmi eccessivamente di un altro uomo. Io e Alexander eravamo stati a letto più di due mesi fa e nessuno dei due ricordava qualcosa. Erano ormai due mesi che non scopavo. Non riuscivo più a scopare con nessun altro uomo. Non andavo in discoteca e non cercavo nessun altro con cui svagarmi. Ero diventata pazza.

Io e Alexander ci eravamo baciati una volte nel corso di quei tre mesi. Specifichiamo per sfizio e attrazione. Non per amore. Lui sapeva essere delicato ma anche rude.

In discoteca inizialmente era stato dolce ma dopo aver preso confidenza la mia bocca e la mia schiena erano rimaste doloranti per almeno le dieci ore successive. Ti risucchiava e ti rimaneva impresso nella testa. Come le ninfee di Monet.

Se mai fossimo diventati qualcosa di più la mia vita sarebbe diventata un rischio, costantemente sotto i riflettori. Anche adesso non era delle migliori, ero già su molti social e giornali del mondo, ma non ero stata ancora identificata.

Sapevo che restando al fianco di Alexander anche solo come amica o conoscente rischiavo. Rischiavo il posto di lavoro a causa delle regole del ristorante. Rischiavo la mia incolumità a causa di chi ce l'aveva con Alexander ma soprattutto rischiavo la libertà di girare libera senza paparazzi alle calcagna.

Mi alzai dal letto facendo sobbalzare di nuovo Kassel. Aprì le finestre e l'aria fresca di maggio mi accarezzò il viso. Attraversai il salotto raggiungendo la cucina, accesi la tv e misi sul telegiornale.

In questi ultimi periodi c'erano parecchi attentati e girava un gruppo di delinquenti che si divertiva ad accoltellare le persone per poi derubarle. New York stava cadendo lentamente. Sapevo di dover stare attenta e per questo numero 1, 2 e 3 mi avevano dato un fischietto e dello spray al peperoncino per difendermi, sapevo di averli sempre intorno in un modo o nell'altro ma loro volevano essere sicuri.

Presi dei vasi di terracotta che avevo fatto asciugare e li posizionai sul banco della cucina, presi le tempere e cominciai a dipingere vaso per vaso. Sentì improvvisamente bussare alla porta e mi ricordai che Sasha sarebbe dovuta passare verso le 9:00. Mi ero completamente dimenticata che avrebbe dovuto dipingere quei vasi insieme a me.

Con le mani sporche corsi ad aprirle e lei, come sempre, lanciò le sue cose ovunque. Sasha era la definizione di uragano Katrina. Dove passava, lasciava sempre una scia di disordine. Ma lei compensava me. Se non ci fosse stata lei a quest'ora sembrerei un cadavere che cammina, o forse, sarei stata direttamente un cadavere in una tomba.

<<Hai già cominciato a dipingere i vasi>> mi guardò con gli occhi da cucciola, avrei dovuto aspettarla ma me ne ero completamente dimenticata.

Stavo lentamente fallendo anche come amica.

<<Scusa, stanotte non riuscivo a dormire ed è dalle sei che dipingo, tanto ne abbiamo ancora una ventina>> sorrisi portandola in cucina.

Quando mi sorprese a guardare il telegiornale ricevetti un occhiataccia.

<<Ma sei una vecchia per caso? Metti sui pettegolezzi mica sta roba>> prese il telecomando e cambiò canale.

Secretly From The WorldDove le storie prendono vita. Scoprilo ora