Capitolo Dodici

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«Andrea...»

«...Andrea stai bene?»

«Andrea dimmi che stai bene...»

Doveva essere svenuta per un attimo.

Dalla radio proveniva la voce preoccupata del suo ingegnere di pista.

«Sto bene.»

«Grazie al Cielo. Ci hai fatto morire di paura.»

Provò ad uscire dalla macchina, ma le furono subito chiare due cose: primo, che la monoposto non era nella posizione in cui avrebbe dovuto stare normalmente, e secondo che la sua spalla sinistra era andata.

«Potrei avere bisogno di una mano ad uscire» comunicò alla radio.

«Tranquilla, stanno arrivando.»

«Qualcun altro è rimasto coinvolto?»

«Hadjar, Correa, Aron e Colapinto, ma stanno tutti bene.»

«Bene.»

Ora che l'adrenalina andava diminuendo, cominciava a sentire il dolore alla spalla e un diffuso indolenzimento in tutto il corpo. Ma il suo primo pensiero era stato per quella vittoria mancata. Come era potuto succedere? Era certa al cento per cento di non aver commesso errori, significava che Hadjar doveva averla urtata sul posteriore quando ormai erano al rettilineo. Oppure era colpa sua? Aveva continuato a rimuginarci sopra mentre la aiutavano ad uscire dalla macchina e ancora mentre viaggiava sulla medical car diretta al paddock. Era stata lei a causare l'incidente? In pista non c'era più nessuno, era stata chiamata bandiera rossa, mentre sui maxi schermi vide la sua auto roteare pericolosamente in mezzo al tracciato, finendo per essere violentemente urtata. Le si strinse lo stomaco nel vedere la scena. Aveva visto incidenti simili e non era mai finita bene. Le vennero i brividi. Era fortunata ad essere ancora viva...Scesa dalla medical car venne accerchiata da persone che le facevano domande, foto o che semplicemente volevano sapere come stesse, ma lei non riusciva a rispondere.

«Fatemi passare, sono il suo manager!»

Gabry si stava facendo largo per raggiungerla.

«Andrea.»

Questa volta non era la voce di Gabry, era Max, che stava venendo a passo spedito verso di lei, incurante delle persone attorno a lui. Lo sguardo era quello di MadMax. Il suo istinto le suggerì di scappare, sembrava furioso. Che volesse farle una scenata? Urlare davanti a tutti quanto fosse stata stupida? Non fece niente del genere. Max Verstappen arrivò davanti a lei e senza dire nulla la abbracciò. Fra quelle braccia sentì tutta la tensione, la paura sciogliersi lasciando spazio solo al sollievo.

«Mi hai fatto morire di paura Andrea» la sua voce lasciava trapelare quanto fosse agitato. Si era comportata in modo orribile con lui eppure eccolo qui, era corso da lei senza pensarci due volte, spaventato a morte che le fosse successo qualcosa. Le veniva da piangere.

«Scusami.»

Le prese il volto fra le mani.

«Stai bene?»

Lei annuì «Si, sto bene, ma credo che mi porteranno in ospedale. Temo che la mia spalla sia fuori uso.»

Max guardò con un misto di orrore e preoccupazione il suo braccio sinistro ciondolare inerme lungo il fianco, così si affrettò a rassicurarlo

«Davvero Max, è tutto ok.»

«No che non lo è.»

«Non è ok proprio per niente» Gabry l'aveva raggiunta.

«Motivo per cui adesso andiamo in ospedale, subito!» e la trascinò via.





«Nelle prossime ore potrebbero presentarsi episodi di vertigini e capogiri, accompagnati da nausea, è del tutto normale. Ma se dovessero proseguire oltre le 24 ore o se dovessero verificarsi con troppa frequenza, sarà meglio procedere con altre analisi.»

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