27. Colazione

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Noah

Aprii le palpebre colpite da un raggio malefico che spuntava dalla serranda puntandomi proprio sugli occhi.

Appoggiai una mano dietro la schiena per stiracchiarmi e l'altra sul mio viso, iniziai a strisciare le dita dell'ultima sul mio occhio in modo da farlo abituare alla luce.

<<Buongiorno Vanellope>> mormorai tra uno sbadiglio e l'altro con la voce roca di uno appena sveglio.

Girai il capo nella direzione di quella ragazzina pastifera, ma al suo posto c'erano solo delle coperte stropicciate ed un libro.

Che a forza di leggere si fosse tramutata in un ammasso di carta e inchiostro? Mh, poco probabile.

<<Abigail?>> schiusi le labbra che poco prima avevo inumidito  con la lingua e iniziai a perlustrare la mia stanza con lo sguardo.

<<Sono qui, ti sono mancata?>> Una vocina chiara mi fece puntare le iridi chiare e le pupille davanti allo specchio dove si trovava la ragazzina.
I miei occhi si posarono sui suoi lunghi e mossi capelli castani che erano legati in una coda alta che però non era riuscita a catturare le due ciocche frontali molto più cotte del resto dei capelli per colpa della scalatura.

Vanellope.
Soprannome completamente azzeccato siccome la somiglianza con quel personaggio ogni ogni volta che si legava i capelli era davvero notevole, anche il nasino all'insù e il corpicino minuto mi ricordava quello della Vanellope del film.

Abbassando lo sguardo mi ritrovai davanti al suo fisico formoso fasciato dal grembiulino rosa chiaro che si trovava poggiato su una delle sedie della cucina da ormai troppo tempo.

Vedere quell'indumento a coprire i vestiti sportivi che gli avevo dato ieri mi fece bloccare il fiato per qualche secondo impedendo ai miei polmoni di riempirsi di ossigeno per un po'. Una scossa mi aveva appena attraversato tutta la schiena irrigidendomi completamente, gli occhi erano fissi sul grembiule. Iniziai a mordermi nervosamente il labbro inferiore e fui costretto a deglutire per mandare giù il sapore amaro che mi aveva riempito la bocca.

I capelli scuri, la dentatura perfetta, gli occhi sorridenti, le fossette sulle guance, la voce armoniosa e gentile,  l'altezza veramente scarsa e il corpicino minuto erano tutte cose che Abigail e lei avevano in comune.

La proprietaria del grembiule viveva nel riflesso dello sguardo di Abigail.

La mia mamma era lì.

<<Ho preparato la colazione, pensi di venire?>>
mi Domandò lei guardandomi incuriosita dal mio sguardo incantato che si era sbloccato una volta che le mie orecchie erano venute a contatto con la voce di Vanellope.

<<Colazione? E con quali ingredienti?>> Chiesi mentre con la mente ripensavo al frigo vuoto ormai da troppo tempo e alla bottiglie,  anch'esse vuote che riempivano la mia cucina.

<<Quelli del supermercato,>> rispose intereompendo i miei pensieri <<Vado a chiamare Max ti aspetto in cucina, è tutto sul piatto>>

Ero così confuso dal non rendermi nemmeno conto che la porta, prima socchiusa, ora era rimasta aperta a causa di Abigail.

Appoggiai i piedi per terra e li infilai nelle ciabatte, poi mi diressk verso la porta.

Una volta varcata la soglia che divideva la mia stanza dal corridoio una ventata di lavanda mi travolse.

Il pavimento era uno specchio e era tutto in ordine, niente più cocci per terra, niente, niente più sporco.

La mia casa era così in ordine solo quando lei se ne occupava.

Anche i vestiti da lavare non c'erano più, erano tutti stesi in terrazzo.

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