34. Contapassi

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Abigail

La giornata scolastica era andata come sempre, ma quel giorno avevo da fare, dovevo trovare qualcosa da mettere perchè tra pochi giorni sarei andata a un appuntamento con Travis.

Appena tornata a casa messaggiai a Emilie, nonostante non fosse ancora chiaro il motivo della sua rabbia, ma pensavo che volesse soltanto rimanere da sola e che non volesse parlare.

Emy

dopodomani ho un appuntamento
con Travis

andiamo a fare shopping?

ti pregoo

se vuoi mi puoi anche usare come
cavia per truccarmi

dimmi se domani ti va sennò ci vado
da sola 😭

Nessuna risposta.

Ha visualizzato e basta.

Emilie scusa tanto per qualsiasi
cosa io ti abbia fatto

in questo momento non riesco a capire
cosa ti abbia fatto, ma ti chiedo scusa

tu sei l'ultima persona che voglio ferire

ti voglio bene

scusa ancora

Mi sentivo davvero stupida, non mi ricordavo nemmeno come ho ferito qualcuno.

Mi sentivo uno schifo, ho fatto stare male Emilie, sono un mostro.

La vocina nella mia mente continuava a convincermi di essere davvero una persona spregevole che non è mai attenta ai sentimenti altrui, e infondo aveva ragione, insomma, sono davvero così insensibile da non riuscire a ricordare cosa ho detto per farla stare male? È tutta colpa mia.

I sensi di colpa mi stavano divorando viva lasciando in me solo un vuoto profondo e io sapevo come colmarlo...

Volevo farli smettere di farmi stare male, volevo bloccare tutto e allo stesso tempo volevo punirmi e farmi del male sembrava l'unico modo per fare entrambe le cose.

Mi avvicinai al mobile bianco che conteneva i miei gioglielli e afferrai una scatola , tirai un grosso respiro e la aprii. Davanti ai miei occhi apparvero un paglio di orecchini, ma sotto di loro c'era lei, la mia lametta, una tra le tante.

La presi in mano e la guardai attentamente.
Cercai di resistere, passai quattro minuti con gli occhi fissi su quella piccola lama lucida con cuore a mille mentre nella mia testa mi chiedevo se fosse la cosa giusta da fare.
Nel mio cervello stava avvenendo un dibattito tra la voce della mia coscenza e un'altra vocina che si schierata sempre contro quest'ultima.
Passò altro tempo, e più i minuti scorrevano più mi sentivo vuota, riempire il buco nero che mi si era formato al petto sembrava possibile solo col sangue.

Uno a uno tolsi tutti gli elastici che si trovavano sul mio polso sinistro svelando i numerevoli segni, per poi aggiungerne altri.

Buttai la testa indietro.
Il battito cardiaco si era regolarizzato.
I sensi di colpa erano spariti, anche il vuoto, tutto.
Ora non provavo più niente.
Finalmente.

Il suono breve e acuto di una notifica spuntò fuori dal mio cellulare.

Aby

 Love of the NightDove le storie prendono vita. Scoprilo ora