Capitolo 16: La verità fa male, qualche volta...

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Mi misi a sedere contro il muro.

Sentì un dolore nella ferita. Toccai con la mia mano la tuta nel punto della ferita: era fradicia di sangue.

Non volevo dire nulla agli altri ma Nairobi mi notò.

Mi corse vicino

"Cazzo è vero" mi disse "non ti abbiamo chiuso la ferita"

"Stai tranquilla"

"Stai tranquilla un corno. Berlino, prendi il kit di pronto soccorso"

Berlino si girò e mi prese la mano.

Nairobi capì che doveva andare lei a prenderlo mentre lui mi portava su.

Arrivati su, Denver era incazzato con il professore. Se poteva gli avrebbe tirato un pugno, conoscendolo.

Intanto arrivò Helsinki

"Ferito! Ferito!"

Era Oslo

Aveva un buco nella testa

"Helsi..." lo raggiunsi, contro la volontà di Berlino, un po' zoppa

"Roma, tu tranquilla. Io e Oslo abbiamo fatto guerra. Molto brutta guerra ma sempre meglio di carcere"

Gli sorrisi.

"Oslo deve uscire" disse Tokyo

"Esatto... non possiamo curarlo, non siamo dei neurochirurghi" continuò Rio

Entrambi puntarono a Berlino.

"Nessuno esce di qui" disse lui

"Si invece"

"No, Tokyo" si alzò Helsinki "cugino molto male, ma riprende. Vedi già meglio. Medicina aiuta molto"

Nessuno rispose

Decidemmo di lasciare i due Serbi da soli. Berlino mi portò in uno dei suoi uffici, mi fece togliere la tuta e mi fece sedere sulla scrivania.

"Qualcosa ti turba Berlino?"

"No" rispose freddo

"Invece si. Non mi guardi più negli occhi e sei freddo"

Nessuna risposta

"Stai ferma"

"No" risposi "Non sto ferma finché non mi dici che cosa hai"

Mi alzai. Lo guardai ma non mi guardava più neanche la ferita. Guardava il pavimento.

"Siediti, hai la cucitura a metà"

"No, hai qualcosa e non me lo vuoi dire"

Notai la sua mano tremolante.

La presi ma lui lasciò la presa.

Mi scese una lacrima, seguita da tante altre.

Neanche lì mi guardò.

Mi tolsi la canottiera.

"Rimettitela" finalmente mi guardò in faccia

"Solo se sono nuda mi guardi?"

Distolse lo sguardo

Gli presi la faccia con le mani e lo obbligai a guardarmi. Aveva gli occhi lucidi.

"Berlino, amore mio, che cosa hai?"

"Ho paura di perderti e non riesco a vederti così"

"Così come?"

"Con due ferite sul corpo che ti fanno diventare zoppa" si fermò. Stava per piangere "e poi prima, nei magazzini, hai messo al tua vita in pericolo per la banda"

Lo guardai sorridendo.

"Amore mi-"

"Vuoi sposarmi?"

"O mio Dio" dissi io con un grande sorriso stampato sulla faccia "Sta succedendo davvero"

Lo guardai e lo baciai

"Sì"

"Sì?"

"Si!"

"Diventerai la Signora De Fonollosa"

Mi guardò sorridendo.

"C'è qualcosa che non mi stai dicendo"

Sospirò

"Hai ragione... non so se usciti da qui ti potrò sposare" disse "non perché non voglio ma perché probabilmente sarò morto"

"Andres dimmi che cosa hai"

"Ho una malattia degenerativa, simile a quella di Parkinson"

"Amore mio" dissi io con mille lacrime sul viso "tesoro, io ti supporterò fino alla fine. Te lo prometto"

Mi baciò e finì di cucirmi la ferita.

Le capitali tedesche: Berlino e ViennaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora