Capitolo 14

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Non ho mai desiderato saper guidare così tanto come oggi. Il tassista mi guarda dallo specchio troppo spesso e la mia pazienza sta per esaurirsi.

Avrei potuto chiamare il mio autista personale, al quale ho concesso delle ferie. Non posso fidarmi di nessuno che conosco.

Per un attimo penso a mio fratello. Quando mi sono svegliata se n'era già andato. Quando l'ho chiamato mi ha detto che si era trasferito in albergo con Leyla, ma mi avrebbe chiamato domani per aiutarlo a cercare un affitto. Questo mi rattrista, ma la loro relazione non durerà se vivono nella stessa casa con mia madre. Quella donna è insopportabile.

Mi sento ancora osservata, provando una sensazione spiacevole. Alzo gli occhi e vedo l'uomo che guarda da qualche parte sotto la mia faccia. Lo so perché i nostri occhi non si incontrano.

<<Potresti guardare di più la strada, per favore?>> gli chiedo irritata. Odio le persone che fissano la mia cicatrice. Inizialmente mia madre mi inviava
affinché io mi coprissi di più. Di coprire la cicatrice che il trapianto mi ha lasciato. Io però non l'ho mai presa in considerazione, almeno su questo. Questa cicatrice che ha marchiato la mia pelle, ormai fa parte di me, e a me va bene così, adesso. Quando la guardo, quando involontariamente con le dita sfioro il mio petto, ricordo che è per via di questo segno che io adesso vivo.

Il tassista alza lo sguardo in un lampo.

<<Stavo guardando la strada signora>> mi assicura, mentendo naturalmente.

<<Si, certo>> borbotto infastidita. <<Penso che il tuo capo sarebbe felice di sapere quanto stai attento quando sei in viaggio>> alzo un sopracciglio.
Non è nel mio carattere essere così audace. Penso che sia l'agitazione che mi sconvolge il cuore e lo stomaco. È come una tempesta che sembra diventare più forte, mettendo a dura prova la mia schiena.

<<Mi scusi signora>> risponde a mezza bocca.

Alzo gli occhi al cielo, ma non dico altro. Cosa risolverei? Sono solo tesa, tutto intorno a me mi da fastidio.

Controllo il telefono, guardando l'ora, capendo di essere in anticipo di mezz'ora. Questa mattina ho ricevuto un messaggio da parte sua con l'orario in cui ci saremmo visti, soltanto che io impaziente di aspettare ancora sono salita sul primo taxi che ho trovato disponibile.

<<Siamo arrivati signora>> mi annuncia il tassista, un uomo sulla cinquantina, e sembra felice di liberarsi di me.

Scendo velocemente dopo aver pagato e chiudo lo sportello. Faccio un respiro profondo, tremando. È giunto il momento. Per cosa, nemmeno io lo so esattamente.

Fisso la porta dell'ingresso e noto che davanti c'è la guardia di sicurezza che era lì anche la mia prima notte qui, quando Can mi costrinse a uscire dal club, portandomi sulle sue spalle.
Arrossisco mentre cammino verso di lui, chiedendomi mentalmente se si ricorda di me.

<<Prego, entri signorina>> dice appena arrivo vicino a lui, praticamente dandomi la risposta alla mia domanda.

<<Il signor Can la aspetta tra mezz'ora, ma fino ad allora può servire qualcosa al bar>> suggerisce con tono gentile.

<<È occupato adesso?>>

<<Si, lo è>> concorda subito, distogliendo lo sguardo.

<<Va bene. Grazie>> gli passo accanto ed entro, raggiungendo il lungo corridoio che separa l'entrata dalla sala, dove si svolge il tutto. Con mia sorpresa noto una scala che porta, pensa ad un piano superiore. Mi fermo sul posto, guardando cosa c'è scritto sul muro.

Il richiamo dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora