𓆩XXIV𓆪

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Camminava lungo il marciapiede, a passo uno più incerto dell'altro. Man mano che procedeva con il collo piegato e lo sguardo pesantemente fisso a terra, pensava a Walter e al sangue che gli aveva chiesto.

Sentiva dentro di sé una strana e sconfortevole sensazione, un qualcosa di marcio, come della muffa che si stava espandendo nelle sue ossa.

Trovò un distributore di sangue alle fine della strada, accanto a un edifico di farmacologia e pensò che fosse quello giusto.
Si pose dinanzi la macchinetta, ed eccole proprio là, dozzine di buste colme di sangue. Ognuna di essa ne conteneva uno diverso dall'altro, e in diverse quantità.

Le buste da un litro necessitavano una banconota da venti, "un furto" pensò Giglio, che con le poche monete che aveva in tasca non poteva di certo permetterselo.
Le buste da mezzo litro invece venivano la metà del prezzo precedente, e infine le bustine da trenta milligrammi necessitava di cinque monete.

E poi c'era lo zero negativo, che essendo più richiesto e pregiato, costava molto di più. Un litro era una banconota da venti doppia, mezzo litro una banconota da venti soltanto, accompagnata da una manciata di monete. Mentre trenta milligrammi chiedevano una banconota da dieci.

Confuso, iniziò a considerare l'idea di fare ritorno a casa con una busta da trenta milligrammi di sangue comune.
Ma poi il buon senso lo rimproverò, Walter ne aveva bisogno.

Mentre in conflitto, un'ombra comparve alle sue spalle, e una lunga mano robusta si appoggiò sulla sua esile spalla.
Colto inaspettatamente, sobbalzò spaventato e si voltò.

«Gigliola?» pronunciò l'uomo che lo aveva appena toccato.

La pelle del ragazzo si insabbiò di brividi, quel nome era come una doccia fredda.

«Sì, riconoscerei quegli occhi tra milioni» confessò l'uomo, guardando Giglio con sollievo e gioia, quasi come aver trovato un tesoro perduto. Li ricordava benissimo quegli occhi grandi e scuri come perle, che lo guardavano maliziosamente mentre in ginocchio tra le sue gambe a gratificarlo con le sue qualità orali.
Era Benjamin, un suo vecchio cliente, nonché uno dei più insoddisfacenti e permalosi, uno di quelli il cui calice non sembrava mai pieno abbastanza.
Giglio se lo ricordava bene, Ben era più simile ai porci nello stabbiolo che a un uomo, e la sua presenza gli ribaltò l'intero stomaco.
Rozzo, sudicio e con il volto consumato dall'uso morboso delle sostanze tossiche, sue uniche compagne fedeli.

Il suo pungente alito di canapa e whisky molestarono le vie respiratorie del ragazzo, privandolo quasi di ossigeno e visione.
«Ben?» domandò trattenendo un sussulto.

L'uomo sfiorò i capelli del ragazzo e in un ciuffo ci arrotolò il dito.
«Ti sei tagliata i capelli, stavi così bene prima con quei lunghi boccoli da principessa. Come mai sei qui? È da secoli che non ti vedo, credevo ti avessero uccisa» disse.

«Prendo una cosa per un amico» rispose Giglio indicando il distributore alle sue spalle.
«Al tuo amico piace il sangue?» chiese Ben, capendo che poteva trattarsi solamente di un vampiro. Oppure, pensò, doveva essere un cliente con particolarità esigente, o fantasie represse che prevedevano spargimento di sangue.

«Te perché sei qui?» ribatté Giglio.
«Anche alla mia tipa piace il sangue, devi vedere come se lo ingoia»

Si rese conto che allora anche Ben doveva usufruire della macchina, dunque si apprestò. Ciononostante si rese conto di non avere denaro a sufficienza per permettersi lo zero negativo, e a Walter serviva per alleviare il dolore che a casa lo stava ancora divorando.

Così fece appello alla sua umiltà, si voltò verso Ben e gli chiese.
«Scusami Ben, per caso hai qualche banconota da darmi?»

L'uomo non esitò, affondò la mano nella tasca dei larghi pantaloni di cotone grigio scuro, e sfilò fuori un rotolo di banconote.

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