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Alla fine, dopo tre giorni di considerazione, Giglio accettò di abitare per tutto il periodo di gravidanza nella dimora di Odette, una grande e graziosa villetta moderna situata in un quartiere fresco e preservato dal resto degli abitanti della città.
Laddove riservatezza e serenità erano ciò che l'ambiente donava, l'alto e maestoso cancello battente doppio in ferro battuto si aprì al cospetto di Giglio, che era giunto assieme a Walter e sua madre. Si sentirono come li fosse stato concesso l'onore di salire alla vetta di un monte sacro, da dove era possibile poter ammirare la folte vegetazione, i lontani monti chiari e il grigio opaco della città

Il cielo era nuvoloso, ma la villa emanava il proprio splendore, lasciando meravigliati sia Giglio che sua madre, per nulla familiari a così tanto lustro. Anche solo respirare l'aria di prosperità e finezza li faceva sentire indigenti e ignobili di poter calpestare l'erba fine del prato verde, tutto ciò su cui posavano gli occhi sembrava chiedere permesso.

«Vedrai che andrà tutto bene» le disse stringendole la mano, notando che non fosse per nulla a suo agio. Si guardava attorno come una lepre impaurita, la cui zampa tamburellava e la coda scodinzola al fiuto di un predatore in agguato.

«Sei sicuro che non ci morderanno?» chiese, i figli più giovani della padrona di casa si trovavano nel giardino a giocare, nonostante fossero stati avvertiti riguardo il maltempo. Ma alla vista dei due umani, essi si fermarono, la palla fece tre sobbalzi e rotolò distante da loro.

«Tranquilla mamma, non lo faranno» rispose il figlio, guardando i bambini che dopo aver nutrito i loro occhi curiosi, ripreso ad assalirsi e rincorrersi spericolati.

Il personale delle pulizie li accolse una volta che il cancello alle loro spalle si chiuse, presero da loro i bagagli e li guidarono fino la porta di casa.

«Ne sei sicuro?» bisbigliò Margaret, e nuovamente il figlio la rassicurò.

Odette vide dalla finestra di casa suo figlio Walter giungere, gioiosa di vederlo in compagnia di Giglio e Margaret corse immediatamente giù per le scale che portavano al salone d'ingresso.

«Benvenuta!» giubilò contenta quando vide la donna, le si avvicinò, ignorando completamente sia Giglio che suo figlio Walter. Quest'ultimi si guardarono confusi, non era di certo l'accoglienza che si aspettavano, tantomeno tutto quell'entusiasmo per Margaret.

Odette strinse le guance della donna e la guardò con tenerezza.

«Accipicchia quante rughe cara, dovresti evitare un po' più il sole» disse.

«Come stai mamma?» domandò Walter, annunciando la presenza sua e del compagno.

«Giglio, colombetta mia, che visetto stanco che hai. Walter ti aiuta con le faccende?» chiese.

«Sono solo al secondo mese, riesco ancora a reggere una scopa» rispose, e guardando Walter con la coda dell'occhio sogghignò, entrambi consapevoli che potesse fare molto di più che solamente reggere una scopa.
Le sue mani la notte prima avevano compiuto grandi prodigi, portando il vampiro quasi a credere di star per inalare il suo ultimo respiro in terra.

«Avanti seguitemi» disse Odette invitandoli verso le scale che conducevano al piano superiore, e i camerieri con i bagagli li seguirono.

«Che bella donna» ammirò Margaret mentre saliva sulle scale, una serie di piccoli gradini ricoperti da un corposo tappeto beige, che se calpestato non assorbiva la forma delle scarpe, restava compatto e immacolato.

Odette portava molti anni, ma nessuno di questi le aveva sfiorato l'aspetto. La sua pelle era chiara e liscia come un confetto, estranea alle imperfezioni e intangibile dal tempo.
Aveva lunghi capelli castani che sobbalzavano sulle sue piccole spalle, vivi e mossi come i boccoli di una pecorella, splendevano di sanità e fortezza.

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