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«Giglio?» Si avvicinò al suo caro amato Giglio, che stava serenamente riposando tra le coperte del letto abbracciato al cuscino.
Era così stanco quando era entrato nella stanza, che non si era nemmeno preoccupato di togliersi le scarpe.
Allorché il vampiro lo fece per lui, gli sfilò entrambe le scarpe e le appoggiò a terra, dopodiché proseguì a fargli un piacevole massaggio ai piedi.

«Come stai?» gli chiese, Giglio soffiò esausto e lo guardò.
«Distrutto, ho male a tutto il corpo» confessò, aveva la voce consumata dalla stanchezza, non possedeva un briciolo di forza negli arti e bramava solo di poter beatamente dormire senza essere colto da fitte o intense voglie.

«Mi hai preso le alette di pollo?» domandò, ma Walter confuso, gli rispose che con sé non aveva nessuna ala di pollo.

«Ma io ti avevo chiesto di prendemele» ribatté Giglio scocciato, arci sicuro di averglielo chiesto.

«Non è vero, quando me l'avresti chiesto?» domandò Walter.

«E invece sì, prima che tu partissi. Ma come al solito non mi ascolti mai» adirato, si ritirò sotto le coperte scoprendo solo la testa dal mento.

«Walter io ho paura del parto...» confessò.
«Mia mamma ha detto che il dolore sarà tremendo, che sembrerà quasi di morire»

«Tu sei una persona molto forte, vedrai che andrà tutto bene. Io e tua madre, tutti saremo con te» gli disse Walter, stendendosi al suo fianco per dargli coraggio e sollievo. Ma Giglio si rivelò perplesso, aggrottò la fronte e guardò il vampiro.

«Tutti?» replicò.

«Certo, qui con te» rispose Walter.
«Che intendi dire qui? Qui nella stanza?»
«Certo»

Giglio soffiò una risata, certo che a breve il compagno gli avrebbe rivelato che si trattava solo di una simpatica burla per animarlo. Ma Walter non revocò nulla di ciò che aveva detto, anzi, sembrava già immaginarsi il momento.

«No, io devo partorire all'ospedale» protestò Giglio.
«In ospedale? Giammai? Il parto è un evento unico e molto importante, ci devono essere i membri più stretti degli sposi»

Giglio bollì di rabbia, non riusciva a concepire che il giorno del parto tutti, compreso Vittorio, lo avrebbero guardato. Lo trovava oltraggiante e imbarazzante, egli avrebbe gradito solamente la presenza di sua madre e di Walter.

«Walter no, io non voglio che ci siano così tante persone a vedermi urlare mentre spingo fuori non uno, ma due bambini!» rispose.

«Ma lo farai, è ciò che facciamo noi» disse fieramente il vampiro, che era stato testimone del parto di alcune delle sue sorelle. Era comune nella cultura vampiresca assistere alla nascitura di un nuovo membro famigliare, non comprendevano appunto, la ragione per cui gli umani invece lo considerassero un momento intimo e riservato solo a estranei e due soli membri della famiglia.

Ma Giglio fece cadere un masso solido a terra, non avrebbe accettato la presenza di altre persone all'infuori di Margaret e Walter.
«Non se ne parla, il corpo è mio»

«Ma sono i nostri bambini» ribatté Walter, ritenendo che anch'egli avesse diritto di poter prendere decisioni riguardanti a loro.

Ma Giglio lo smentì subito, non erano ancora certi su di chi fossero davvero i gemelli.
«Speriamo siano nostri...» disse con dispiacere.

«Non dirlo, lo sono» gli rispose Walter facendosi vicino alla pancia, l'accarezzò dolcemente e appoggiò l'orecchio su di essa.

«Non li sento...» disse.

«Staranno dormendo» rispose Giglio, nemmeno lui lì aveva sentiti.

«Dove finisce il cibo se loro dormono?» domandò Walter.
«Non ne ho idea, dovresti chiederlo a tua mamma»
«Io so poco sui bambini, e ho un po' di paura» confessò, sperando di cogliere anche solo il più flebile movimento.
«Di cosa?» domandò Giglio.
«Di sbagliare, di non essere un bravo genitore. Lo sai, se dovesse essere lui il vero padre, almeno saprò che farà sicuramente un lavoro migliore del mio. Vittorio è un padre eccezionale, mi ha sempre dato tutto. Amore, attenzione, correzione e istruzione. Io a malapena so come prendermi cura di me stesso, figuriamoci di due gemelli»

«Stai tranquillo, sarai un padre meraviglioso» gli disse Giglio, ed era certo di quello che stava dicendo, ma Walter pensò che lo volesse solo consolare.

«Dalia e Loto quindi?» chiese.

Giglio ci rifletté, Dalia era un nome meraviglioso, ma come sarebbe riuscito a guardarla? A chiamarla?

«Vediamo» disse.

«Ecco, ho sentito qualcosa, ha scalciato» disse gioioso Walter.
«Uno dei due si sarà svegliato» disse Giglio.
«Chi pensi che sia dei due? Lo scrittore o la velocista?»
«La seconda, è sempre lei a scalciare come una matta, avrà fretta di uscire, magari non sopporta il fratello»
«Oppure vuole solo vedere com'è il mondo...»

Walter baciò due volte la pancia di Giglio e pretese di poter parlare con la figlia.
«Vuoi già correre per i corridoi e il giardino vero? Lo farai, ma devi aspettare ancora un po', non avere fretta cara»

Giglio sorrise intenerito, per un momento, immaginò Walter giocare con la sua bambina. Non aveva dubbi, egli sarebbe diventato un padre meraviglioso, e Vittorio lo avrebbe solo ammirata.

«Sei stanco, dormi un po'» disse Walter notando il volto del compagno.
Giglio era stato colto da un lungo e largo sbadiglio, sentiva le palpebre appesantirsi e le spalle cedere.
«Dormi con me?» gli chiese.
«Certo»

I due amati si fecero uno accanto all'altro e si appisolarono sotto il manto di coperte e lenzuola.
Giglio trovò molto conforto tra le braccia del vampiro, il suo calore sembrava restaurargli l'anima, non provava più alcun peso e fatica.
Il sonno piombò pesantemente su di lui in breve tempo, allorché Walter abbandonò la stanza per unirsi alla famiglia in soggiorno.
Giglio però, si accorse presto della sua assenza, il suo corpo si era raffreddato e la sua schiena era scoperta.

«Walt?» lo cercò passando il braccio dal suo lato del letto e issando le coperte, ma non c'era traccia del vampiro.
E oltre a ciò, si accorse di un'altra cosa.
La sua pancia era calata, era tornata liscia e piatta come prima.
Non fece nemmeno in tempo a preoccuparsi che udì un vagito giungere da lontano, curioso, scese dal letto e indagò sull'origine del pianto.

Esso proveniva da una culletta posta in fondo alla stanza, accanto alla tenda chiusa.
Senza conoscerne la ragione, Giglio riconobbe il pianto, ebbe la sensazione di averlo già sentito.

Si avvicinò alla culla, il bambino era coperto sotto un leggero lenzuolo chiaro.
«Oh, non piangere...» disse dolcemente alzando con cautela la copertina.

Ma quando vide il neonato, sussultò terrorizzato.
Il pianto cessò, non poteva essere giunto da quella culla poiché  la piccola dai capelli rosati era priva di vita. Sebbene non l'avesse toccata, le sue mani si erano macchiate del suo sangue, facendolo sembrare colpevole dell'atto.
Cercò di pulirsi ma il sangue era più intenso dell'inchiostro, era ovunque.
Sulle mani, lungo le braccia, il viso e sulla pancia.

Calò una mano presso di sé, e realizzò con terrore che egli stesso era sanguinante.
Stava copiosamente perdendo sangue dalla propria intimità, allorché capì che fosse successo qualcosa ai gemelli, ma quando si svegliò dall'incubo, oramai era troppo tardi per gridare il nome del compagno.
Assalito dallo spavento e il dolore, egli una volta aperto gli occhi perse conoscenza, giacendo tra le braccia del compagno e le lenzuola del letto.

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