3. UN COCKTAIL SBAGLIATO

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BEA

È sera quando dopo il nostro allenamento, esco insieme alle ragazze dalla Silver Arena. Di solito ci alleniamo al mattino, ma con l'arrivo del nuovo coach della squadra maschile, gli orari sono stati momentaneamente cambiati e la nostra coach non l'ha presa bene.

Siamo stati l'orgoglio per quest'università lo scorso anno, ma evidentemente alcune priorità non sono cambiate.

Il più delle volte non ci resto nemmeno male più. Ormai so come funziona il mondo, e so che i maschi hanno più privilegi delle donne per quanto riguarda lo sport, quindi, mi adeguo. Si credono superiori? Be', a differenza loro noi siamo arrivati da qualche parte, e sono più che fiduciosa che anche quest'anno riusciremo almeno a qualificarci per la finale: la squadra è integra e le ragazze molto determinate.

Come me.

Il mio sogno di arrivare alla nazionale femminile, è fisso nella mia testa, quasi come un obiettivo che deve essere raggiunto a tutti i costi. Nel mio percorso non vedo altro: io e la nazionale femminile, insieme.

Mio nonno dice che sicuramente lo realizzerò. I miei invece vogliono che ci vada piano con le ambizioni, un po' per non risentirne se un domani non dovessi raggiungere quello che mi sono prefissata da sempre.

In ogni caso, l'allenamento di oggi si è fatto sentire. Sono tutta dolorante e non so se accettare l'invito di Stella e andare a bere qualcosa da Garl's stasera, o ritornare a casa e infilarmi in una vasca di ghiaccio per riuscire ad attenuare il dolore alla spalla.

Ma infine decido di rispondere con un:

ME: Sto arrivando. Sei già lì?

Aspetto qualche minuto, il tempo di posare il borsone in macchina ed entrare, allacciarmi la cintura e subito ecco che il cellulare emette una leggera vibrazione.

STELLA: Sì e sbrigatevi, il nuovo barista è sexy.

MAD: La squadra di hockey è presente? Sapete che la regola del: non voglio incontrare nessuno di loro, persiste.

Ridacchio al commento di Madelyn, una delle mie migliori amiche e lettrice vorace di qualunque cosa trasudi amore e passione. Colpevole delle numerose crisi esistenziali di Stella e autrice di un breve romanzo sull'hockey, pubblicato lo scorso anno con il giornalino del campus. Da allora, la squadra maschile di hockey ci va giù per le lunghe con lei, specialmente quell'omone di Jack Marino. Un metro e ottantanove di stazza, occhi azzurri e capelli biondi, che crede ancora di essere il protagonista di quella storia d'amore.

Vaglielo a spiegare che è solo frutto dell'invenzione di Mad. Ma niente. Non vuole sentirne ragione. Quel tipo sembra avere una noce di cocco al posto del cervello.

STELLA: Nessuno di loro nel mio raggio visivo.

Sorrido e dieci minuti dopo mi trovo da Garl's, un bar vecchio stile inglese, addobbato da bandiere della Silverleaf e vecchie foto di leggende, tra cui mio nonno, con Stella già al bancone, seduta, che osserva qualcuno alla sua destra, e Mad che scuote ripetutamente la testa alla vista di uno dei tavoli in mogano, occupati del bar.

A differenza di quello che ha preannunciato Stella, Jack Marino e Gerald Fitzgerald, anche conosciuto come 'Senza nome', dovuto al fatto che qualcuno pensa che in realtà i suoi genitori non hanno avuto inventiva e quindi lo hanno chiamato con il suo cognome, sono entrambi seduti ad uno dei tavoli vicini al bancone, mentre ridacchiano qualcosa.

«È assurdo!» Sento dire da Mad, appena mi avvicino e prendo posto.

«Cos'è assurdo?» Domando ed entrambe si girano verso di me, lasciando i loro sorrisi avvolgermi come segno di saluto.

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