8. A LADRO

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KILLIAN


«Guarda il lato positivo, Kill, abbiamo vinto cazzo!» Esclama felice Jack, stravaccato sul divano con una birra in mano, mentre guarda il Recap della nuova stagione di The Kardashian.

Io invece guardo la mia foto sul giornale, dove immortala il momento in cui scaravento Bea contro la barriera per evitarle un tiro che avrebbe mandato sicuramente in porta, con sopra una dicitura in grande: COSA C'È DI SBAGLIATO IN CARTER?


«Ti è dato di volta il cervello, Carter!?» Mi rimprovera furioso il coach, dopo avermi richiamato nel suo ufficio. «Hai idea di chi sia e di cosa avresti potuto scatenare se si fosse rotta qualcosa?»

Lo guardo imbarazzato. «Mi dispiace, ma lei mi ha istigato.»

«E quindi che fai? Ti lanci addosso a una ragazza che fisicamente è il doppio inferiore a te?»

«Coach...»

«Niente, scuse, cazzo!» Sbraita e tremo per un secondo quando il suo palmo sbatte sulla superficie in legno della scrivania. «Azioni come queste, potrebbero mettere a repentaglio la tua intera carriera!» Abbasso lo sguardo e lui continua. «Abbiamo lavorato un sacco negli anni precedenti affinché potessi entrare in una dannata squadra dell'NHL e hai un fottuto pre-contratto con uno dei club più importanti della NHL...»

«Lo so, coach.»

«Lo sai, ma continui a mettere a repentaglio la tua carriera!»

Abbasso di nuovo lo sguardo come un cane che è stato appena bastonato. Il coach resta qualche minuto in un silenzio massacrante, scuotendo ripetutamente la testa e scrivendo qualcosa sul suo taccuino. «Fortunatamente l'azione era regolare e quindi non andrai incontro a sanzione o espulsione. Ma ti andrai a scusare con quella ragazza, prima che suo nonno rivolti l'intera università e ti faccia perdere ogni possibilità di rimettere piede sul ghiaccio. Intesi?» Non mi serve un suo consiglio per sapere che dovrei andare a chiedere scusa a Bea. Lo avrei fatto da me subito dopo la partita, ma il coach ci ha tenuto a farmi la strigliata subito.

«Afferrato.»

Sbuffa e senza guardarmi mi indica con un gesto la porta. Annuisco e mi alzo, lasciando il suo ufficio.


«Nessuno di voi mi ha detto che è la nipote di Brandon Evans», rimprovero, e Jack alza gli occhi a me, mentre Gerald fa spallucce.

«Pensavo lo sapessi, amico.»

Ingigantisco gli occhi. «Be' no!» E ora non solo devo andarle a chiedere scusa, ma non so nemmeno come farlo. Non ho mai dovuto delle scuse a nessuna ragazza.

Non ho nemmeno mai avuto una ragazza. Per eccezione di Lia alle superiori che mi ha portato solo problemi, oltre che inscenato una finta gravidanza, soltanto per fottermi in qualche modo. Non vorrei nemmeno pensarci, perché è stato uno dei periodi più brutti della mia vita, ma questo fa sì che mi renda conto che sono un vero e proprio disastro con le donne. Non che abbia avuto poi chissà che riferimento. Mia madre è un disastro in tutto: con la sua vita, con me, con il resto del mondo. È buona solo a farsi dalla mattina alla sera e a chiedermi soldi quando finisce quelli mandati una settimana prima -sempre da me- per pagare le bollette, che notizia delle notizie, non fa, e mi porta a dover lavorare il doppio, per non far lievitare tutti i debiti accumulati negli anni in cui non potevo nemmeno trovarmi un dannato lavoro.

E poi? Poi non ho mai avuto un cazzo di padre. Nessuna figura paterna che potesse dirmi come diavolo gira il mondo. L'unico uomo che lo ha fatto è il mio dannato allenatore di hockey. Cioè, che speranze ho di poter far quadrare la mia vita anche con le donne?

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