2 febbraio 2026

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Ore 00:45


Rientrano in albergo che è quasi l'una di notte, per spirito di conservazione e perché sanno che necessitano di dormire per essere performanti sul campo.

Insomma, sono degli idioti, ma non così tanto.

Simone ha bevuto abbastanza da essere un po' più allegro del normale. Gli ci vuole poco, per onestà.

In quel momento siede sul bordo del letto. Ha tolto le scarpe e la giacca. Deve trovare la forza di svestirsi e indossare il pigiama.

Essa pare estremamente distante e l'azione in sé è resa complicata dallo spettacolo che ha davanti, ossia Manuel senza maglietta e i capelli spettinati che cerca qualcosa in giro per la camera a soqquadro, borbotta parole che non capisce, impaziente e con l'espressione desiderosa di sonno.

«Comunque era Matteo» esclama Simone senza preavviso.

Manuel si ferma al sentire la sua voce. Aggrotta le sopracciglia, confuso, e lo fissa. «Matteo cosa?»

«Quando ti ho mandato la domanda su Instagram. Era per Matteo perché gli piace la tizia che ti fa le foto. Te l'ho detto che era per un mio amico, ma tu non mi hai creduto.»

Ora capisce e gli viene pure da ridere. «T'ho creduto» attesta e cammina piano verso di lui, «e speravo fosse così.»

«Perché?»

«Perché ho aperto il tuo profilo, t'ho visto e la prima cosa che ho pensato è stata "Dio, te prego, fa' che non sia etero".»

Simone ride. Sta bene. Incredibilmente bene e la cosa gli fa girare la testa. Forse essere convocato nella Nazionale di pallavolo è ciò che di migliore gli sia mai successo e non solo per la sua carriera. «Non ci credo» replica con voce acuta.

«E ce devi crede', invece» ormai Manuel lo ha raggiunto ed è in piedi tra le gambe appena divaricate dell'altro. «Perché? Te che hai pensato la prima volta che m'hai visto?»

La risposta tarda un attimo a sopraggiungere. Simone strizza gli occhi, finge di ragionarci. «Mmmh, ho pensato... "ma questo da dove esce"» ridacchia ancora — lo fanno insieme, «poi ho iniziato a odiarti perché eri... troppo etero e sapevo che non avrei mai avuto una chance con te.»

«E invece...»

«E invece non sei etero, ma mi chiedo ancora da dove sei uscito.»

Manuel sospira e sulle sue labbra rimane disegnato un sorriso. Solleva lentamente una mano e sposta i ricci ribelli che si sono posati sulla fronte dell'altro ragazzo. «Sei ubriaco» sussurra.

«Non sono ubriaco, non saprei formulare frasi di senso compiuto in quel caso.»

«Infatti questa non c'ha senso.»

Simone scuote il capo e afferra l'altro per il retro delle cosce, se lo tira addosso finché non riesce ad appoggiare le labbra sul suo addome. C'è un tatuaggio in quel punto: bacia piano i suoi contorni, in modo delicato, respira sulla sua pelle.

Non è un gesto malizioso, non ha secondi fini.

Poco dopo, infatti, lo stringe di più a lui e pone la testa sulla sua pancia.

Lo abbraccia e basta e, per dei minuti infiniti, rimangono fermi in quella posizione, con Simone che chiude gli occhi e Manuel che infila le dita nei suoi capelli scuri e morbidi, nel silenzio di una stanza d'albergo a Rotterdam che li ospita per quell'ultima notte.

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