1 marzo 2026

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Ore 11:20


L'ultima volta che è stato in quell'appartamento, solo qualche giorno prima, Simone ne era uscito quasi scappando e senza fiato; adesso, il fiato gli manca ugualmente, ma per un motivo diverso.

Quando Manuel gli apre la porta il primo impulso è quello di buttargli le braccia al collo e stringerlo a sé, dimenticare la discussione priva di senso che hanno avuto e i giorni in cui sono stati lontani che gli sono sembrati infiniti sebbene siano pochi e quasi irrisori. Tuttavia si trattiene e lo saluta con un timido «Ciao.»

«Ciao» risponde Manuel, facendogli cenno con la testa di entrare.

Simone compie qualche passo avanti fino al piccolo salotto. Vi si ferma al centro, le dita di una mano che giocano con gli anelli dell'altra intanto che si guarda attorno: è vero che è già stato in quella casa, tuttavia non si è mai soffermato ad osservarne le stanze — erano sempre troppo presi da altre attività, in fondo.

L'ambiente è composto da un divano a tre posti che fronteggia un grosso mobile in legno scuro con vari sportelli e ripiani a vista, nel mezzo del quale si trova una TV a schermo piatto. Avvicinandosi, il palleggiatore scorge una lunga fila di DVD sistemati a seconda del nome del regista o, nel caso di saghe cinematografiche, in ordine di uscita. Nota che molti di questi hanno nel titolo nomi di supereroi che lui conosce solo vagamente, e la cosa lo fa sorridere perché gli fa pensare alla sua personale collezione di manga.

Sono entrambi un po' nerd, a quanto pare.

Quando Simone si volta, trova Manuel a fissarlo: indossa dei pantaloni di tuta leggeri e una felpa verde scuro, una di quelle col cappuccio e un'unica tasca sul davanti nella quale ha infilato le mani.

«Vuoi qualcosa?» gli domanda, facendo adesso cenno verso la cucina dietro di lui. «Penso d'ave' del succo, forse qualche birra.»

«No, sto bene così, grazie» risponde Simone, continuando a torturarsi le mani. Non sa bene cosa dire, gli sembra di essere circondato da frammenti di vetri rotti e non sa come muoversi.

Il sospiro di Manuel gli fa sollevare lo sguardo verso di lui. «Non me piace che stiamo così» indica col capo lo spazio che li divide. «Me dispiace se t'ho fatto pressioni. Hai detto che non ne volevi parla' e non dovevo insiste'.»

Simone scuote la testa. «No, dispiace a me di aver sbottato in quel modo ed essermene andato senza chiarire.»

Il numero 1 gli si avvicina di qualche passo, ancora un po' zoppicante. «Me dispiace pure d'ave' ignorato le chiamate tue e d'esse' stato stronzo pe' messaggio.»

«Forse me lo meritavo.»

«Un pochetto.»

I due si sorridono e i loro cuori si alleggeriscono dopo quei giorni di lontananza. Anche Simone si è fatto più vicino; infila le mani nella tasca della felpa di Manuel e gli stringe le mani, sfiorandogli la punta del naso con il proprio.

«Vuoi usci'?» lo sente mormorare. «Ce facciamo 'n giro, qualcosa.»

Fa cenno di no con la testa e i loro nasi si sfiorano nuovamente con quel movimento. «Voglio stare con te e basta.»

Manuel allora indietreggia piano portando con sé anche l'altro ragazzo, che lo asseconda senza troppi sforzi. Si siedono entrambi sul divano e si staccano solo il tempo necessario per permettere a Simone di togliersi la giacca, appoggiarla allo schienale e scalciare via anche le scarpe; poi si stende con la testa sulle cosce dello schiacciatore, che non perde tempo ad infilare una mano tra i suoi capelli.

«Te come stai? Com'è andata dal fisioterapista?»

«Bene, ha detto che sto a recupera' velocemente e che presto posso torna' a gioca'.»

«Sono contento. È stato strano veder giocare gli altri senza di te ieri.»

«V'hanno fatto il culo lo stesso, però.»

Simone lo colpisce piano con il gomito e Manuel ridacchia, mentre continua a passarsi le ciocche dell'altro tra le dita. Quelle carezze continue portano il numero 4 a chiudere gli occhi e portarsi l'altra mano del ragazzo sullo stomaco per sfiorarlo a sua volta.

«C'ho pensato tutta la notte a quello che m'hai detto ieri» riprende Manuel, «al fatto che—»

«Sei la mia pace?» lo precede Simone. «È la verità.»

«Ed è quello che voglio continua' a esse' pe' te. Non voglio che discutiamo pe' altra gente, se me dici che è 'na cosa passata, che non importa più, va bene. Te credo. Sappi solo che se mai ne vorrai parla' io sto qua, sempre. Mi puoi dire quello che te pare» asserisce, piegandosi in avanti per lasciargli un bacio sulla fronte. «Perché pure io voglio sta' co' te e basta.»

Simone a quel punto solleva le palpebre. Il viso di Manuel è vicinissimo al suo, gli basta sollevare leggermente il mento per far incontrare le loro labbra e baciarlo profondamente e a lungo per recuperare tutti i minuti sprecati trascorsi a non farlo.

Non sanno se è normale stare tanto bene da non pensare a nulla se non all'altro, ma in quel momento, come in tutti quelli che passano insieme, a entrambi non importa molto. Forse non sarà normale, ma la percezione è che sia sicuramente giusto.

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