25 aprile 2026

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Ore 10:35


Simone è stato puntuale, arrivando sotto casa di Manuel alle dieci spaccate. Durante il breve tragitto in auto che ha seguito, c'è stato silenzio tra loro.

Per fortuna, la zona di Roma in cui optano di andare — lontana dal centro — a quell'ora è abbastanza vuota, complice la giornata di festa, e trovano parcheggio quasi nell'immediato.

Si fermano in una piccola caffetteria dalle vetrine con le finiture tinta verde pastello e un dehor esterno rettangolare, aperto sui lati, con tanti tavoli di ferro battuto a forma rotonda. Decidono di accomodarsi lì, anche dopo aver firmato entrambi un autografo a due ragazze che, per caso, passavano in quella via.

Una delle ultime volte che sono stati fuori, Simone perdeva tempo ad analizzare l'ambiente circostante, per evitare che qualcuno potesse vederli, monitorare la situazione con fare apprensivo.

In quell'occasione, però, il suo sguardo è totalmente focalizzato su Manuel che gli siede davanti.

Mantiene un sorriso sghembo stampato in viso. Ce l'ha dalla sera precedente, da quando lo sconforto è sparito nell'esatto momento in cui l'altro gli ha scritto dopo i like che gli ha lasciato. Un gesto che gli ha dato una certezza su un dubbio che già aveva.

Cazzaro.

«Allora il tuo appuntamento di ieri sera...» esclama e lascia la frase in sospeso di proposito.

Manuel focalizza l'attenzione su qualsiasi cosa non sia il volto del palleggiatore. Prende a sfogliare il menù cartaceo che hanno portato loro sebbene non ne abbia bisogno, ma gli occorre una distrazione. «Che?»

«No, dico— avevi un appuntamento ieri sera, co' uno

«Ah, uhm— seh, non ha funzionato.»

«Ma dai.»

«Già.»

«Non era il tuo tipo?»

Simone continua a fissarlo, strafottente, sapendo benissimo dove andare a colpirlo.

E Manuel, dall'altra parte, sa benissimo quello che sta accadendo: immagina abbia imparato a conoscerlo, a interpretare le sue reazioni, anche solo la fronte che aggrotta. Così solleva il capo, le sue guance avvampano.

I suoi occhi si scontrano e incontrano e legano con quelli di Simone, il quale ha il viso illuminato da una scia di sole che rende le sue iridi appena più chiare — solo un briciolo, in maniera quasi impercettibile, una pagliuzza color caramello che lui riesce a scorgere.

Nemmeno gliela dice la verità: che ha mentito è evidente e probabilmente dovrebbe scusarsi.

Non lo fa, ma glielo fa capire, con «Decisamente non il mio tipo.»

Dopo accenna un sorriso.

Simone fa lo stesso. Anzi, in seguito ridacchia pure. Quella è la sua conferma.

Cazzaro, di nuovo.

«Espresso?»

«Espresso.»





Ore 11:44


In quel bar ci restano poco.

C'è caos attorno e, soprattutto, il dehor all'esterno è piuttosto esposto ed altri fan li vedono, si avvicinano, chiedono loro foto e autografi e nessuno dei due se la sente di rifiutare.

Alla fine, però, per tacito accordo, abbandonano il locale e tornano all'auto.

Simone guida per un centinaio di metri, poi accosta in una stradina più isolata e meno trafficata. Inserisce le quattro frecce e spegne il motore.

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