14 marzo 2026

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Ore 01:23


«Oh, attento!»

«E so' attento! Te che nodo hai fatto a 'sta cravatta?»

L'open-bar c'era sul serio e un po' ne hanno approfittato. Non troppo, come al solito, ma abbastanza per essere più allegri del normale.

A Simone gira leggermente la testa, Manuel percepisce la bocca secca, eppure ciò non li ferma dall'entrare in casa di quest'ultimo insieme, barcollando, tentando di baciarsi e spogliarsi, rischiando di far cadere soprammobili e inciampare in qualunque cosa sul loro cammino.

Giungono in camera da letto ridendo per nessun motivo apparente, con i vestiti eleganti che non sono in grado di levarsi neppure strattonando il tessuto.

E ridono.

Ridono ancora e si guardano e ridono e barcollano e si sfiorano e si guardano e ridono e si muovono e...

Tra gesti frenetici, mentre Manuel cerca di sciogliere il nodo della cravatta di Simone e questo, invece, gli solletica i fianchi, provando a togliergli la camicia nera e aderente, finiscono entrambi sul letto, sdraiati in una posizione disordinata; gambe e braccia si intrecciano per un breve istante.

Poi tutti e due sono supini, uno accanto all'altro, con lo sguardo rivolto al soffitto. C'è poca e soffusa luce nella stanza. Le fessure della persiana creano disegni astratti sui muri chiari.

L'eco delle loro risate man mano si affievolisce. Simone fissa le linee confuse che appaiono tra i faretti spenti della stanza e di bocca, senza il benché minimo controllo, gli viene fuori: «Dio, quanto ti amo.»

Complice la confusione dovuta all'alcol, il fiato corto e la frenesia del momento, Manuel non afferra subito il concetto, la frase in sé e allora aggrotta le sopracciglia, perplesso. Gira il capo nella sua direzione, a scrutare il suo profilo. «Sei cattolico?»

Simone stava quasi per tornare serio, eppure a tale affermazione scoppia nuovamente a ridere. Si passa una mano sul volto, emette un gemito strozzato, disperato e al contempo divertito. «E quanto sei cretino» esclama.

Si volta pure lui. Scopre i suoi occhi su di sé, le lunghe e folte ciglia che sbattono piano.

Il sorriso di Simone svanisce del tutto. La sua espressione diviene seria, sfumata dalla dolcezza che lo contraddistingue, specialmente se si tratta di Manuel.

«Ti amo» ripete.

Forse stavolta quelle parole suonano meno come uno scherzo, come una frase inserita fuori contesto, priva di senso.

Sono lettere che hanno una melodia ben definita.

Allora pure la piega sulle labbra di Manuel si distende, intanto che lui prende consapevolezza di ciò che ha appena sentito.

Deglutisce a fatica e persino gli atti naturali come quello gli pesano addosso come un macigno. Non riesce a trovare una reazione consona. Sarà che ha pensato di dirglielo in più di un'occasione, ma si è sempre tirato indietro, sostenendo che fosse troppo presto, che le cose tra loro sono appena iniziate e non deve correre così tanto.

Il rischio di schiantarsi lo ha sempre trattenuto.

Simone accoglie il suo silenzio in modo diverso da quanto fa di solito: non permette alle paranoie che lo assillano di devastarlo, di anche solo mettere in conto che l'altro possa non ricambiare; il cuore gli dice l'esatto contrario e ha imparato a fidarsi.

Così si porta su di un fianco. I suoi tratti appaiono più rilassati, sereni. Appoggia un palmo sullo sterno dello schiacciatore, percependo i battiti del cuore impazzito sotto le dita.

Lo sa anche il suo, di cuore.

«Forse non— non ho capito» balbetta Manuel.

«Ti amo» Simone ribadisce e quasi gli parla sopra.

«Non ho capito.»

«Ti amo e mi hai stravolto la vita.»

«Eh, non ho sentito bene ancora.»

L'assenza di suono viene interrotta nuovamente dalle loro risate, le quali cominciano tenui e aumentano a poco a poco, di volume e intensità.

Simone scivola sul materasso, di qualche centimetro, per poter raggiungere le labbra del compagno, per baciarlo, per scambiarsi ossigeno.

Ed è vero che è passato poco tempo, che sono tante le cose reciproche che devono ancora scoprire.

Ma con un po' più d'amore, forse, sarà più facile.

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