6 aprile 2026

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Ore 16:45


Non è la prima volta che Simone giunge al palazzetto dove si allena la squadra della Virtus Roma, solo che quella ha un sapore diverso, quasi opprimente.

Lascia la propria auto ai parcheggi e, quando scende dal veicolo, indossa il cappuccio della felpa sebbene non aiuti molto. Ci sono giornalisti e fotografi all'ingresso che provano a fargli qualche domanda, alcuni gli rubano degli scatti e, per il momento, finge che non gli importi.

Si morde la lingua per non mettersi a urlare. Prosegue lungo un corridoio stretto e poco illuminato per poter giungere alla palestra. Tra la confusione dei giocatori in campo alle prese con la ricezione, Simone cerca lo sguardo di Manuel.

Lo trova dopo pochi secondi sebbene lo schiacciatore le provi tutte per far sì che ciò non accada — ma è una battaglia persa.

Il numero 4 fa un cenno con il capo al numero 1 per richiamare ancora di più la sua attenzione.

In un primo istante, Manuel finge ancora che l'altro non esista e, anzi, chiama un'ulteriore battuta per poter ricevere.

Tuttavia, in seguito a due palle scagliate da una parte all'altra del campo, comprende che il palleggiatore non se ne andrà presto, non se non gli presta l'attenzione che richiama. Una parte di lui non vuole dargliela, pensando che ha trascorso giorni ad essere ignorato senza alcuna spiegazione, che dovrebbe trattarlo al medesimo modo.

Poi, però, dopo un'occhiata scambiata con Rayan prima e Alessandro successivamente, si convince a dare retta al giocatore della Roma Volley.

Sbuffa. Non si avvicina a lui in modo lento e cauto, piuttosto a lunghe falcate, lo supera, facendogli solo un cenno a seguirlo lontano dalla palestra.

Si ritrovano nei pressi degli spogliatoi, in un secondo corridoio illuminato dalle luci a neon e con meno rumore.

Uno di fronte all'altro, la prima cosa che Simone nota è che non c'è nessuna catenina d'argento che si intravede sotto la t-shirt bordeaux d'allenamento.

Sono così facile da cancellare?

Manuel posa le mani sui fianchi e, strafottente, chiede: «Che c'è, oggi non c'hai paura che te vedono qua?»

Il palleggiatore incassa il colpo in silenzio e abbassando il capo. Se lo merita. Stringe i pugni lungo i fianchi e scuote la testa. «Volevo solo... parlarti» sussurra.

E avrei dovuto farlo prima, il pensiero da un lato.

E lo fai adesso?, quello dalla parte opposta.

L'altro ragazzo mantiene il suo sguardo tagliente, l'atteggiamento ostile. È ferito e deluso e non fa nulla per nasconderlo. «Che c'hai da di'?»

«Che non volevo questo, non...» il numero 4 boccheggia; si sente disarmato. Per messaggio è stato molto più semplice esprimersi e averlo davanti complica le cose. Col senno di poi, non avrebbe dovuto cancellare ciò che ha inviato qualche notte prima.

Le cose dette di notte sono sempre le più vere, dopotutto.

«Ho chiesto solo di vederci meno, di fare cose meno palesi, non— è una cosa più grande di noi, Manu. Io pensavo di farcela, di essere in grado di sopportare tutto, ma non è stato così. Poi hanno cominciato a fischiare anche te e... ed è stato tremendo.»

Okay, è un buon inizio.

«Non me ne frega dei fischi, te l'ho già detto. Non che tu me l'abbia mai chiesto.»

Simone pensa di meritare anche quella frase, l'ennesimo colpo. Non tenta neppure di difendersi.

«Volevi di' solo questo?» rimbecca Manuel.

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