Essere il male

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La Golf nera filava come un razzo, mentre la musica dei Megadeath esplodeva dall'autoradio.

Marcello era entusiasta della serata: un lauto bottino, un'altra anima candida spedita al Creatore ed ora quella divertente corsa sulla strada del lungolago. Con una mano impugnava il volante, mentre con l'altra alternava una passeggiata delle dita tra i gioielli appena trafugati con una sorsata del suo amico Jack Daniel's. Gli occhi fissavano la strada, salvo ogni tanto chiudersi ed ondeggiare al ritmo della musica.

Il suo secondo amico (e il conto finiva a quota due) era la calibro nove, che come ogni volta aveva fatto il suo dovere alla grande, tanto da meritarsi una lustrata ed un'oliata abbondante appena giunti a casa.

Amava essere un criminale, amava uccidere, amava sentire il suo potere attraverso il freddo della pistola nella sua mano quando la impugnava con autorità, quando prendeva la mira con cura e due occhi lo fissavano imploranti. Ormai considerava quello strumento come un'estensione del proprio corpo e soprattutto della propria volontà di spargere il terrore e la morte. Una volontà spinta da un istinto irrefrenabile, una vocazione a compiere una missione. Affidatagli da chi? Non aveva importanza, la stava portando avanti in modo egregio.

Quella vecchia contessa era stata un osso più duro del solito, ma la compagna di vita calibro nove aveva fatto come sempre il suo dovere.

Uccidere gli dava un piacere quasi fisico, tanto da essere segretamente deluso di fronte alle vittime che arrendevolmente gli consegnavano i propri beni. Quella sera non andò così: la vecchia approfittò di un suo attimo di distrazione per correre in soggiorno, dove attaccata al muro c'era la sua unica speranza di un confronto alla pari. Grave errore per la simpatica nonnina. Pochi passi sul parquet scricchiolante e lui l'aveva raggiunta, ed entrando in soggiorno se l'era trovata con la faccia al muro e le mani alzate tentando di afferrare la vecchia doppietta. Un bersaglio fin troppo facile, da ragazzini al luna park. Cinque o sei secondi dopo stava guardando la vecchia scivolare lungo il muro, disegnando col suo sangue una larga riga verticale. Fissò per un attimo il crocefisso appeso al muro, per poi esclamare: "Caro Dio, se davvero sei da qualche parte dovresti ringraziarmi per tutte le animucce che ti sto spedendo!". Sorrise ed uscì.

Ed ora si trovava in macchina, a rivivere mentalmente l'ennesima battaglia della sua missione di morte, alla ricerca di eventuali errori da non ripetere la volta successiva. Eh sì, sempre lo stesso.

'Anche sta volta ti sei distratto quando ti ha dato i gioielli! Le hai dato il tempo di sgusciarti via ed arrivare fino al soggiorno! Se invece di quel ferrovecchio avesse avuto una pistola in un cassetto a portata di mano, o se quel parquet fosse stato meno rumoroso saresti tu adesso steso sul pavimento, con gli sbirri che ti disegnano il contorno col gessetto! Peggio per lei, avesse messo la moquette a quest'ora sarebbe viva!'

Rise fragorosamente mentre si chinava verso l'autoradio per cambiare il CD.

Tutto accadde in un istante.

Lo scoppio della gomma. Lo scricchiolio delle ruote mentre d'istinto sterzava per cercare inutilmente di riprendere il controllo. Il rumore del paraurti che, a quella velocità, sbriciolò il muretto di protezione. Il fischio del'aria mentre la macchina volava giù dal burrone. Per un attimo gli parve di udire le onde del lago, poi il fragore dello schianto sugli scogli.

Il volo durò pochi secondi, durante i quali pensò, assai di più di quanto il tempo gli avrebbe normalmente consentito. La morte, col suo vestito nero e il suo sguardo gelido, che tante volte aveva intravisto di profilo ma che ora lo fissava negli occhi, lo stava raggiungendo. La sensazione di immortalità che la calibro nove gli aveva sempre dato era svanita. Nulla si sarebbe interposto tra lui e la figura coperta dal nero mantello.

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