David ci fece strada, mostrandoci dove avremmo vissuto per i prossimi mesi.
La casa era situata al di sopra della riserva, verso il confine sud, in modo da essere comunque già sul luogo di lavoro e facilmente operative.
Nelle vicinanze, a circa quattro chilometri di strada vi era un piccolo paesino, dove rifornirsi del necessario o anche solamente fare due chiacchiere con le persone del luogo, sorseggiando un thè o un caffè fumanti.
Mentre ci inoltravamo nella riserva, continuavo a guardarmi intorno, incantata.
Gli odori, i colori, la luce che filtrava dagli immensi abeti, aceri e pini, era qualcosa di difficilmente descrivibile a parole. Per non parlare dell'odore di terra, foglie e resina che si respirava ad ogni passo;
netto e particolare, ma in perfetta armonia con ciò che ci circondava.
Ad un certo punto sentimmo uno scroscio d'acqua e io e Laura non potemmo fare a meno di spalancare gli occhi con un'espressione di totale sorpresa, quando davanti a noi, qualche metro più avanti, vedemmo un immenso fiume che forte e fiero fluiva e si inoltrava nella foresta.
"Chissà dove sarebbe sfociato!" mi domandai, ma il mio girovagare di pensieri, fu interrotto poco dopo.
"Ah, siete arrivati, tu e le straniere! No, ma tranquilli, prendetevela comoda!"
Poggiato al regimano di fianco alle scale, della casa tutta in legno che improvvisamente ci si era materializzata davanti, un ragazzo dal ghigno e l'espressione tutt'altro che tranquilla ci stava aspettando, evidentemente scocciato.
Come ci aveva chiamato? le straniere?!?
Che poi nulla era sbagliato nella parola in sé, perché ovviamente in quel paese lo eravamo, ciò che invece mi diede i brividi fu il tono in cui lo disse e lo sguardo che lo accompagnò.
"Ahote finiscila e vieni a darci una mano" incalzò David e voltandosi verso di noi aggiunse: " Ringhia, ma vi assicuro che non morde", tutto ciò ridendo vivacemente.
Ahote invece, si limitò a lanciargli un'occhiataccia e ad aprire il portone della casa, con una chiave a cui era appesa una piuma bianca e nera e una piccola foglia di vero acero canadese, rossa.
Lo osservai, mentre ci mostrarono la casa e posammo i bagagli.
Era più alto di David, credo si avvicinasse al metro e novanta, moro, con capelli lunghi e lisci alle scapole, legati velocemente in una coda bassa e tenuti insieme da un nastro di cuoio marrone, liscio e semplice. All'orecchio sinistro portava un piccolo orecchino che non riuscii a vedere chiaramente e la sua pelle era più scura della nostra, olivastra.
Si vedeva lontano un miglio che era un discendente di una delle tribù indiane che abitavano quella riserva.
Portava una semplice maglietta a maniche lunghe blu scura e dei pantaloni tipo cargo comodi e che scendevano morbidi, grigio scuro. Una lunga sciarpa nera avvolta velocemente intorno al collo, dei guanti anche loro neri e, nonostante i 16 gradi ormai, dato che la temperatura si era leggermente alzata dal nostro arrivo, sembrava non sentire minimamente freddo...io invece stavo letteralmente gelando!
Avevo le mani che iniziavano a darmi fastidio e quando chinai lo sguardo un attimo, per osservarle, mi resi conto che erano rosse e facevano male.
"Tieni questi, dove credevi di andare senza guanti?!!"
Trasalii e alzai lo sguardo, a pochi centimetri da me c'era Ahote con un sorriso beffardo e mi scrutava con quegli occhi verde intenso, che non avevo notato esser così fino a quel momento, porgendomi i guanti che poco prima stava indossando.
Feci per ringraziarlo e subito mi ammonì con un: "Non ringraziarmi, ci servi in forze per la riserva da domani, straniera...tutto qui. Non ti ci abituare".
Mi passò di fianco come una folata di vento gelido e se ne andò chiudendo la porta dietro le sue spalle.
"Ma che diamine aveva quel ragazzo? Mah!
Lo trovai profondamente fastidioso e irritante, tanto che posai i guanti su un pensile e salutai David che intanto ci stava lasciando, dicendo di riposarci e fare un giro lì intorno se volevamo, per ambientarci, ma di stare molto attente ai cambiamenti del tempo perché in quel luogo, era facile passare dal cielo sereno alla bufera in pochissimo tempo.
Lo ringraziammo per l'accoglienza e rimanemmo d'accordo per vederci l'indomani mattina alle 7:30 davanti casa,
finalmente avremmo iniziato il lavoro con loro.
Al solo pensiero mi si gelò il sangue.
Quei due erano completamente diversi. David era sorridente, divertente e gentile, aveva dei modi anche decisi, ma sempre delicati e rispettosi, da quel poco che avevo potuto vedere, ma Ahote invece...lui era glaciale diamine!
Non aveva accennato neanche mezzo sorriso, sempre se era in grado di sorridere uno come lui. Non ne ero molto convinta.
Assomigliava molto al vento gelido che ci investì quel pomeriggio, quando io e Laura decidemmo di uscire per andare in esplorazione dopo esserci fatte entrambe una bella doccia calda.
Dopo quell' "assaggio" di freddo, lei decise invece di rimanere a casa e accendere il camino. Era infatti molto freddolosa.
Mi raccomandò poi ridendo, di non perdermi troppo nei miei pensieri, mentre esploravo il luogo e di non stare troppo a lungo fuori, perché ormai si erano già fatte le 16:30 e il tramonto sarebbe arrivato da lì a tre ore circa.
Le sorrisi e mi inoltrai nel bosco.
Mentre camminavo meravigliandomi ancora come una bambina per tutto ciò che vedevo, non potei fare a meno di pensare quanto la foresta li fosse diversa da tutte quelle che avevo visto anche in Europa, nella mia specializzazione. Non qualche albero, ma migliaia di alberi secolari mi circondavano; abeti bianchi, pini e immensi quanto meravigliosi aceri ancora, di un verde brillante...lo stesso colore degli occhi di quel ragazzo.
"Ma che diamine mi viene in mente!?"
Argh, riusciva ad infastidirmi anche senza esserci!
Che strana persona, borbottai ad alta voce, anche se probabilmente era solo scocciato dalla nostra presenza o forse era proprio fatto così.
Assorta nei miei pensieri non mi accorsi che era proprio dietro di me.
"Mhmm strano e fastidioso, in effetti mi si addice"
Presa alla sprovvista, mi spaventai talmente tanto, che inciampai su una radice li vicino e sarei caduta rovinosamente a terra se, con uno scatto, non mi avesse afferrato lui cingendomi in vita.
"E siamo già a due salvataggi, fantasmino";
pronunciò quelle parole piano e vicinissimo al mio orecchio, potevo sentire il suo respiro caldo su di esso, arrossii improvvisamente e mi divincolai dalla sua presa.
Lui accennò un ghigno beffardo e mi disse di tornare a casa velocemente, il sole stava tramontando.
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"Tornando da me"
RomanceSara e' una ragazza di 28 anni, con un passato particolare e complicato alle spalle, a causa della nonna, una donna arcigna e ipocrita che l'ha cresciuta si, ma non certo come dovrebbe fare una nonna....quella donna le ha provocato profonde ferite...