"Quella sera David non chiese nulla, mi rimase semplicemente vicino rispettando il mio non voler parlare dell'accaduto, o dare spiegazioni sul perché mi aveva trovato in quello stato poco prima.
Quando mi calmai, iniziò a scherzare e cambiare discorso per sdrammatizzare.
Mi parlò della giornata che aveva avuto e dei piccoli "incidenti" divertenti o le gaffe che gli erano capitate quel giorno tra la riserva e il piccolo paese poco distante e mise anche della musica di sottofondo, mentre ci dirigevamo in paese. Lo ascoltavo e osservavo, aveva un che di buffo e tenero, mentre parlava delle sue piccole sventure, ridendo e ironizzando su se stesso.
Era un lato di David che non conoscevo.
Arrivammo nel piccolo paesino di Alo, quando il sole era ormai tramontato da un pezzo.
David mi spiegò che quel nome significava Guida Spirituale, perché gli indiani distaccatisi dagli Antenati Irochesi, dopo la guerra d'Indipendenza Statunitense, si erano spostati migrando li, in Canada.
Quando erano arrivati in quella valle coperta di neve, in pieno inverno, l'atmosfera che avevano respirato li aveva fatti sentire finalmente a casa.
I Mohawk, così si chiamavano, erano convinti che quel luogo fosse molto più che terra, alberi, animali, natura incontaminata, ma un posto dove chiunque potesse trovare la propria Guida Spirituale, guarire i traumi e le ferite dell'anima e scoprire quindi, la propria strada nel mondo.
"Guarire i traumi e le ferite dell'anima..."
Mi domandai se fosse la tribù a cui appartenevano anche Ahote e Nina.
Al solo pensarli, sentii una fitta alla testa e poi il mio stomaco, non contento, nel silenzio di quell'attimo, brontolò cosi forte che guardai David e arrossii vistosamente.
In effetti era dalla mattina precedente che non mettevo nulla nello stomaco, tra quello che era successo in quella giornata con Aho e il giorno dopo in cui l'ultimo mio pensiero, dopo la nottata devastante, era stato quello di rifocillarmi. Non ero riuscita a mandare giù neanche il mio solito caffe latte, figuriamoci del cibo vero e proprio.
Ed ora il mio stomaco, chiedeva nutrimento con gli interessi.
David sorrise, scese dalla macchina , fece per aprirmi la portiera in maniera buffa e plateale per farmi sfuggire almeno un piccolo sorriso e ci riuscì.
Sorrisi e scesi dalla macchina, mi porse la mano e ci dirigemmo all'interno di una piccola locanda dai colori autunnali.
"Almeno mangiamo qualcosa, che ne pensi? Ormai si è fatto tardi e anche io sto morendo letteralmente dalla fame!".
La locanda era piccola e accogliente, pochi tavoli disposti a spirale, ordinati, con tovaglie bianche e arancioni e sedie intarsiate di legno marrone con cuscinetti alla seduta, anche essi bianchi e arancioni. Alle pareti quadri e fotografie appese, di persone e paesaggi in quei luoghi incantati e dietro al banco una signora bionda e riccia, con i capelli legati e una divisa bianca e arancione anche essa. Entrando, il primo profumo ad accoglierti era quello di caffè e ciambelle zuccherate.
Il mio stomaco ricominciò a brontolare, stavo proprio morendo di fame!
Che poi di mio ero una persona che mangiava molto e serenamente, ma quei giorni mi si era davvero chiuso lo stomaco.
Ci servì la signora, che gentilissima mi consigliò i piatti più buoni della casa e alla fine ci portò anche caffè e ciambella per entrambi, offerti dalla casa.
Mi sentii felice come una bambina.
Uscimmo da quella locanda di nuovo in pace con il mondo.
Mentre David mi riaccompagnava a casa, osservavo il paesaggio notturno intorno a noi, le temperature erano calate notevolmente, segno che l'autunno stava per cedere il passo al freddo e rigido inverno canadese.
Era tutto completamente buio, blu notte profondo e ad illuminarlo vi erano solo le luci della luna e dello splendido cielo stellato, ben visibili quella notte.
Mentre li osservavo estasiata dal finestrino, affondando nel morbido sedile della Jeep di David, avvolta nel silenzio ovattato rotto solamente dai movimenti delle sue mani mentre guidava, presa dalla stanchezza mi addormentai.
Ma il sonno fu costellato da incubi.
Sognai Ahote che stretto a Nina mi diceva di lasciarlo perdere, ero solo una straniera e non ero niente, nulla, per nessuno, tantomeno per lui!
Cercavo di parlare, di spiegargli il perché del mio comportamento, ma la voce non voleva saperne di uscire.
Mi svegliai di soprassalto visivamente agitata, David aveva lo sguardo preoccupato;
lo ringraziai della giornata insieme, di essermi stato vicino in maniera così rispettosa, di avermi raccontato un po' di storia di quel luogo magico e della buonissima cena. Sorrisi istintivamente, mentre lo ringraziavo.
Lui si avvicinò e poggio la mano sinistra sulla mia guancia, delicatamente.
"Sono contento si sia divertita, signorina" disse sorridendo con un tono ironico ma dolce, poi si chinò verso di me e mi sfiorò con le labbra la fronte, stampandovi un piccolo e tenero bacio.
Sussultai per la sorpresa.
"Ci vediamo domani Sara...cerca di riposare un po' stanotte" .
Salutandomi salì sulla sua Grand Cherokee e io aprii il portone ed entrai in casa.
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"Tornando da me"
RomanceSara e' una ragazza di 28 anni, con un passato particolare e complicato alle spalle, a causa della nonna, una donna arcigna e ipocrita che l'ha cresciuta si, ma non certo come dovrebbe fare una nonna....quella donna le ha provocato profonde ferite...