Capitolo 5

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La sigaretta si stava consumando lentamente tra le sue dita.
Se ne stava mollemente appoggiato conto la parete esterna della casa,osservando le stelle; la musica giungeva ovattata, così come le risate e i rumori di oggetti che cadevano continuamente a terra.
Non ne poteva più di quella festa, non vedeva l'ora di andarsene a casa.
Tirò un'altra boccata dalla sigaretta, ormai a metà. Il fumo si scivolò nella sua gola. Inspirò profondamente, sentendolo arrivare fino ai polmoni; poi espirò, e dalle labbra leggermente dischiuse uscì una sottile scia grigia.
Anche se era rimasto un po' infastidito dal rifiuto della Marotta, non poteva non essere felice al tempo stesso. Il fatto che quella non fosse la solita ragazza facile da sabato sera, lo intrigava parecchio.
Certo, trovarla da sola, in quel bagno, con quella canottiera leggermente scollata, aveva risvegliato la sua libido ("risvegliato" per modo di dire; non sapeva se si fosse mai messa a dormire). Fosse stato per lui, l'avrebbe presa lì, in quel preciso istante. Grazie a Dio non era uno stupratore e lei non era una sgualdrina.
Avrebbe dovuto lavorarci parecchio, non sarebbe stato facile, lo sapeva.
Stava per prendere una nuova boccata dalla sigaretta quando un grugnito misto ad un urlo lo distrasse.
Si voltò verso la porta secondaria che aveva in fianco, e quando vide Davide, agitato e di fretta, alzò un sopracciglio.
«Sei già ubriaco?»
Il nero lo guardò con uno sguardo indecifrabile. «No, devi venire di là».
«Perché?» mormorò Mattia, osservandolo scettico.
«Perché la Marotta è svenuta. O collassata, non lo so bene. Gabriele l'ha trovata per terra e mi ha detto di venire a chiamar-»
Non riuscì a finire di parlare, perché il moro l'aveva spinto da parte e si era lanciato all'interno dell'abitazione, scansando tutti quelli che si trovava davanti.
Spintonando tutte le persone intorno a lui, arrivò al centro della grande sala.
«Gabriele!» chiamò, inutilmente. C'era troppo casino in quel posto.
Si sentì picchiettare sulla spalla.
Quando si voltò si trovò davanti Giorgio.
«Gabri è in cucina con la ragazza, vieni» gli disse, tirandolo per la manica della giacca nera.
Mattia lo seguì senza fiatare, camminando più rapidamente che poteva.
Non appena giunsero nell'ampia cucina verniciata di bianco, un brivido gli percorse la schiena.
Vedere Paola Marotta sdraiata in terra, completamente immobile e madida di sudore, era decisamente spaventoso. Soprattutto se si considerava che era stato lui a convincerla ad andare a quella stupida festa.
Intravide Cristian impegnato al lavandino, mentre Gabriele cercava di svegliare la ragazza.
Mattia si inginocchiò in fianco a lei; si tolse la giacca, la piegò alla buona, le alzò il capo e gliela posizionò sotto.
«Cos'è successo?» chiese, cercando di apparire distaccato; ed era una bella sfida, dato che era terrorizzato.
Gabriele respirò profondamente.
«Stavo uscendo dalla cucina, e ho calpestato qualcosa. Non capivo cosa fosse, finché non ho guardato in basso e ho visto la sua mano. Non so cosa le sia successo, ma era per terra, a faccia in giù, e non si muoveva. L'ho raccolta e l'ho portata qui. Io davvero non so cos'abbia bevuto-»
«Non è ubriaca» si inserì Cristian, avvicinandosi.
«Come fai a dirlo?»
«Non credo che una semplice sbronza possa avere queste conseguenze».
«Hai ragione» annuì Mattia. «Ho parlato con lei poco più di dieci minuti fa, ed era sana. È impossibile che nel frattempo abbia bevuto tanto da ubriacarsi e fumato da collassare».
«E allora cosa la è successo?» mormorò Davide, entrato in cucina da poco.
«Non lo so» rispose il moro nervosamente.
«Be', non possiamo lasciarla andare a casa in queste condizioni» osservò Cristian.
«Non penso che sarà in grado di alzarsi da lì» borbottò Giorgio, turbato.
«Vorrà dire che rimarrà qui stanotte. È un problema?» chiese Mattia al padrone di casa.
«No» scosse la testa. «Nessun problema. Vado a chiamare Sabrina». Uscì dalla cucina, alla ricerca della sorella.


«Sabrina» ringhiò Cristian, afferrando il braccio della sorella.
La mora stava ballando molto animatamente con un ragazzo dall'aria spaesata.
Lei si voltò, infastidita. «Ma che vuoi?» sibilò.
«Vieni in cucina, muoviti» urlò lui, per sovrastare la musica assordante.
Lei alzò gli occhi al cielo, ma seguì il ragazzo, lasciando il suo partner da solo in mezzo alla sala.
Non appena giunse in cucina, strabuzzò gli occhi, guardando Paola distesa per terra.
«Porca puttana, ma che cazzo...?»
«Sabrina smettila, dici più parolacce di me!» si lagnò Cristian.
«Scusa ma...porca merda» borbottò guardando la ragazza sul pavimento.«Ma cos'è successo?»
«Non lo sappiamo ancora» le rispose Mattia. «Ma ci serve un favore».
Sabrina annuì. «Ditemi». Poi si bloccò, fissando Paola. «Ma io la conosco... è del mio anno!» esclamò. «L'anno scorso frequentavamo il corso di arte e quello di algebra insieme».
«Sì, è grandioso» mormorò il moro, prendendo la pochette macchiata di Paola da terra e cominciando a frugarci dentro.
«Ma che stai facendo?» gli chiese la mora, scandalizzata.
Lui non le rispose, ma dopo pochi secondi le porse il cellulare di Paola. «Chiama sua madre, e dille che la festa è diventata un pigiama party di sole ragazze, con tanto thé e film di Zac Efron. Insomma, sii convincente, okay?»
«D'accordo, Mattia» ringhiò lei, infastidita dal tono del ragazzo.
«Bene, muoviti».
Sabrina uscì dalla porta finestra, cercando di raggiungere un luogo il più silenzioso possibile.
Dopo pochi minuti rientrò, un'espressione trionfante dipinta sul viso.
«Fatto».
«Bene».
Rimasero tutti in silenzio, immersi nei loro pensieri, mentre Paola rimaneva immobile a terra. Respirava lentamente, sembrava quasi che dormisse.
«Non dovremmo chiamare l'ambulanza?» chiese finalmente Giorgio, mentre Davide annuiva.
«Credo sia la cosa migliore» mormorò Mattia, sempre più teso.
Probabilmente, se fossero rimasti in silenzio, non sarebbe accaduto; invece, come in un film, si udì una specie di risucchio e poi Paola cominciò a tossire violentemente.
La tensione nella stanza si sciolse, e tutti si animarono all'improvviso, muovendosi intorno alla ragazza.
Mattia, rimasto immobile fino a quel momento, si rilassò.
Durò un attimo, perché un secondo dopo, Paola si mise a sedere e, quasi immediatamente, si girò a carponi. Nemmeno un frazione di secondo dopo, iniziò a vomitare l'anima.
Gabriele si ritrasse di scatto, sconvolto.
Mattia si avvicinò a lei e le raccolse tenne indietro la coda, per evitare che i capelli si sporcassero.
«Cristian, dammi una pezza fresca!» esclamò.
Quello andò al lavandino, bagnò uno straccio di spugna con dell'acqua fredda, lo strizzò e lo porse al moro, che lo poggiò delicatamente sulla fronte di Paola, che continuava a rigettare.
Giorgio le si avvicinò e le accarezzò la schiena, mormorandole: «Adesso passa, adesso passa».
Dopo qualche minuto infatti smise di vomitare.
Però iniziò a singhiozzare.


Paola si sentiva malissimo.
La testa le girava violentemente; il naso e la gola le bruciavano pervia del vomito, e la bocca aveva un saporaccio amaro.
Spaventata e confusa, iniziò a piangere.
Non sapeva dove si trovava, non sapeva che ore erano, non si ricordava niente.
Sentì un paio di mani tirarla in piedi, poi sentì un piano sotto il sedere. Era seduta, su una sedia.
Continuò a piangere, e non riusciva a vedere nulla attraverso lo spesso strato di lacrime.
«Paola...? Come stai?»
Lei scosse la testa, senza un motivo.
Però quella voce...
Strizzò gli occhi, per riuscire a vedere qualcosa.
La prima cosa che le sue pupille catturarono, fu il viso preoccupato di Mattia Bellegrandi.
Preoccupato? Mattia Bellegrandi?
Bellegrandi. Preoccupato.
Per lei?

Persino in quelle condizioni pietose, il suo cervello era in grado di registrare certe informazioni.
«Cos'è successo?» sussurrò la ragazza.
«Non lo sappiamo, Gabriele ti ha trovata per terra».
«Per terra?» gemette lei.
«Sì. Ci hai fatto prendere un colpo» intervenne il riccio, avvicinandosi ed evitando la pozza lasciata sul pavimento dalla giovane.
Paola la fissò. «Mi dispiace» disse, flebile. «Ripulisco subito...»
«Non dire stronzate» intervenne una ragazza che Paola non aveva mai visto prima. Era alta poco più di lei, mora, e aveva enormi occhi grigi.Assomigliava vagamente a qualcuno...
«Sabrina, ma non riesci davvero ad essere meno volgare?» commentò Cristian, infastidito.
Ah, ecco a chi assomigliava!
La mora non lo ascoltò. Tese invece una mano a Paola, che la strinse, incerta.
«Ciao, sono Sabrina Lo Presti, la sorella di questo cretino» le sorrise.
L'altra abbozzò un sorriso e si presentò. «Paola Marotta... ma... io ti conosco!» esclamò improvvisamente.
Sabrina ridacchiò. «Ho fatto la stessa scenetta prima, quando ti ho vista. Eravamo nello stesso corso di algebra e arte, l'anno scorso».
«Giusto!»
Paola si accorse solo in quel momento che Bellegrandi le stava tenendo una pezza leggermente fresca sulla fronte.
Arrossì di botto. «Grazie, mi sento meglio...»
Lui capì al volo e la tolse, gettandola nel lavabo.
«Senti, Sabrina ha chiamato tua madre, dicendole che avreste fatto un pigiama party qui. Scusa, ma non sapevamo quanto ci avresti messo per riprenderti e-»
«Grazie mille. Davvero» lo interruppe lei, sincera. Non la conoscevano nemmeno, eppure l'avevano appena tirata fuori da un possibile casino di dimensioni epiche.
«Figurati» le disse Sabrina sorridendole apertamente. «Sei a casa Lo Presti: se non collassi almeno una volta ci offendiamo» rise.
Incredibilmente, anche Paola riuscì a riderne, e si alzò dalla sedia, barcollante.
«Insomma, tu non sai davvero cos'è successo?» le chiese... Giorgio.
Paola scosse la testa, cupa.
«Io ho preso un bicchiere... c'era dentro qualcosa di azzurro. Ne ho bevuto prima un sorso e poi altri due. Fine della fiera. Poi ho ballato per qualche minuto e... niente. Non mi ricordo più nulla» disse sconsolata.
Sabrina le passò un braccio intorno alle spalle.
«Non preoccuparti. Probabilmente qualcuno ha disseminato pasticche qua e là».
Paola sgranò gli occhi.
«Vuoi dire che mi hanno...drogata?» bisbigliò scioccata.
Rimase immobile per lo shock.
«Grazie tante, Sabrina» sibilò Mattia, sorpassandola e strappandole Paola dalle mani.
L'afferrò per le spalle e la scosse leggermente.
«Ehi, Marotta, calmati. Non era roba pesante, ci metterei una mano sul fuoco. Nessuno butta via così droga pesante, con quello che costa. Sarà stato qualche allucinogeno, che mischiato con l'alcool ti ha fatta collassare. Stai tranquilla, domani mattina starai bene. Okay?»
Paola annuì piano, guardandolo.
Quando incontrò gli occhi del ragazzo, dimenticò tutto, e si perse in quelle pozze castane.
Anche Bellegrandi rimase immobile, fissando gli occhi della giovane. Le ciglia erano ancor umide per il pianto, e le guance erano leggermente arrossate.
Il trucco era sbavato, e c'erano un paio di strisce nere sulle sue gote.
Eppure, Mattia la vedeva bellissima.
Gabriele tossicchiò.
«Mi sa che è meglio se li mandiamo tutti fuori dalla palle, eh?»
Cristian annuì e lo seguì fuori dalla cucina.
Li sentirono urlare qualcosa agli invitati, e pochi minuti dopo la musica si fermò.


«Davvero Sabrina, grazie infinite. Sei stata straordinaria. E anche tuo fratello. E Giorgio, Gabriele, Cristian... tutti. Nessuno avrebbe fatto tutto questo per una sconosciuta».
«Poli, non c'è problema» le sorrise la mora mentre si infilava nel letto a una piazza e mezza che avrebbero condiviso per quella notte.
Paola si sdraiò a sua volta e chiuse gli occhi, mente Sabrina spegneva la luce.
Conosci gente. Fatto.
Rivedi quegli occhi. Fatto e rifatto.

Sorrise nel buio, e poco dopo scivolò in un sonno senza sogni.

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