Capitolo 7

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Non appena varcarono la porta di casa Lo Presti, Sabrina superò tutti e si lanciò verso il corridoio.
«Io vado al cesso!» gridò entrando nella prima porta sulla destra.
Paola sentì Cristian borbottare qualcosa che suonava molto come "potevi anche dire bagno".
Ridacchiò e si guardò intorno.
Quella era la seconda volta che metteva piede in quella casa, eppure non sembrava la stessa della sera prima.
La sala sembrava anche più grande, illuminata dal sole del pomeriggio.
C'erano due grandi divani bianchi, sufficienti per accogliere quattro persone ciascuno; contro una parete, di fronte ai sofà, era appeso un enorme televisore nero, con lo schermo piatto lucido.
Tutto intorno alla televisione, c'era una libreria bianca piena di tomi che arrivava fino al soffitto.
Più in là, vicino alla porta che portava alla sala da pranzo, c'era uno scrittoio antico, in legno scuro elaborato. Sopra era stato posto un computer, anche quello di ultima generazione.
Cristian e Gabriele si spaparanzarono su uno dei divani, sbadigliando e stiracchiandosi.
«Quando arrivano gli altri?» bofonchiò il moro.
«Giorgio passava a prendere Francesca, e Davide dovrebbe essere qui a momenti».
Mattia prese posto sull'altro divano, appoggiandosi mollemente sopra ad uno dei due braccioli.
«Siediti pure Paola» disse Cristian ad un tratto, come se si fosse ricordato che c'era anche lei.
La ragazza gli sorrise.
Stava per prendere posto accanto a Gabriele, ignorando palesemente gli occhi di Bellegrandi che la trapassavano da parte a parte, quando il campanello suonò.
«Vai tu?». Cristian aveva l'aria di uno che ci avrebbe messo almen ootto ore per alzarsi dal divano.
Paola annuì sorridendo e corse alla porta d'ingresso.
Quando l'aprì si trovò di fronte Davide e dietro di lui, un Giorgio particolarmente di buon umore che stringeva la vita di una ragazza dai capelli ricci nerissimi.
Davide salutò Paola ed entrò in casa, buttandosi addosso al moro.
«Ciao Poli» disse Giorgio, entrando a sua volta. «Lei è Francesca».
La ragazza riccia le sorrise e tese la mano. «Piacere».
Poli la strinse e si presentò, poi li seguì in sala.
Giorgio si sedette in fianco a Cristian, facendo sedere Francesca sulle sue ginocchia.
«Oh, ciao ragazzi» salutò Sabrina, rientrando nella stanza.
Lanciò un'occhiata a Mattia, solo sul divano.
Si avvicinò a Paola e la spinse di lato, facendola rovinare in fianco al moro, sul divano.
«Non vorrai lasciare tutto il divano a Bellegrandi, vero?» ridacchiò la mora, ignorando lo sguardo assassino dell'amica.
Aveva già sopportato il breve tragitto in macchina con lui (per lo più fatto di occhiate insistenti da parte del ragazzo), non poteva passarci il pomeriggio accanto. Non avrebbe retto.
La metteva a disagio; era così attraente, così misterioso e sicuro di sé, che lei si sentiva una stupida dodicenne alle prese con la prima cotta.
La faceva sentire più insicura di quello che era di solito.
Si accorse, con un tuffo al cuore, che a causa dello spintone della mora, gli era finita addosso.
Lui la stava guardando divertito; Paola si sedette dignitosamente, facendo finta di niente.
«Che film guardiamo?» rise Gabriele, a cui non era sfuggito lo scambio di sguardi sul divano vicino.
«Un horror» cinguettò Sabrina.
Poli gemette sommessamente, guadagnandosi l'ennesimo sguardo da parte del moro.
«Okay, perfetto» acconsentì Davide, alzandosi per osservare l'incredibile quantità di dvd su una delle mensole della libreria.
Passò qualche istante, poi il nero si voltò, stringendone uno tra le mani.
«Scream?» propose.
Gli altri annuirono entusiasti, mentre Poli sprofondò ulteriormente nel divano; la maschera dell'assassino di Scream la terrorizzava, persino in Scary Movie.
Non appena partì il film qualcuno chiuse le imposte delle finestre, facendo piombare la stanza nel buio; la ragazza respirò a fondo, ignorando il brivido di paura che le percorse la schiena.
Non era fatta per vedere i film horror, non era coraggiosa. Ecco perché ne aveva visti solo tre o quattro, tutti guardati attraverso uno spiraglio lasciato tra le dita delle mani tenute davanti agli occhi.
Nel film, la bionda rispose al telefono, e la voce dell'assassino risuonò nella casa.
Nella sala i ragazzi si sistemarono meglio; Sabrina ghignò al fianco di Poli e Francesca rabbrividì.
«Ci vorrebbero dei pop corn» mormorò la mora; Davide annuì con convinzione.
«Vado io» si offrì Paola, per nulla desiderosa di scoprire cos'avrebbe fatto l'assassino al ragazzo della bionda.
Si alzò dal divano, raggiungendo la cucina più in fretta che poté.
Si guardò intorno, cercando di immaginare dove i Lo Presti conservavano gli snacks. Provò con un'antina, ma si rivelò essere un mobile pieno di pentole.
«Sono lì».
Quasi gridò per lo spavento.
Di sottofondo si sentivano le urla della bionda nel film e la classica musica da film dell'orrore.
Si voltò verso la porta e tirò un sospiro di sollievo quando vide Bellegrandi.
Non che non avesse riconosciuto la voce.
Il moro si avvicinò ad un'anta e ne estrasse due pacchi di pop corn e uno enorme di patatine grigliate.
In un altro mobile pescò due ciotole giganti in cui versò il contenuto delle confezioni.
«Ti fa paura il film?» ghignò Mattia mentre compiva l'operazione.
Paola annuì con non chalance.
«Tutti i film horror mi terrorizzano. Tu non hai paura?»
Lui scosse il capo. «Sono solo film. È tutta finzione».
«Lo so ma...»
«Ma?»
«Fanno paura» borbottò lei.
Bellegrandi sorrise. «Dai, andiamo di là».
Lei lo guardò interrogativa.
«Non ti lascerò fare la strada da sola; e se qualcuno ti attaccasse?»
Paola mugugnò qualcosa, segretamente grata al ragazzo.


Il film durò meno del previsto, e quando la tenue luce del tardop omeriggio illuminò la sala, Paola sospirò di sollievo.
Non era stato così male, dopotutto. Ma probabilmente era stato tutto merito della vicinanza di Bellegrandi, che aveva sorriso ad ogni suo sobbalzo.
«E ora che si fa?» chiese Sabrina, esaltata dal film.
Era incredibile: non aveva mai gridato, o comunque mai dato l'idea di essersi spaventata. Si era limitata a ridere o a mormorare imprecazioni di tanto in tanto.
Gabriele si era addormentato, e proprio in quel momento si stava risvegliando pigramente.
Giorgio, Cristian e Francesca avevano espressioni un po' scioccate; Davide era pallido. Mattia invece era rimasto impassibile, la testa sostenuta dal pugno chiuso.
«Ho un idea» biascicò Gabriele, cercando di apparire sveglio e vigile.
«Sarebbe?» domandò Sabrina, scettica e divertita al tempo stesso.
«Obbligo o verità» disse Tufi, illuminandosi.
«No» borbottò Davide.
Sabrina e Paola gli fecero da eco, contrariate.
«Voi siete d'accordo?» chiese Gabriele agli altri, ignorandoli.
Nessun altro ebbe da ridire.
«La maggioranza vince» disse Giorgio ridacchiando.
Tutti si sedettero per terra a gambe incrociate, chi entusiasta e chi molto meno.
«Bene Gabri, inizio io» ringhiò Davide, desideroso di vendetta.
Quello scrollò le spalle, tranquillo.
«Obbligo o verità?»
«Obbligo».
«Benissimo. Togliti maglietta, sciarpa e pantaloni».
Tutti esplosero a ridere, Gabriele compreso.
«Amico, sai che per me non è un problema».
«Ci sono anche delle ragazze» ricordò Bellegrandi, sornione.
«Datti una mossa» intimò Davide al bruno.
In un batter d'occhio Gabriele rimase in boxer e scarpe, scatenando l'ilarità nella stanza.
«Tocca a me». Giorgio guardò Paola.
«Con quanti ragazzi sei stata?»
La giovane sentì la bocca seccarsi e il respiro incespicarle nella gola.
Non si aspettava una domanda del genere. Ma vedeva, dallo sguardo di Giorgio, che non l'aveva fatto per metterla a disagio. Dopotutto, non le aveva chiesto qual era la sua posizione preferita a letto o con quanti ragazzi avesse fatto sesso. Era davvero una domanda tranquilla.
Tuttavia, le mani iniziarono a sudarle. Poteva mentire. Non potevano sapere se era stata sincera.
Eppure sentiva che lì non l'avrebbero giudicata; sentiva che in quel luogo, insieme a quelle persone, non c'era spazio per le bugie.
«Nessuno» disse in un bisbiglio.
Giorgio diede di gomito a Cristian, e insieme osservarono Mattia, che fissava Paola con espressione indecifrabile. Ma la ragazza non li notò affatto, impegnata com'era a fissare le sfumature più scure del parquet su cui era seduta.
«Tocca a me ora!» esclamò Sabrina.
Si osservò intorno e il suo sguardo si posò su Mattia. Ghignò.
«Obbligo o verità?»
Lui ci pensò brevemente. «Obbligo».
La mora finse di riflettere. «Dai un bacio a Paola. Scegli tu come» sogghignò.
L'interessata sentì il cuore mancare un battito e la bocca prosciugarsi ulteriormente. Si stava per sentire male. Fissò ostinatamente il pavimento, come se ciò che accadeva intorno a lei non la riguardasse minimamente.
Quando però, con la coda dell'occhio, vide Bellegrandi avvicinarsi, non poté più fare finta di nulla. Il ragazzo si fermò davanti a lei.
«Ci tocca» sorrise.
Lei sollevò la testa, arrendendosi.
Vedeva il viso di Mattia farsi sempre più vicino; quando una mano del ragazzo le afferrò delicatamente il mento, si trattenne dallo sgranare gli occhi.
Si sentì voltare la testa di lato, e avvertì il velo di barba solleticarle la gota; subito dopo sentì la morbidezza delle labbra carnose del moro che premevano sulla sua guancia. Durò pochi secondi, ed era solo un bacio sulla guancia, eppure a lei sembrò l'esperienza più sensuale ed infinita della sua vita.
Poteva giurare di aver sentito, per una frazione di secondo, il respiro caldo di Mattia sulla pelle.
Si allontanò lentamente dal viso della ragazza e le sorrise rassicurante.
Lei rimase interdetta.
Non sapeva se essere offesa dal gesto di Bellegrandi – era davvero così inguardabile da non meritarsi un bacio sulla bocca?- oppure lusingata– se non l'aveva baciata forse aveva rispetto per lei-.
Intorno a loro, gli altri guardavano la scena immobili. Forse non era stata l'unica a notare la sensualità del bacio. O forse loro stavano osservando il rossore che si spargeva sul suo volto.
Merda.
«Okay, vado io» s'inserì Gabriele, spezzando la magia del momento. «Cristian. Obbligo o verità?»
L'amico lo fissò, sospettoso. «Verità».
«Oh, quanto ho sperato che scegliessi verità!» esclamò entusiasta. «Quanto duri a letto?»
Magia decisamente spezzata.
Sabrina si tappò le orecchie con le mani, disgustata. Iniziò a canticchiare sottovoce per essere sicura di non sentire la risposta.
Cristian ridacchiò. «Ti interessa, Gabri?»
«Rispondi e basta».
«Una volta io e Nikki l'abbiamo fatto per quaranta minuti».
«Pivello» sghignazzò Mattia. «Ecco perché ti ha lasciato».
L'argomento sesso metteva in seria difficoltà Poli, che infatti avvampò.
Non era proprio abituata a parlarne: con Vanessa – lo stomaco si contrasse nel pensare alla sua ex migliore amica – ne parlava raramente (ovviamente solo delle avventure dell'altra); con i suoi non era esattamente un tabù, ma nemmeno un argomento facile da affrontare. Le sue più grandi fonti di sapere in ambito sessuale erano state le lezioni di educazione alla sessualità in terza superiore, punto.
«Perché, qual è il tuo record?» gli chiese Cristian, infastidito.
«Non penso che te lo dirò».
L'altro borbottò qualcosa di indistinto.


Un'ora dopo tutti stavano ancora ridendo, e Poli dovette ammettere che si trovava davvero bene con loro.
Erano allegri, un po' pervertiti forse, e questo la faceva divertire, incredibilmente.
«Io devo andare» annunciò ad un certo punto.
«Sei sicura?» chiese Sabrina.
«Sì, si è fatto tardi».
Si alzò e recuperò lo zaino nell'ingresso.
«Ti accompagno» si offrì Mattia, alzandosi a sua volta.
«Non è necessario, non disturbarti...» protestò debolmente la ragazza.
«Nessun disturbo».
Uscirono da casa Lo Presti dopo aver salutato tutti; fuori si stava alzando un vento fresco e forte.
«Ti ha fatto paura il film?»
Poli annuì imbarazzata. «Parecchio» ammise.
Rimasero in silenzio per qualche metro.
«E così, Paola Marotta non ha mai avuto un ragazzo».
Sentì le guance andarle a fuoco.
Non rispose, si limitò a fare un versetto.
«Non essere imbarazzata, non è un male».
Mattia Bellegrandi era una continua scoperta. Solo la mattina precedente si era presentato come un Don Giovanni, vantandosi delle sue conquiste. Quel giorno invece la trattava con i guanti e in maniera talmente rispettosa e cauta da sembrare un ragazzo d'altri tempi.
Camminarono in silenzio per qualche minuto, entrambi persi nei loro pensieri.
Incredibilmente, fu Paola a spezzare la quiete.
«Mattia io... mi sono resa conto di non averti mai veramente ringraziato per quello che hai fatto per me ieri sera. Sabrina mi ha raccontato di quanto mi hai aiutata e... mi sembrava doveroso dirti grazie» disse tutto d'un fiato, tenendo lo sguardo incollato al marciapiede.
Il moro annuì. «Non preoccuparti. Dovere» sorrise.
Giunsero davanti a casa Marotta.
«Eccomi» sussurrò Poli, fissando la sua cassetta delle lettere.
«Eccoti» le fece eco lui, la voce roca.
Lei si passò una mano tra i boccoli, nervosamente.
«Ci vediamo...?»
Involontariamente, il suo tono era sembrato interrogativo. Oh, no. Ora gli sarebbe sembrata una che si è montata la testa, e talmente insicura da chiedere conferma per rivedersi. Una catastrofe. Come sempre.
«Ci vediamo domani, a psicologia» le soffiò lui, a pochi centimetri di distanza.
Lei annuì debolmente, tutte le sue facoltà di intendere e di volere mandate all'aria dalla vicinanza di Mattia.
«Buonanotte Paola» mormorò lui. Avvicinò una mano al viso di lei e le spostò dal viso una ciocca di capelli biondi, sistemandogliela dietro all'orecchio.
Lei trattenne il respiro per tutto il tempo, in attesa di... nulla.
Lui allontanò la mano e pose una ragionevole distanza tra loro.
Gli occhi del ragazzo bruciavano; sembravano vivi. Occhi incredibili, così caldi che se si posavano addosso ti scottavano.
Occhi peccaminosi.
Paola scosse la testa come per scacciare quei pensieri, pensieri che mai aveva fatto ma che quel ragazzo le innescava inconsciamente – o ne era consapevole?-.
«Buonanotte Mattia» disse lei con un filo di voce.
Entrò nel giardino di casa e raggiunse la porta.
Quando entrò e si voltò per chiuderla, lui era ancora lì che la fissava. Lo salutò con la mano, e lui rispose al saluto.
Quando finalmente chiuse la porta d'ingresso, il cuore le batteva a mille e si sentiva le guance in fiamme.
Sorrise.

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