«Devi venire qui subito».
La voce di Sabrina proveniva dal telefono, agitata.
«Non so se-»
«Perché hai il fiatone? Stai ansimando».
Poli si morsicò il labbro.
«Ti stai forse masturbando, zozza?»
«Sabrina Lo Presti!» esclamò oltraggiata. «Ma non eri disperata?» sibilò all'amica.
«Sì» fece l'altra, tornando seria di colpo.
«Ci vediamo dopo» concluse, riponendo il telefono nella borsa.
Mattia sorrise nell'incavo del suo collo. «Ha finito di farti il quarto grado, zozza?»
Paola avvampò, cercando di spingerlo via, con poca convinzione.
Lui tornò a baciarle il collo, premendola di più contro il muro del vicolo in cui si erano cacciati.
«Hai... hai sentito?»
Lui annuì, facendo saettare la lingua alla base del collo di lei per una frazione di secondo.
«Tutto?»
«Mmm». Si allontanò da lei quel tanto che bastava per guardarla negli occhi. «Allora? Lo fai?»
«Cosa?»
Lui sorrise. «Non ti mast-»
«Dobbiamo andare, Mattia» lo bloccò lei, prendendolo per un braccio e trascinandolo fuori da quella stradina angusta, ignorando la sua risata sonora.
Era una gran bella risata. Leggera e spensierata.
«Sei adorabile quando ti imbarazzi» sorrise lui, osservandola mentre camminavano per il marciapiede.
Lei lo guardò interrogativa.
«Arrossisci e abbassi gli occhi. E le ciglia ti sfiorano le guance...» la osservò qualche istante. «E ti mordicchi il labbro» concluse, ridacchiando.
Lei smise all'istante di farlo.
«Allora, si può sapere che succede?» chiese Bellegrandi indicando la borsa di Poli con un cenno del capo.
«Non lo so, ma è agitatissima».
«Probabilmente c'entra Gabriele. Forse Cristian ha scoperto tutto!... No, mi avrebbe già telefonato» ci ripensò.
«Non ne ho idea... e se fosse qualcosa di veramente grave?»
«Ha trovato il tempo di notare che ansimavi. Non so fino a che punto possa essere sconvolta».
La giovane annuì, pensierosa.
In pochi minuti giunsero alla casa dei Lo Presti.
Mattia suonò il campanello, mentre Poli lo osservava di nascosto.
Adorava la linea della mascella, così dannatamente perfetta... e i capelli. Avrebbe giurato che fossero morbidi e setosi, meravigliosi da accarezzare. Si riscosse da quei pensieri quando la porta si aprì.
Sabrina li squadrò.
«Ecco perché ansimavi. Va be', poi mi racconti tutto, Bei Boccoli» l'ammonì, prendendola per un braccio e tirandola in casa.
Paola fece appena in tempo ad intravedere Cristian e Gabriele sul divano, totalmente assorbiti dalla partita, per poi essere catapultata in camera della mora.
Era la prima volta che ci entrava: era molto grande, con le pareti blu chiaro e un letto bianco a una piazza e mezza.
Anche il tappeto alto e soffice sul pavimento era candido, così come l'armadio e il comodino.
La scrivania era di legno scuro, ma ornata da qualsiasi tipo di cianfrusaglia: fiocchi di pacchetti regalo, fiori finti disposti qua e là, fermacarte dalle forme stravaganti, e un numero indefinito di portapenne.
«Si può sapere che succede?»
Sabrina le indicò il letto. «Siediti».
Poli obbedì e la fissò, in attesa.
L'altr aprese un respiro profondo. «Gabriele viene a stare da noi per tre giorni».
«Eh?!»
«Te l'avevo detto io che si trattava di una catastrofe. Di dimensioni mastodontiche».
«Be'... vorrà dire che passerai molto tempo fuori casa, ma soprattutto che cercherai di stargli lontano... non può essere così difficile. Dopotutto andate a scuola insieme da cinque anni».
L'altra la guardò con aria colpevole. Troppo colpevole. Talmente colpevole che cambiò argomento.
«Ma con Bellegrandi?»
Paola la squadrò qualche secondo prima di rispondere.
«Abbiamo parlato».
«Sul serio? E ti ha spiegato tutto?»
«Ogni cosa».
«Quindi è tutto a posto?»
L'altra annuì sorridente. «Sì».
«Ma state insieme?»
«No be'... non siamo nemmeno mai usciti».
«Succederà presto, vedrai».
Poli sorrise di più. «Lo spero».
«Passa quella cazzo di palla» sbottò Mattia.
«Sta volta perdiamo».
«Ti spiace non portare sfiga, Gabri?» lo riprese il moro, tenendo gli occhi incollati allo schermo.
«Che mi dici di Paola?» chiese Cristian.
Mattia sorrise senza nemmeno rendersene conto. «Le ho raccontato tutto».
«E non è scappata a gambe levate?»
«Gabri, vaffanculo. Le ho detto tutto, e alla fine mi ha rassicurato. Capisci perché dico che è incredibile? È la persona più dolce che io abbia mai conosciuto... così premurosa e attenta. L'unica cosa che mi preoccupa è che è un po' troppo buona. Rischia di diventare ingenua. Non tutte le persone sono oneste, e potrebbe provarlo sulla sua pelle».
«Anche Francesca era ingenua, ti ricordi?» rammentò Cristian.
Gabriele scosse il capo. «Dopo tre anni con Giorgio, chiunque imparerebbe a non essere ingenuo».
«Mi piace davvero» concluse Mattia, fissandosi le ginocchia.
«Sono felice per te, amico» sorrise Cristian, bevendo un sorso della sua birra.
Anche il bruno sorrise. «Era ora, Bellegrandi».
Passarono altri minuti a sbraitare contro i giocatori, sfoggiando un repertorio di parolacce invidiabili, poi Mattia fissò Gabriele.
«Gabri, vieni un attimo fuori con me?»
«Ma se a te piace fumare da solo...» borbottò il bruno, mangiucchiando una manciata di patatine.
«Sì, ma devo chiederti una cosa» insisté minaccioso.
Il ragazzo distolse finalmente lo sguardo dallo schermo e guardò l'amico.
L'espressione seria e vagamente minacciosa di Bellegrandi lo convinse ad alzarsi e a seguirlo.
Non appena giunsero all'esterno della villa, Mattia si accese una sigaretta e osservò il ragazzo di fronte a lui.
«Dimmi che il motivo per cui hai scelto di stare qui per tre giorni è la piscina e non Sabrina».
Gabriele sostenne il suo sguardo. «Guarda che me l'ha chiesto Cristian se volevo stare qui».
«E Cristian sa che ti scopi sua sorella?»
«Abbassa la voce!»
Lo sguardo di Mattia non era rilassato. «Non puoi prenderla in giro così, lo sai».
«Io non prendo in giro nessuno. Fa tutto lei! Hai visto oggi, no? Mi ha aggredito a scuola, dicendomi che non dovevamo più andare a letto insieme. E dopo l'ora di educazione fisica mi ha trascinato nello stanzino degli attrezzi-»
«L'avete fatto anche oggi?» chiese il moro, stralunato.
L'altro annuì.
Bellegrandi assottigliò gli occhi. «Quando Cristian lo scoprirà, perché lo scoprirà, io non ti aiuterò. Dovete dirglielo, Gabri. Questa storia sta andando avanti da un pezzo».
«Be', non tutti abbiamo la fortuna di essere colpiti da un fulmine come te e Paola» frecciò il bruno. «E nemmeno tu hai detto a nessuno di te e lei».
Lui lo guardò incredulo. «Ma se lo sapete tutti che mi piace!»
«Sì be'... non ne hai mai parlato ai tuoi».
«L'ho baciata ieri, Gabri. Prima pensavo di uscirci, sai com'è».
L'altro borbottò qualcosa di incomprensibile, poi fissò il prato curato sotto ai suoi piedi.
«Sabrina non è normale» disse ad un tratto.
Mattia inarcò un sopracciglio. «Non riesco a capire se le stai facendo un complimento o no».
«Lei è così... fottutamente diversa da tutte quelle che ho conosciuto! Non so mai come comportarmi con lei! Un secondo prima è tutta allegra e sorridente, e subito dopo diventa scontrosa, irritabile, cattiva...»
«Cattiva? Dai, Sabrina non è cattiv-»
«Non l'hai vista l'altro giorno quando Adele Rapino mi ha chiesto se poteva stare con me durante la pausa pranzo».
Il moro scoppiò a ridere. «Del tipo?»
«Del tipo che le ha detto qualcosa come: "evapora, tu e le tue tette gigantesche. Sempre che il silicone possa evaporare. Forse dandoti fuoco"».
Mattia rise tanto da rimanere senza fiato. «Non potrebbe... essere...» cercò di dire tra le risate, «che Sabrina sia... gelosa?»
Gabriele scosse la testa disgustato. «Amico, non si scherza su queste cose. Ricordi? Gelosia uguale sentimenti strani che ti fanno passare la fame e ti fanno controllare facebook centodieci volte al giorno. Assolutamente no. Lei non è gelosa, io non sono geloso, nessun sentimento. Solo del gran sesso».
L'altro decise che non lo avrebbe torturato ulteriormente: Tufi sembrava già abbastanza provato. Gli pose la domanda che – sapeva – stava aspettando.
«Allora... è brava a letto?»
Gli occhi di Gabriele si illuminarono. Finalmente un argomento in cui sapeva muoversi.
«Cristo santo» sputò, perso in chissà quali pensieri. «Lei è... dannatamente brava. Sta sempre sopra... se escludi le volte che l'abbiamo fatto in piedi. Comunque. E fa certe cose con la bocca...» lo sguardo si perse. «Se solo penso che la prima volta era vergine».
Si accorse di aver parlato troppo quando vide lo sguardo indignato di Mattia perforarlo.
«Gabri, dimmi che stai scherzando».
Era minaccioso. Sembrava il Mattia di qualche tempo prima che andava in giro a minacciare persone a caso.
«Nemmeno io mi sono mai abbassato a tanto!» sibilò il moro. «Per una ragazza, la prima volta è importante. In genere rimangono legate in qualche modo al loro primo ragazzo. Non puoi essere stato tanto stupido... "solo sesso" con una vergine? Buona fortuna, amico».
«Anche lei lo dice che è solo sesso» proruppe Gabriele con tono lamentoso.«Non si aspetta niente di più. Non vuole niente di più».
Mattia spense sotto la scarpa la sigaretta ormai finita e raccolse il mozzicone per buttarlo nella spazzatura. «Secondo me faresti meglio a parlarne con Cristian» insisté.
«Forse...» fece l'altro, vago.
«Io devo parlare con Paola ora» annunciò, rientrando in casa.
Le due ragazze erano sdraiate a pancia in giù sul letto, il pc davanti alle loro facce.
«Questa è Nikki» disse Sabrina indicando una ragazza sullo schermo.
Nikki era alta quasi quanto Cristian, che nella foto la cingeva per la vita; aveva lunghissimi capelli neri leggermente mossi che le arrivavano fino ai fianchi. Non ne era sicura, data la scarsa qualità della foto, ma a Paola quelli sembravano occhi viola.
«Ha... ha gli occhi viola?» chiese stranita.
L'altra annuì, alzando gli occhi al cielo. «Nikki ha gli occhi blu e viola. Uno dei motivi per cui Cristian si innamorò di lei» spiegò, mentre faceva scorrere le immagini sul computer.
«Ed eccola qui: Alessia».
Alessia aveva capelli neri riccissimi, rasati da un lato e lunghi fino al seno dall'altro. Gli occhi erano di un inconfondibile azzurro ghiaccio, e la pelle era persino più chiara di quella di Poli. Sembrava di porcellana.
«Dio mio, ma sono bellissime» piagnucolò.
Anche se qualcosa guastava il viso di Alessia nella foto. Sì. Era quel sorrisino languido disegnato sulle labbra tinte di rosso. Decisamente troppo esplicito.
«Sì, ma sono diverse. Molto diverse. Alessia è una puttanella che si è ripassata tutta la parte maschile della scuola. Nikki no».
«Perché lei e Cristian si sono lasciati?»
«L'ha lasciata lui» disse con un pizzico di rabbia nella voce. «Le ha detto che era innamorato di un'altra. E non era vero. Non chiedermi il perché».
Qualcuno bussò alla porta della camera.
«Chi è?» abbaiò la mora.
La voce di Mattia grugnì qualcosa dall'altra parte.
«Entra».
Il ragazzo aprì la porta bianca e camminò nella stanza. «Poli, andiamo? Ti accompagno a casa».
«Ma chi sei, suo padre?» s'intromise Sabrina, aspra.
I due la guardarono male.
«Arrivo» disse Poli, alzandosi dal letto. Si rimise le scarpe e si osservò brevemente allo specchio ovale appeso al muro. «Ci vediamo domani Sabri?»
Quella annuì, scrutando lo schermo del computer.
«Se hai bisogno chiamami».
Sabrina annuì di nuovo.
Lei e Mattia uscirono dalla camera e raggiunsero il piano terra, dove Cristian e Gabriele stavano ancora insultando – gratuitamente – i giocatori.
«Noi andiamo» annunciò il moro. I due fecero un cenno con la mano.
Il ragazzo scosse la testa sorridendo e aprì la porta, seguendo Poli fuori dalla casa.
Camminando, lui teneva ostinatamente lo sguardo basso, mentre lei si scervellava per trovare un argomento.
Mentre si spremeva le meningi però, Bellegrandi le afferrò gentilmente un polso, facendola fermare.
«Se non te lo chiedo ora impazzisco» sbottò lui.
Poli lo fissò stranita. Forse era pazzo.
«Ti va di uscire con me domani sera?». La guardò dritto negli occhi, ignaro del fatto che le gambe della giovane si stessero trasformando in gelatina.
Lei deglutì a vuoto.
«Potremmo andare al cinema... o a fare una passeggiata... non sono bravo con gli appuntamenti» sembrava agitato.
«Sì, mi va di uscire con te» lo interruppe lei. «E va bene qualsiasi cosa» aggiunse con un piccolo sorriso.
Lui non riuscì a trattenersi, e le scoccò un bacio sulle labbra.«Perfetto. Se ti scrivo stasera pensi di rispondermi?»
Poli ridacchiò. «Sì, certo».
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L'amore è qua
Romance«Un bacio sulla guancia» era disgustato. «Di nuovo». «Sta’ zitto Gabri. Sto cercando di seguire». Il bruno non si arrese, e prese il gomito dell’amico, facendolo distrarre nuovamente. «Voglio seguire questa fottuta lezione, Gabriele. Lasciami in pac...