Era una sera come tante a casa Marotta: i due coniugi se ne stavano seduti sul divano guardando una sitcom davvero pessima, ridacchiando di tanto in tanto e sorseggiando un caffè ormai tiepido; Paola era accucciata ai piedi della poltrona, il cellulare tra le mani sottili, intenta a rispondere agli sms di Sabrina. La mora non se la passava tanto bene all'ospedale: Cristian aveva scoperto della visita di Nikki solo grazie alla lingua lunga di un'infermiera, ed era immediatamente andato a scontrarsi con la sorella. Anche se naturalmente lei aveva vinto l'acceso diverbio, comunque lui le teneva il broncio per il fatto che Sabrina aveva cercato di tenerlo all'oscuro.
Stefano grugnì qualcosa e Giorgia annuì, lo sguardo fisso sullo schermo piatto.
Un messaggio appena ricevuto, fece sgranare gli occhi di Paola. Il suo giovedì sera rischiava di diventare agghiacciante.
«Mamma, dovrebbe arrivare-»
Non fece neanche in tempo a finire di parlare che il campanello suonò.
«Chi diavolo è a quest'ora?» bofonchiò il signor Marotta.
«Sono le otto e mezza, papà» sospirò la figlia alzando gli occhi al cielo.
«Le famiglie normali a quest'ora sono in salotto tutti insieme. Chi diavolo può essere?» ripeté.
Decisamente non era il modo migliore di cominciare.
Ignorò i borbottii infastiditi di Stefano Marotta e raggiunse la porta d'ingresso, il cuore che batteva furiosamente contro la cassa toracica.
Quando spalancò l'uscio, il sorriso splendente del suo ragazzo - sì, ci stava decisamente prendendo gusto a chiamarlo così - l'abbagliò.
«Buonasera» la salutò lui, impeccabile. Sembrava una sorta di damerino nei modi. Stava cercando di sedurla?
«Ciao» mormorò nervosamente, guardandosi alle spalle.
«Che c'è?» chiese lui, accigliato.
Paola sospirò rassegnata. «Forse non è il momento più adatto-» tentò, ma una voce aspra la interruppe.
«Si può sapere chi è?»
Stefano sbucò nell'ingresso, un'espressione di puro fastidio dipinta sul volto.
«Un mio amico» farfugliò la figlia.
Mattia la guardò scioccato, entrambe le sopracciglia che minacciavano di sparire sotto al ciuffo da tanto erano inarcate.
«Non lo sanno ancora?»
Il tono di entrambi gli uomini era straordinariamente minaccioso.
«Da quando hai amici maschi? E che razza di amico piomba a casa della gente a quest'ora?» ringhiò il signor Marotta.
«Papà, ti prego» si ritrovò a sibilare lei, sotto pressione. Aprì di più la porta, permettendo all'uomo di vedere il moro che se ne stava in piedi sullo zerbino.
«Ciao ragazzo» esordì il padre di Paola, usando un tono che doveva suonare cordiale, ma che non lo sembrava nemmeno un po'.
«Buonasera» mormorò il ragazzo, facendo qualche passo in avanti e tendendo la mano verso l'altro. «Sono Mattia Bellegrandi».
Stefano afferrò la mano e la strinse brevemente; Paola ebbe l'orribile sensazione che la stretta fosse stata un po' troppo ferrea.
«Bellegrandi... Bellegrandi... sei il figlio di Roberto Bellegrandi?» chiese ad un tratto.
Il moro annuì.
«Caro ragazzo!» esclamò il signor Marotta, gonfiando il petto.
Paola osservò la scena con la bocca socchiusa e gli occhi sbarrati.
«Io ti ho visto quando avevi solo due anni! Tuo padre è l'uomo che ha costruito questa casa! So che ha fatto un sacco di strada da allora, non è vero? Un'impresa edile!» urlò quasi, orgoglioso come se l'impresa in questione fosse la sua. «Lavorano anche all'estero, giusto?»
Mattia annuì nuovamente. «In questi giorni sono in Inghilterra. Un'importante palazzo. Credo per qualche organizzazione mondiale».
Stefano alternava vigorosi gesti del capo a imbarazzanti sorrisi a trentadue denti.
Dopo quelli che sembrarono anni, l'uomo parve accorgersi dell'espressione sconsolata della figlia.
«Paola! Perché diamine non mi hai mai detto di essere amica di questo ragazzo?» domandò non riuscendo a capacitarsi della cosa.
«Non credevo vi conosceste» si difese lei, parlando a denti stretti.
Grazie al cielo, la signora Marotta richiamò il marito dal salotto, ricordandogli che quello era un amico della figlia, non suo.
L'uomo sospirò sorridendo.
«Uscite?» chiese con l'aria di uno che la sapeva lunga.
«Se Paola ne ha voglia» disse Mattia cordiale; lei però riuscì a sentire il gelo sotto quelle parole.
Sentì immediatamente un groppo in gola.
L'aveva ferito di nuovo.
«Non tornare più tardi di mezzanotte, domani c'è scuola» continuò l'uomo, guardando la ragazza.
Lei annuì, per nulla ansiosa di trovarsi da sola con il giovane.
Naturalmente, dopo neanche dieci minuti, si ritrovò fuori di casa, la borsetta a tracolla e una giacca di lana e cotone stretta attorno al corpo. Ottobre era davvero freddo quell'anno.
Iniziarono a camminare in silenzio.
Lei si scoprì immediatamente insofferente a quell'attesa.
«Mi dispiace. Avrei dovuto parlarne ai miei» esordì a voce bassa. «Solo che... mi conosci, non sono pratica di queste cose, mi imbarazza parlarne persino con le mie amiche, figurati con i miei genitori» disse tutto d'un fiato.
Rimase senza parole quando il braccio di Mattia le avvolse le spalle.
«Tranquilla. Non sono arrabbiato. Non più, almeno. Avrei dovuto pensarci subito».
Si aggrappò alle spalle del ragazzo e gli stampò un bacio a fior di labbra.
«Non oso immaginare quando dovrai confessare a tua madre che non sei più vergine» mormorò lui contro le labbra della giovane, facendola arrossire.
«E quando succederà?» domandò lei, abbassando lo sguardo.
Lui trattenne il respiro. O forse fu solo un'impressione di Paola.
«Quando sarai pronta» sussurrò Mattia, passandole una mano tra i capelli.
Ripresero a camminare, le dita intrecciate tra loro.
«Perché sei venuto a casa mia?»
Il moro rimase in silenzio qualche istante.
«Perché avevo voglia di vederti».
«Be', grazie» sorrise lei.
«Per cosa?»
«Per essere venuto».
Le passò di nuovo una mano tra i capelli.
Erano vicini a casa di Mattia.
«Vuoi entrare? Mia madre non c'è»
Paola inarcò un sopracciglio. «Hai intenzione di attentare alla mia virtù?»
Lui scoppiò a ridere. «Mai, signorina» sussurrò ad un centimetro dalle sue labbra.
L'altra coprì immediatamente la ridicola distanza e lo baciò di slancio.
Era incredibile come lui riuscisse a metterla a proprio agio.
«Allora? Vuoi salire o no?»
«Sì».
«Aspetta lì» le bisbigliò Mattia ad un orecchio.
Lei rimase immobile sullo stipite della porta, leggermente confusa.
Il ragazzo si avvicinò alla scrivania e prese uno dei fogli tra le dita con delicatezza. Si portò di fronte alla giovane e glielo porse.
Paola afferrò il foglio; sapeva che avrebbe rivisto il suo ritratto, ma non credeva che sarebbe stato così sconvolgente.
Definirlo 'perfetto' era un eufemismo.
Era quanto di più simile ad una fotografia, e la lasciò a bocca aperta.
«Matti è... è meraviglioso. Grazie» mormorò emozionata, sfiorando con la punta delle dita i tratti leggeri del disegno.
«Sono felice che ti piaccia» disse lui portandosi alle sue spalle e appoggiando le labbra sulla nuca della ragazza.
Paola non sapeva se dirlo oppure no.
Sentiva che in qualche modo le sarebbe uscito.
Quindi forse era meglio formulare una frase di senso compiuto piuttosto che biascicarlo nel sonno.
Non l'aveva mai detto.
Forse non ne era nemmeno capace.
E se la sua lingua non avesse saputo articolare quelle parole?
«Mattia...»
Lui sospirò sulla sua pelle.
«Mm?»
Lei inspirò profondamente, sentendosi agitata come mai in vita sua.
«Io...»
Rimase di nuovo in silenzio, e sentì che la bocca del moro si allontanava dalla sua nuca.
Ecco, ora che lo aveva davanti agli occhi era anche più difficile.
«Che c'è, Poli?»
Decise che si sarebbe buttata.
Non voleva rimpianti.
Puntò il proprio sguardo in quelle pozze verdi.
«Ti amo» esalò di botto, ignorando bellamente la vocina nella sua testa che la insultava animatamente.
Un silenzio irreale seguì quelle parole.
Un secondo dopo, Mattia le fu praticamente addosso, mentre le baciava ripetutamente le labbra.
«Non hai idea... tu non sai quanto ho aspettato queste parole» sussurrò euforico, tenendole il viso tra le mani. «Ti amo anch'io, Paola. E se hai pensato, anche solo per un momento, che per me non fosse lo stesso... be', sei un'idiota» ridacchiò, facendo scontrare nuovamente le loro bocche.
Le lingue si fusero insieme, compiendo una danza che conoscevano solo loro, sancendo quelle parole.
Quando si staccarono per riprendere fiato, la giovane si sentiva frastornata, eccitata, felice ed emozionata.
Si tuffò tra le braccia del ragazzo, nascondendo il viso contro il suo petto.
«Sono pronta» bisbigliò timida.
Questa volta il respiro del moro si fermò veramente.
«Sono pronta... per te».
«Sei sicura?»
Lei si morse il labbro. «Sì».
Si amarono. Sapevano cosa aspettarsi. Sarebbe andato tutto bene.
«Il tuo cuore batte fortissimo» sorrise, disegnando disegni immaginari sul ventre del ragazzo.
Lui ridacchiò, stringendola a sé con un braccio.
«Il tuo batte fortissimo da mezz'ora».
Si sporse per baciarlo, trovandolo già teso verso di lei.
Fu un bacio leggerissimo, appena accennato.
Lui coprì tutti e due con il lenzuolo e la coperta.
Qualche minuto più tardi entrambi piombarono in un sonno profondo, l'uno abbracciato all'altra, le labbra di Mattia a sfiorarle i capelli.GUARDATEMI!
Visto che dopo questo capitolo mancano esattamente cinque capitoli + l'epilogo alla fine della storia, ho deciso di postarvi il primo capitolo della nuova storia su Mattia e Paola. Si chiama "30 cose da fare prima di partire". Passateci e fatemi sapere se vi piace :)
STAI LEGGENDO
L'amore è qua
Romance«Un bacio sulla guancia» era disgustato. «Di nuovo». «Sta’ zitto Gabri. Sto cercando di seguire». Il bruno non si arrese, e prese il gomito dell’amico, facendolo distrarre nuovamente. «Voglio seguire questa fottuta lezione, Gabriele. Lasciami in pac...