Poli uscì velocemente da casa sua, accaldata e assonnata.
Si sentiva la testa ancora un po' intontita e aveva lo stomaco chiuso, ma per il resto stava bene.
Era andata via da casa Lo Presti un'ora prima: doveva prendere lo zaino, cambiarsi e ritruccarsi.
Ora camminava a passo spedito lungo il marciapiede, sperando di non dover aspettare troppo per vedere Vanessa. Voleva raccontarle tutto.
Si sistemò meglio lo zaino sulla spalla e si guardò intorno. Della sua migliore amica non c'era traccia.
Si appoggiò alla staccionata della casa lì vicino, e sbuffò. Era in perfetto orario, e non voleva rischiare di arrivare tardi. Alla prima ora aveva biologia, con il nuovo professore, dato che quella a cui Bellegrandi aveva risposto male se ne era andata.
Rimase immobile ad aspettare per una manciata di minuti, ma niente. Strano. Vanessa era sempre puntuale.
Controllò il telefono per vedere se le aveva mandato qualche messaggio. Niente.
Sospirò e si staccò dalla staccionata, proseguendo verso la scuola. Fuori, com'era prevedibile, c'era già una piccola folla, in attesa di entrare.
Con lo sguardo cercò Bellegr...Vanessa. Cercò Vanessa.
Sì, sì, cerca Vanessa. Capelli scuri, corti ai lati e più lunghi al centro... occhi verdi con sfumature dorate... braccia muscolose ma non eccessivamente...
Sta' zitta.
Sentì una stretta alla bocca dello stomaco, ma la ignorò.
Finalmente individuò una testa bionda, in mezzo ad altre.
Vanessa.
Si insinuò tra la calca di persone, raggiungendola alle spalle.
«Vane» la salutò, sospirando.
Quella si voltò.
Ma c'era qualcosa che non andava. I suoi occhi chiari non brillavano come al solito; le labbra leggermente tinte di rosa non sorridevano. La sua mano non la stava salutando freneticamente, anzi, era abbandonata lungo il fianco.
«Vanessa, perché non mi hai aspettata?» chiese Paola.
La bionda la fissò con aria di sufficienza. «Mi sono dimenticata. Ora scusami, ma stavo parlando» sbottò, girandosi di nuovo e continuando a parlare con le altre ragazze. «Ehm... ciao ragazze» provò Poli, guardando Valentina e le altre. Quelle si guardarono a vicenda, imbarazzate, e puntarono gli occhi per terra.
Vanessa si voltò di nuovo.
«Ma non ci senti?» disse infastidita. «Stiamo parlando».
Paola scosse il capo, confusa. «E io non posso stare qui e parlare con voi?»
«Ehm...» mormorò l'altra, fingendo di pensarci. «Direi di no».
Se le avesse dato uno schiaffo, probabilmente le avrebbe fatto meno male.
Ma lei voleva troppo bene a Vanessa per lasciar perdere.
L'afferrò per un gomito e la voltò di nuovo verso di sé; lei si liberò immediatamente dalla sua stretta e la guardò male.
«Ma che fai?» gridò arrabbiata, facendo girare tutte le persone vicine.
Poli rimase interdetta, poi si riprese.
«No, che fai tu!»
La bionda la squadrò sprezzante. «Perché, cos'avrei fatto di male?»
«Non mi hai aspettata, non mi mandi nessun messaggio per dirmi che sei già a scuola. Arrivo qui e non mi saluti, loro non mi salutano... che diavolo ti è preso?»
Vanessa assottigliò gli occhi. «Ti assicuro che questo è niente rispetto a quello che tu hai
fatto a me» ringhiò.
«Cos'ho fatto? Perché ce l'hai con me?». Quasi le veniva da piangere.
«Dunque, vediamo. "Perché Vanessa è incazzata con Paola?". Opzione A: perché Paola è una stronza. Opzione B: perché Paola è una stronza ipocrita. Opzione C: perché Paola è una stronza, ipocrita e bugiarda!» urlò l'ultima parola, e ormai tutti gli sguardi erano puntati su di loro.
Poli sentì il respiro bloccarsi in gola.
«Tu-» provò a dire, ma l'amica la bloccò.
«La prossima volta che vai ad una festa senza dirmelo, almeno informa tua madre, così evito di metterla in imbarazzo» sibilò furiosa. Poi si alzò la manica della giacchetta rosa pallido e armeggiò con qualcosa che aveva al polso. Quando tirò fuori il braccialetto che Poli le aveva regalato il secondo anno di liceo, quella sbarrò gli occhi.
Vanessa lo buttò per terra, ai piedi dell'ormai ex migliore amica.
«Buona giornata Marotta» sputò, girandosi di nuovo verso le altre.
Poli sentiva un nodo in gola, e la sensazione di nausea aumentò.
Si chinò e raccolse il braccialetto, con la mano che tremava.
Sentiva tutti gli occhi dei presenti puntati su di sé; li ignorò e quando suonò la campanella si lanciò dentro l'istituto, il nodo in gola che diventava sempre più grande.
A testa bassa percorse il corridoio che portava al suo armadietto, ma dopo qualche passo andò a sbattere contro qualcosa.
Qualcuno.
«Marotta».
Riconobbe quella voce, ma non ebbe il coraggio di alzare lo sguardo.
«Be'?» disse Bellegrandi, infastidito.
Poli sospirò e ricacciò indietro le lacrime, poi lo guardò in pieno volto.
«Oh...ciao».
Lu ighignò. «Guarda che non devi sentirti in imbarazzo per ieri sera. Non è stata colpa tua...»
«Non mi sento in imbarazzo» lo interruppe lei. «Grazie comunque».
Fece per allontanarsi, ma lui l'afferrò per un braccio.
«Va tutto bene?»
Lei annuì.
La scrutò a lungo, alla ricerca di un qualsiasi dettaglio che testimoniava che in realtà non stava affatto bene.
«I tuoi ti hanno beccata?»
Lei lo fissò confusa, poi scosse il capo. «Sapevano che andavo ad una festa-»
«Sanno anche che sei collassata?»
«No. Glielo vuoi dire tu, magari?» sbottò.
In quel momento voleva solo starsene da sola. Il fatto che nella classe di biologia si sarebbe ritrovata Vanessa, Silvia, Bellegrandi e Tufi non la invogliava affatto ad andare a lezione.
«Se le cose ti vanno male, non prendertela con me» sibilò il moro, offeso. Le voltò le spalle e si allontanò velocemente, senza voltarsi.
Esasperata e infelice, si appoggiò contro il suo armadietto e sbuffò ,passandosi una mano tra i boccoli biondi.
Nonp oteva andare peggio quella giornata. La eleggeva a "Suprema giornata di merda di sempre".
«Cos'è, fai finta di non conoscermi? Ti ricordo che stanotte abbiamo dormito insieme».
Sabrina Lo Presti apparve nel suo campo visivo, sorridente e con una finta aria maliziosa.
«Ehi, ciao» disse Paola, cercando di recuperare quel poco di entusiasmo che le rimaneva.
«Ti senti in colpa? Fai bene, non si lascia di mattina la ragazza con cui hai dormito tutta la notte» disse la bionda, facendole l'occhiolino.
Un paio di ragazzi si voltarono verso di loro, confusi.
Paola si sforzò di ridacchiare, con un risultato patetico.
Finalmente Sabrina parve accorgersi del suo stato d'animo.
«Ehi Paola, è tutto a posto?»
La ragazza scosse il capo, e il nodo in gola si gonfiò fin quasi a soffocarla. Deglutì a fatica.
«La mia ex migliore amica mi odia» mormorò.
Dirlo ad alta voce lo fece sembrare ancora più grave. Non capiva perché Vanessa se la fosse presa tanto. Glielo avrebbe detto quella mattina, non era mica un segreto di Stato.
«Mi dispiace» sussurrò Sabrina sincera; le andò incontro e l'abbraccio.
Poli si beò di quell'abbraccio inaspettato.
«Perché?»
«Perché ieri non le ho detto che sarei andata alla festa... ma io ho deciso di venire solo un paio d'ore prima, non ero sicura. E glielo avrei detto stamattina, le avrei raccontato tutto. Ma lei ha reagito male, molto male» spiegò, parlando faticosamente a causa del groppo in gola, sempre più grande.
«Be', è una bella cretina» commentò l'altra.
«Ha persino buttato per terra il braccialetto che le ho regalato tre anni fa». La sua voce risultava strozzata.
Non ce la faceva più.
Scoppiò in lacrime, incredula per quello che Vanessa aveva fatto. Per la cattiveria con la quale le aveva sputato in faccia quelle parole; per il disgusto con cui aveva gettato a terra il sottile braccialetto d'argento.
Sabrina non disse nulla; si limitò ad accarezzarle la schiena e ad abbaiare a tutti quelli che si avvicinavano troppo di allontanarsi.
Il pianto durò pochi minuti, ma l'aiutò incredibilmente. Il nodo in gola si era rimpicciolito notevolmente, e si era sfogata.
Sospirò e si asciugò gli occhi con il fazzoletto che la bionda le tendeva.
La campanella suonò.
«Che materia hai ora?»
«Biologia» rispose Paola, prendendo il libro dall'armadietto.
«Idem» sorrise l'altra. «Andiamo?»
«Andiamo».
Il signor Mirone, nuovo professore di biologia, blaterava di qualcosa che aveva dei nomi assurdi, lunghissimi e impossibili da ricordare.
Paola non riusciva a stare attenta, per vari motivi: Vanessa, due banchi avanti a lei, parlottava sottovoce con Silvia; Bellegrandi, seduto al fianco di Tufi, le lanciava occhiate assassine; Sabrina, accanto a lei, stava cercando di convincerla a giocare a tris.
«Dai Poli» si lagnò la mora. «Guardami: sono devastata dalla noia. Non ti faccio tenerezza?»
L'altra ridacchiò, incredibilmente. Le piaceva Sabrina. Era così solare, così schietta e diretta. E sincera. Diceva sempre quello che aveva in mente.
«Tre partite. Ma se ne vinci due, cosa praticamente certa, mi rifiuterò di fare la terza. Okay?»
La mora sghignazzò. «Okay». Cominciò a tracciare le quattro righe su un foglio. Quando alzò in capo, fissò un punto dietro a Paola. «Non ti fa male la testa? Mattia te la sta perforando con gli occhi».
Paola avvampò ma cercò di rimanere impassibile.
«Credo che mi odi».
«Gli hai rubato il gel?»
Toccò a lei ridere. «No, è che... stamattina gli ho risposto un po' male» confessò, tornando seria.
«Perché? Che ti ha detto? Che gli hai detto?» borbottò l'altra, segnandouna 'x' al centro della tabella.
«L'hoincontrato subito dopo aver litigato con Vanessa e... non eroesattamente incline a raccontare tutto al primo cheincontravo».
Sabrinaannuì. «Capisco. È recuperabile. Probabilmente, se si fossetrattato del gel, a quest'ora ti avrebbe già pugnalata».
Paolarise di gusto, cercando di non fare troppo rumore.
Ilprofessore si guardò intorno per qualche secondo, poi tornò adosservare il libro e a parlare incessantemente; Vanessa invece sivoltò e fissò lei e Sabrina, gli occhi ridotti a duefessure.
«Aaah,ma impiccati»sussurrò la mora al suo fianco. Paola la guardò e vide che avevagli occhi puntati su Vanessa.
«Lasciaperdere» disse mestamente. «Ho vinto!» aggiunse poi, osservando latabella.
«Aspettaa cantare vittoria, bei boccoli. Ne abbiamo altre due dafare».
Paolaentrò in mensa nervosamente.
Conlo sguardò cercò il suo solito tavolo, dove Vanessa e le altremangiavano e chiacchieravano allegramente. Il suo posto vuotorisaltava come se fosse stato contornato di luci al neon.
Percorsela sala con lo sguardo.
Sabrinasisbracciava da un tavolo, circondata da almeno sei persone.
Paoladeglutì.
Nonamava essere al centro dell'attenzione. Scosse il capo,imbarazzata, e la mora parve capire al volo, perché le fecel'occhiolino e tornò a parlare con gli altri.
Rassegnata,uscì dalla mensa, raggiungendo il giardino.
Dinuovo, quando fu sulla porta, urtò qualcuno.
«Nonriesci proprio a guardare dove vai, vero?» commentò Bellegrandi,infastidito.
«Scusa»borbottò lei.
«Dovevai?»
«Tiinteressa?»
Luinon rispose, si limitò a fissarla.
«Stoandando in cortile. Contento?»
«Haigià mangiato?»
«No».
«Enon pranzi?»
«Tiinteressa?»
«Vuoidarci un taglio?»
Paolaalzògli occhi al cielo ma, suo malgrado, sorrise.
«Perchédiavolo stai sorridendo?»
Scosseil capo. «Nessun motivo». Si rabbuiò all'improvviso. «Ho benpoco da essere allegra».
«Perché?»
«Horotto con la mia migliore amica. Anzi, con tutte le mie amiche».
«Ah,ora si spiega il tuo comportamento di stamattina».
«Già»mormorò tetra.
Rimaseroin silenzio per qualche istante. «Io vado a leggere un po'»dichiarò Liz, uscendo nel cortile.
«Eio raggiungo Gabriele. Ci vediamo».
«Civediamo».
«Chefai oggi pomeriggio?»
Sabrinal'aveva affiancata mentre Paola camminava a passo spedito versol'uscita.
«Uhm...niente. Perché?»
«Tiva di venire a casa mia? Ci guardiamo un film tutti insieme».
«Tuttiinsieme?»
«Sì,ci sono anche gli amici di mio fratello, e Giorgio è con la suaragazza».
Policipensò su un attimo.
«Cisarà anche Mattia» disse la mora con espressione di chi la salunga.
«Dovrebbeimportarmi?» disse, cercando di apparire confusa.
«Machi vuoi prendere in giro?» ridacchiò Sabrina.
Nonappena furono fuori da scuola, individuarono Cristian. Era al volantedi un'auto blu scuro metallizzato.
Quandole vide diede un colpo di clacson.
«Allora?Vieni o no?»
Paolaprese un respiro profondo. Non fece in tempo ad annuire che Sabrinacominciò a trascinarla verso il fratello.
Inun secondo, Bellegrandi e Tufi le superarono e occuparono i sediliposteriori. Sentirono Cristian lamentarsi e implorarli di nonsporcargli la macchina.
«Iosto davanti con mio fratello, eh».
Primaancora di capire il significato delle parole dell'amica, Paola lavide sedersi in fianco a Cristian, lasciandole come unica alternativail terzo sedile posteriore.
Quandoaprì la portiera si trovò davanti Bellegrandi che sorrideva.
Luipicchiettò con la mano il sedile vuoto.
Perun attimo, la ragazza prese seriamente in considerazione l'idea diandare a piedi.
Sospiròed entrò nell'auto, prendendo posto in fianco al ragazzo.
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L'amore è qua
Romance«Un bacio sulla guancia» era disgustato. «Di nuovo». «Sta’ zitto Gabri. Sto cercando di seguire». Il bruno non si arrese, e prese il gomito dell’amico, facendolo distrarre nuovamente. «Voglio seguire questa fottuta lezione, Gabriele. Lasciami in pac...