L'ACCORDO

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Amane indietreggiò ritornando nel vestibolo. Tutto attorno a lui vibrava come in un sogno poco prima di svegliarsi. Batté un pugno secco sul muro che riuscì a provocargli un formicolio alla mano.

«Guardala. Se mi succedesse qualcosa, lei resterà sola. È obbediente ma a volte è come se non ci fosse. È sempre stata così fin da quando è nata. In un modo o l'altro mi riprenderò mio nipote, vivo o morto. Ma promettimi che baderei a lei. Ho nascosto Priya, lei starà bene, ma Mahika... Promettimi, Mira. Prendila! Sa pulire, sa cucinare, sa lavare...»

«Kinari, mi stai vendendo tua figlia?»

«Mira, ti sto pregando di proteggerla!»

«Ci sono scuole per quelli come lei, famiglie che possono accoglierla, familiari in fin dei conti. Ho già una ragazza di cui prendermi cura.»

«Allora non capisci

Mira, Kinari, Kimaya, Asha.

«Nessuno la vuole

Mi hanno raggirato. Avvertì una forte nausea. La testa gli girava e soltanto poggiandosi al muro riuscì a non crollare. Colpì di nuovo il basalto di cui era fatto il tempio fino a rendere le nocche sanguinanti. Il suo corpo stava cedendo. C'era chi resisteva per sei mesi convivendo con i sintomi, prima di cadere nella paralisi, imprigionati fino alla morte. Tre mesi erano trascorsi dal suo primo sintomo. Non era forte come pensava: era debole e provava paura.

Non c'è onore nella paura, c'è onore nella morte. Aveva pensato in fondo di riuscire a vivere più a lungo. Trentadue anni, e sarebbe dovuto morire. Non sul campo di battaglia, ma di malattia.

Non c'è onore nella paura. C'è onore nella morte.

Rilassò la mano, tornando a respirare liberamente.

Osservò le naga, Kinari con sua figlia e Mira con la ragazza. Avevano entrambe qualcosa di inestimabile da perdere: entrambe erano ricattabili.

E che cosa ha da perdere lei?

Asha stava accanto a lui in silenzio, lo sguardo profondo che causava un disagio mordace.

«Non c'è nessuna amante,» sussurrò, estraendo il pugnale dal fodero dietro la schiena.

«Sono qui per te. Ti vedranno sanguinare.»

Amane si irrigidì con la paura che si diffondeva contaminandolo. «Maledizione,» bisbigliò portandosi le dita tremanti al volto. Del sangue scarlatto, ancora caldo, gli colava lentamente dalle narici e dagli occhi, scorrendo fino al mento. Sottili rivoli lasciavano umide tracce sul collo, macchiando la camicia nera che nascondeva le chiazze.

«È per questo che cerchi il naga sadhu,» emise con una voce carezzevole.

Amane avvertì il dolore al petto tornare. Spossato si poggiò al muro cercando supporto.

«Sai come si diffonde?» gli chiese avvicinandosi verso il pugnale che l'haku stringeva in mano. «Con il sangue dei naga,» sussurrò, lasciandolo freddo e rigido, mentre un sudore gelido gli scendeva giù per la schiena.

Il suo sguardo era acceso, bruciante. Lei sapeva.

Incapace di muoversi Amane la vide allontanarsi. Con Kimaya, che fu la prima a cogliere la sua presenza, la musica si fece più drammatica e violenta spaventando la stessa Kinari.

«La stagione dei monsoni sta arrivando. Tua figlia resterà a dormire sulla strada. Lascia che venga con me e mi assicurerò che lei abbia una casa e tu il tuo ragazzo,» le interruppe Asha.

Fu come se la naga avesse assestato uno schiaffo a Kinari, che non solo aveva incassato il colpo, ma doveva trattenere l'odio, la collera e il disgusto.

«Mia figlia non servirà mai una dalit,» sbraitò Kinari. «La daresti in pasto alle tigri, vendendola al miglior offerente.»

«Kinari!» La richiamò Mira imponendosi.

«Ti aggiri fra prostitute e criminali della peggior specie. Preferisco morire che vederla finire con te.»

Mira si frappose fra loro due mentre Mahika alzava lo sguardo e dall'altra parte del tempio scorgeva Amane. Che lo avesse riconosciuto o meno, tornò a guardare al suo braccialetto di perle, che persisteva a contare da quando era entrata.

«Mahika, guardami.»

«Mahika, non ascoltare.» Ma lei aveva alzato lo sguardo su Asha, trapassandola da parte a parte con un'occhiata inespressiva.

«Kinari, per voi è ora di andare,» dispose Mira.

«Attenta a chi ti circonda, Mira. Non possiamo sempre perdonare e accogliere chi non vuole chiedere perdono.» Parlava con un profondo astio. Ghermì il braccio della figlia guidandola verso l'entrata del tempio. «Troverò da sola mio nipote.»

D'un tratto Kinari si fermò. Mahika era immobile e stava opponendo resistenza. «Cosa stai facendo?» La squadrò incredula con una paura istintiva che la colmava.

Kinari strinse la presa sulla figlia, ma Mahika, tirando, si liberò il braccio con una forza che la madre non le credeva di avere. La ragazza si voltò verso Asha che l'attendeva.

«Lo riporterai a casa?»

«Vivo o morto,» confermò.

Senza aggiungere altro né guardare la madre, Mahika andò ad affiancare Asha tornando a rigirare il braccialetto al polso, sfiorando con la punta delle dita ciascuna perla.

«Strega! Viscida!»

«Ora basta!» Mira strinse Kinari per le spalle. «Non è questo il posto. Per come la vedo io la questione è risolta.»

Nel momento in cui Mira e Kinari discutevano, Asha si avvicinò a Mahika bisbigliandole all'orecchio, dopodiché si allontanò da loro, facendo un cenno a Kimaya prima di rientrare claudicante nel vestibolo.

C'è onore nella morte, non nella paura, si ripeté Amane quando lei gli passò accanto. Colse l'aroma di fiori, incenso e fumo. Non vi diede pensiero attaccando Asha con un fendente al collo e quando lei cercò di parare, la infilzò con il tanto al di sotto del petto. Estrasse cautamente il pugnale, con il sangue che scorreva caldo. La guardò piegarsi su se stessa, mentre ascoltava la musica e la lite nella sala centrale. Il violento pulsare alle tempie sembrava scandire gli ultimi momenti della sua vita, sul punto di estinguersi.

Il tradimento verrà ripulito nel sangue, si disse voltandosi. Mentre procedeva verso la stanza interna, lontano da Kinari e Mira, scorse a stento il colpo alla testa che Asha gli inflisse con un ultimo scatto. Fu sicuro che alla fine fosse crollata, allorché si accasciava anche lui al suolo, coperto dal sangue di entrambi.

SEISHI - Il teatro delle ombre umane Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora