IL TEATRO

26 6 12
                                    

Amane avanzò fra gli spalti. Risalendo le scale poté accedere a un corridoio interno che portava al balcone centrale. Lì lo stava ad attendere Hiroto mentre osservava l'orda dei naga che si riversavano dentro il teatro spartendosi i posti.

«Hiroto, spero che apprezzerai. Se fosse stato qualcun altro a chiedermelo, gli avrei detto di farsi fottere.»

L'ufficiale sorrise sorseggiando lentamente il vino, senza lasciare il proprio posto a sedere. Amane si accomodò accanto a lui, poggiandosi allo schienale imbottito.

«Rilassati, Amane. Goditela. Le ragazze sono fresche e piene di vita. Sono capaci di stregarti. Non è uno spettacolo da quattro soldi che la tua squadra va a vedere.»

Non hanno tutti i torti. «Mi fido del tuo giudizio,» mentì prendendo in mano il calice.

Hiroto era un appassionato di teatro. Un estimatore molto colto che sapeva apprezzare la bellezza. Ma solo un certo tipo di bellezza. Assisteva agli spettacoli in cui si esibivano le naga, mettendo in scena le tradizioni locali dai toni religiosi molto forti. Un rituale sacro eseguito in onore dei deva.

Non appena si diffusero le prime note deitamburi e della vina fra i naga scese un devoto silenzio. Le lente movenze delle ballerine riempirono il palco. Ciascun passo, ogni gesto era seguito e imitato da suoni decisi di sonagli e cimbali. Erano movimenti armonici che creavano una danza aggraziata e sensuale, rievocando il flettersi di un serpente sacro, manifestazione del divino. Accanto a lui Hiroto gli spiegava il senso dei gesti tracciati in aria, come una scia satura di significato. Erano simboli alla pari delle parole, che narravano una storia mitica di un passato lontano.

Amane non poteva che provare una repulsione naturale. Quella danza era una maliziosa provocazione mascherata da un velo di sacralità. 

Ecco le differenze, ecco l'aspetto retrogrado di una società infima

Gli haku avevano un proprio repertorio di leggende ed eroi, ma non erano intrappolati nella rete di rituali e superstizioni dettate dalla religione. Ne avevano stroncato la vena fin dagli albori, sviluppandosi all'insegna della scienza ed evoluzione civile e militare. La loro storia si era purificata per vivere libera dalla menzogna.

Guardando i naga nella sala sottostante, li vedeva bearsi di quelle tradizioni. Il fatto che nascondessero l'erotismo dentro la sacralità, donava loro un'aura di perversione. Hiroto, un uomo colto e un ufficiale che aveva combattuto con Amane nella stessa guerra, stava coltivando quello stesso vizio. Non era poi così strano, sapendolo, che sebbene non conoscesse una parola della lingua naga, avesse imparato a memoria i significati delle movenze che la danza implicava. Non era poi strano che avesse finito per apprezzare più di qualche danzatrice. Non era il solo. Gli haku avevano coltivato una certa fama, non era quindi raro sentire di ragazze prese con la forza.

Distrattamente Amane guardò Hiroto, chiedendosi se si fosse mai spinto a tanto.

«Che cosa c'è?» chiese staccando lo sguardo dallo spettacolo. «Non ti piace?» C'era una sincera delusione nella sua voce.

Amane tornò a volgersi al palco. «Mi stavo chiedendo se conoscessi qualche nome che conta qua a Devi. Gente che sa tutto di tutti, soprattutto gli affari illeciti. Parlo dei naga.»

Hiroto lo osservò interessato. «Una professionista?» Un'immagine iniziò a formarsi nella sua mente.

«Non una di quelle che credi tu.» Amane si portò il calice alle labbra bevendone appena un sorso. «Gira voce fra gli ufficiali che ci sia una fonte sicura di oppio. Ne sai niente?»

«Oppio?» Prima la sorpresa poi sdegno si impossessarono di Hiroto. Si mosse sulla sedia a disagio, con la tensione a irrigidirgli i muscoli delle spalle e del collo.

«Sono voci che girano.»

«Basta con le stronzate, Amane. L'oppio è illegale. Ci è precluso. Punto. Fine della storia.»

«Lo so, è destinato ai naga, me lo ricordo. Eppure, proprio perché esiste la possibilità di procurarselo... È una bella tentazione. Specialmente per la milizia.»

«Calunnie! Sono accuse gravi, sergente,» bisbigliò ormai alterato rimarcando la sua attuale posizione.

Amane sorrise. «Non sono accuse; sono supposizioni. Accidenti, mi sono lasciato trascinare. Francamente, Hiroto, non mi interessa fumare l'oppio. Ho bisogno di qualcuno che abbia risorse e informazioni. Un informatore che abbia il naso negli affari più sporchi.»

«Un informatore per cosa? Ti stai scavando la fossa da solo, Amane, e non è un bello spettacolo, te lo dico io.»

«Allora non ascolti. Ti sto dicendo che non vado dietro l'oppio e neppure dietro a chi lo fuma, non è una faccenda che mi riguarda.»

«Fai bene allora.» Hiroto si versò da bere senza aggiungere niente ad Amane.

«Se ho ragione, i naga si stanno creando un altro idolo da adorare e per cui combattere. Se ci riescono, la storia si ripeterà nel sangue.»

Il sollievo che Hiroto provò nel sentire che l'oppio non era coinvolto sbiadì sotto un'altra apprensione. «Che genere di idolo?» Si accigliò. Non stava più prestando attenzione allo spettacolo. «Qualcuno deve averti messo una pulce nell'orecchio. Di che si tratta? Cosa sai?»

«Il problema è che non so niente. Sono supposizioni, ma basta guardarli: anche nell'esibizione stanno parlando di una nuova era e dello splendore che ritorna a Patala.»

Hiroto sorrise debolmente rilassandosi sulla sedia. «Supposizioni, dici?»

«Pensala in questo modo: se estinguiamo ogni ribellione prima che nasca, non ci sarà bisogno di estrema violenza; e senza violenza basterà inculcare terrore e rispetto nella nuova generazione, perché abbia nel sangue l'obbedienza. Se non possiamo tornare a casa, resteremo per sempre in svantaggio. Ma con una riappacificazione controllata possiamo trovare in futuro una cura, lì da qualche parte in mezzo a loro. Ci risolleveremo, Hiroto, anche se dovremo guardare la morte in faccia per farlo.»

Hiroto batté lentamente le mani con un'espressione affascinata. «Che cosa ti devo dire? Sei un idealista, Amane. Non ti credevo così, come si dice? Passionale?»

Amane non rispose alla provocazione. «Hai un nome? Qualcuno che abbia occhi e orecchie in qualsiasi affare della città?»

«E non ti interessa l'oppio.»

«Minimamente.»

L'ufficiale intrecciò le dita riflettendo, mentre sospirava rassegnato. «Curioso che tu abbia nominato l'oppio. Chi ho in mente gestisce un bordello, più di uno in realtà, che è molto frequentato dai nostri. Se ne dicono di tante, ci saranno pure dicerie, ma la naga che lo gestisce ha molti affari che passano per le sue mani. Sfruttamento illegale non di meno.»

«Grazie,» fece Amane con un cenno di riconoscenza.

«E così, chi dei tuoi ha svuotato il sacco?»

Amane accennò un sorriso. «Solo voci, colonnello, nient'altro che voci.»

«E che cos'è che dicono le tue voci di preciso?»

Lo spettacolo a quel punto era una mera distrazione. Amane si chinò verso Hiroto. «Dicono che apparteniamo a due razze diverse, come lo sono i falchi e le vipere. Dicono anche che non siamo noi la razza inferiore. Siamo destinati a ergerci sulle rovine e a dominarli, far nascere una civiltà nuova, forte, pura, che sarà da esempio per il mondo intero.»

Hiroto ne sembrò entusiasta. Trascorse la serata parlando ad Amane di teorie filosofiche sull'importanza della razza e di come, senza una distinzione definita, non ci fosse progresso. «Ci deve essere sempre chi sfrutta e chi è sfruttato, è lo stato di natura e la natura è legge,» gli diceva.

Mentre ascoltava, Amane rivolse uno sguardo alla danzatrice protagonista. Il suo capo era decorato con fiori freschi. Il bianco dei crisantemi esaltava la sua pelle olivastra, che riluceva sotto le luci del teatro. La vide flettersi e danzare, le mani impegnate a tracciare segni in aria con un esteso, costante sorriso sulle labbra.

SEISHI - Il teatro delle ombre umane Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora