Il sole s'innalzava dietro al tempio illuminandone i pinnacoli e la torre centrale che sormontava il sancta sanctorum, la cella interna in cui aveva discusso con la naga. La luce si rifletteva sugli specchi d'acqua che circondavano il Mandir, abbagliandolo come avevano fatto un tempo. Amane si schermì gli occhi, mentre alcune rondini sorvolavano il pelo d'acqua schizzando fra i bagliori di luce.
Scrutò il cortile e i giardini immersi in un tiepido silenzio, cinguettio, un tenue ronzio di insetti e una brezza leggera che portava il profumo di fichi maturi. Si aspettava di vedere una folla assediare il tempio, che stavolta davvero pareva abbandonato.
Il suono dei passi si diffuse per la sala, la cui pietra portava i segni anneriti dell'incendio. Il tempio doveva essere antico, eppure sopravviveva, quasi intatto, con i volti dei deva sfigurati e il colore eroso dalla volta.
Nei pressi dell'altare i suoi passi si fermarono, alle spalle della naga inginocchiata lì davanti. Osservando la sua figura immobile aveva creduto che stesse pregando. Ci fu un movimento, lei si voltò appena. Solo allora si accorse che attorcigliata attorno al suo polso stava una serpe.
«Non ti agitare,» gli sussurrò la dalit.
L'immagine gli fece talmente tanta impressione, cogliendolo di sorpresa, che aveva iniziato a sfilare la spada, prima di rendersi conto che il serpente fosse ormai morto e oltremodo decapitato.
«Mira lo vuole cremare.» Depose il corpo sull'altare, accanto a un lungo bastone scuro con i simboli intagliati a coprirne l'intera lunghezza.
Alzatasi, si diresse verso la cella. Amane la seguì in silenzio oltrepassando le porte che aveva spalancato davanti a loro. Il luogo era stato reso accogliente, con due cuscini scarlatti posti a terra e fra di essi bevande, frutta e due coppe. La naga stava offrendo un banchetto che lungi dal voler celebrare pareva volerlo corrompere.
Mentre Asha riempiva entrambe le coppe, il velo le era scivolato dalla spalla, rivelando neri disegni discendere il collo e percorrerle il braccio. «Sono passati due giorni. Hai trovato quello che cercavi?»
«Dovrei chiederlo io a te. È per questo che ti sto pagando.»
Finito di versare, Asha sollevò su di lui lo sguardo. «Perché vuoi metterti in contatto con un naga sadhu?»
Amane sentì la delusione ascendere. «Ti si è risvegliata la coscienza? L'accordo era troppo complicato da portare a termine, per duecento monete d'oro?»
«Duecento monete d'oro promesse ma non portate.»
Amane la fissò seccato, dopodiché estrasse il borsellino ponendoglielo davanti. «Cento ora. Cento più tardi.»
La naga osservò il denaro senza prenderlo. Fece appena un cenno di assenso portandosi il liquore alla bocca. «La storia dei naga sadhu è lunga, ma ha visto la sua fine con il vostro arrivo. Quale haku vorrebbe dissotterrarla ora?»
«Non c'è niente da dissotterrare se qualcuno è ancora vivo.»
«Ne sei certo, haku?»
«Ridicolo. Mi stai cercando la sua amante. O dovrai dissotterrare anche lei?»
La naga sorrise appena. «Non dovremo spingerci a tanto.» Incontrò il suo sguardo. «La mia curiosità è quella insita in qualunque donna. È chiaro che hai un affare da proporgli.»
«Un affare da proporgli?» Amane scosse la testa. «Sciocchezze.»
«Allora vuoi confrontarti. Vantarti della vittoria.»
«Vittoria?» Posò la coppa a terra, guardandola con sussiego. «Voglio trovarlo per ricordargli che ha abbandonato il suo popolo e lasciato morire i naga sadhu, scappando solo come un codardo. Quante morti ha sulla coscienza? Quanti servi, quante schiave sessuali ha lasciato che prendessimo? Avrebbe dovuto combattere fino alla fine.» La osservò per vedere che effetto le avessero fatto quelle parole. Se fosse stata ancora disposta a coprirlo e a nascondere lui e la sua amante.
Lentamente Asha piegò di lato la testa. L'espressione restava di una freddezza indulgente, che andava a sfiorare l'insolenza. «Quando lo incontrerai, fammi il favore di dirgli questo, haku. Lo farai? Da parte mia.»
Con un cenno Amane le indicò di andare avanti.
«Sono caduti molti naga dall'inizio della guerra. La nagini è stata decapitata, i templi bruciati. Famiglie intere sono state smembrate e sterminate. Non si può dimenticare. Non si deve dimenticare quello che fa parte della nostra storia. Per quanto l'odio continui a bruciare e a distruggere, se lo dimentichiamo, finirà per distruggere noi.» Asha osservò il volto dell'haku, incatenandolo al suo. «La ferita è stata inferta e sta iniziando a infettarsi. È ora invece che inizi a guarire. Digli che il tiro alla fune è durato abbastanza e che oggi la fune sta per rompersi. Capirà che cosa intendo.» Studiò la sua espressione. «Gli haku non vinceranno e neanche i naga lo faranno. Siamo dannati. Perderemo insieme e sapremo finalmente che cosa significa annientarsi.» Gli angoli della sua bocca erano sollevati, ma non sembrava che stesse sorridendo. «Glielo dirai?»
Amane distolse lo sguardo. Sentirono la musica del sarangi diffondersi per il tempio.
«È un discorso lungo. Finirò per dimenticarlo.» Alzò la coppa in segno di salute. «A ogni modo, cercherò di ricordare.»
«In tal caso, non avrai tempo di bere,» affermò Asha prendendo in mano una manciata dei chicchi di melograno. «L'amante del naga sadhu ti starà aspettando.»
Amane si fermò. Sentiva il sangue affluirgli velocemente alla testa. L'unico sorso che aveva preso gli stava andando di traverso.
«Nel tempio.»
Si alzò meccanicamente. Ha rispettato l'accordo, si disse. Con un cenno del capo e la musica come guida, lasciò la naga che beveva dalla sua coppa fissando l'altare, priva di qualsivoglia espressione.
La musica della delicata e attraente Kimaya. Era un'artista dotata di un talento prodigioso. Nessun uomo si sarebbe mai lamentato della sua voce mancata.
Aprì la porta impaziente, seguì nel vestibolo che dava sul vano centrale, il sangue che pulsava nelle tempie.
Kimaya, la ragazza che, sprezzante del pericolo, l'aveva paralizzato con un graffio. La vide suonare seduta a terra accanto all'altare, completamente assorta nella sua melodia. Muoveva rapidamente l'archetto con certezza e abilità straordinaria.
Stava per raggiungere la navata centrale e interromperla quando si irrigidì attonito, riconoscendo all'ingresso Kinari venire incontro a Mira. Era in compagnia di sua figlia, Mahika. Kinari strinse calorosamente le mani della naga, le portava dei ricchi doni: frutta, otri, tessuti raffinati e prelibatezze. C'era l'aroma dolce e speziato ad accompagnarla.
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SEISHI - Il teatro delle ombre umane
AventureLa guerra è naturale e inevitabile, una lotta per sopravvivere e prosperare, a scapito di popoli deboli e asserviti. Per volere dell'Impero, nonostante la vittoria, i falchi sono stati esiliati a Patala, una terra diventata maledetta dopo la morte d...