L'ONORE DEGLI HAKU

17 7 13
                                    

«Non toccarla, asura!» esclamò Kinari sollevando la mano e portandola sopra la fiamma di una candela.

Amane osservò incuriosito la pietra nera che stringeva nella mano alzata.

«Se prende fuoco, per noi sarà finita!» esclamò Kinari.

«Sergente, vuole che le tagli la mano? Potrebbe farci saltare tutti in aria per sbaglio.» Era tutt'altro che spaventato dall'idea.

Amane non toglieva gli occhi dalla pietra. «Non correre, Sato, è solo un pezzo di carbone.»

«Vuoi rischiare, asura?»

La ragazza si rivolse svelta alla madre, dopodiché si lanciò contro l'haku, con uno sguardo selvaggio negli occhi. Amane la colpì allo stomaco e con una gomitata assestata alla schiena la spedì a terra. Priya rimase stesa, muovendosi appena in agonia, gli occhi rossi e disperati. Sua madre emise un grido di dolore, ma non fu lesta a reagire. Itachi la bloccò recuperando la pietra. La lanciò a Sato che la osservò con scarso interesse, passandola poi al sergente. Amane la rigirò fra le dita, dibattuto.

La ragazzina timida che si era rifugiata in un angolo ne approfittò per correre in cucina. Sato rivolse un'occhiata ad Amane; avuto un cenno di assenso, a passo sicuro avanzò in quella direzione.

«Mahika, scappa!» le gridò la madre dibattendosi, per liberarsi dalla presa del suo aguzzino.

Amane guardò quello spettacolo pietoso. Riconobbe le parole naga: qualcosa aveva appreso stando a Devi.

La ragazza ritornò in salotto stringendo un coltello in mano. Se lo avesse attaccato, Sato l'avrebbe uccisa senza neppure pensarci.

«Vattene, sciocca!»

Accompagnato dalle grida stridule di Kinari, Amane osservò Mahika. Era sgraziata nell'aspetto, il viso chiaro e tondo come quello di Kinari non aveva dei particolari tratti. Eppure qualcosa di diverso ce l'aveva ed era l'espressione vuota che vestiva sempre, come se non fosse presente a se stessa.

«Attaccami, ragazzina, aggredisci la milizia. Difendi la tua mammina.»

Lei era un'anomalia, il suo sguardo non tradiva alcuna emozione, essa non ne mostrava nessuna. Amane alzò la mano per fermare Sato, quando il coltello atterrò ai suoi piedi con uno schianto. La guardò scendere in ginocchio e inchinarsi di fronte a lui. Kinari pure restò in silenzio presa alla sprovvista da quell'atto così arrendevole della figlia. 

«Haku, signore, invoco la tua misericordia e chiedo perdono.»

Amane ne rimase impressionato. Il forte accento e le parole pronunciate in maniera imprecisa, gli fecero sorgere il dubbio se avesse mai parlato in lingua haku prima di allora. Tuttavia, anche se la formula era approssimativa, poteva riconoscerne i meriti. Gli haku la praticavano anticamente davanti a un nemico vittorioso. Era un atto vergognoso colpire a morte un avversario sconfitto, che aveva combattuto con grande coraggio. Avuta salva la vita, il guerriero si trafiggeva da solo per mantenere saldo l'onore. Era una pratica in disuso, ma il suo significato era tutto.

«Accetto la resa,» affermò. La guardò attentamente, eppure Mahika non sembrava capirlo. «Riprenditi la madre e la sorella. Ricorda a Kinari che ha tre giorni per guidarmi alla sua salvatrice, o il ragazzino finirà in pasto ai cani.»

Amane gettò un'occhiata a Kinari per verificare che avesse capito. Quando Itachi l'ebbe lasciata, lei si precipitò dalla figlia minore ancora a terra, chiamandola, accarezzandola, cullandola fra le braccia.

Amane se ne andò insieme a Itachi e Sato, lasciandosi dietro quella famiglia sventurata. Guardò la pietra che aveva in mano, un miracolo tecnologico del loro tempo. I naga avevano usato pietre come quella per dar fuoco alle loro navi. Durante la guerra erano riuscite a rallentare lo sbarco nemico e successivamente la sua avanzata, causando migliaia di morti e decine di migliaia fra feriti. Amane era stato su una di quelle navi: combinati insieme, il fuoco e l'acqua erano fra le bestie più terribili che un uomo avrebbe mai potuto affrontare. 

SEISHI - Il teatro delle ombre umane Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora