Sedendosi nella polvere a ridosso del pozzo, Amane fissava a terra con lo sguardo assente. Per la prima volta dopo tanti anni sentiva di essersi scontrato con la morte che gli camminava accanto. Il senso di vertigine e di impotenza era la stessa che sentiva affacciandosi su un dirupo: gli si rizzavano i peli sulle braccia e il sudore scorreva a fiotti.
Sto delirando, ammise adagiando il capo contro il rivestimento di mattoni. Non ho niente da perdere, niente a cui rispondere, niente da temere.
Sorrise a se stesso, mentre a occhi chiusi ascoltava il ronzare degli insetti e il cinguettio tranquillo degli uccelli che riempiva l'aria.
Quando Amane risalì fino al portico il Mandir se ne stava avvolto in un cupo silenzio. I suoi passi risuonarono sul marmo mentre percorreva la sala. Immergendosi dalle finestre rialzate, una luce limpida si gettava sul pavimento, ivi riflettendosi come sull'acqua. Lungo il vano centrale sfilavano le figure umane che si mergevano con i pilastri. La navata in quello spazio vuoto e desolato lo condusse fino all'altare spoglio, freddo, memore del sangue che vi era stato versato.
I soldati si erano accaniti contro i simboli sacri quando erano giunti a riprendere i caduti. Da allora diversi anni erano trascorsi e ancora gli sembrava di trovarsi in una cripta trafugata.
I deva se ne sono andati. Manasa è stata distrutta e nessun altro dio ha preso il suo posto. Perché venire qui se non per pregare?
Osservò la navata laterale che terminava con un varco, il quale dava accesso al vestibolo dietro l'altare. Varcò la soglia trovandosi davanti a un uscio con rifiniture d'oro, decorato per tutta la sua altezza con simboli naga, forme geometriche e figure. Alcuni di quei simboli gli parvero familiari, ma sapeva decifrarli tanto quanto i testi naga che teneva nascosti nella sua stanza.
Spinse le ante che si aprirono dinanzi a lui, rivelando una cella e il suo altare intriso di bassorilievi che omaggiavano i deva. Alcuni affreschi sopravvissuti mostravano immagini dei naga, che traevano le loro offerte alla dea dipinta sul trono. I serpenti erano un tema ricorrente ed erano nondimeno attorcigliati attorno ai polsi di Manasa. Era una devi formosa, con lineamenti morbidi e un'espressione lieta.
Fiori freschi decoravano l'altare, un vassoio di bronzo con dei dolci era stato lasciato di fronte alla nicchia vuota, che avrebbe dovuto ospitare una scultura che ritraesse Manasa.
L'odore di fumo e di incenso era ancora nell'aria, quando un sospetto acuto lo portò a studiare l'altare ed esaminare la nicchia da vicino. Ma non trovò armi, né altro materiale da contrabbando. Non scovò ori, oppio o gemme, come non scovò riproduzioni sacre. Si immaginò che i deva avessero davvero abbandonato i naga. Se fossero mai esistiti, se ne erano fuggiti lontano.
Rinchiuse dietro di sé la porta e discese le scale. Se ne partì cavalcando, sotto un sole cocente e con un fastidioso sibilare in testa. Delle nette immagini gli apparivano davanti. Dei naga sadhu, di Manasa, di tutti gli uomini trucidati.
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SEISHI - Il teatro delle ombre umane
AdventureLa guerra è naturale e inevitabile, una lotta per sopravvivere e prosperare, a scapito di popoli deboli e asserviti. Per volere dell'Impero, nonostante la vittoria, i falchi sono stati esiliati a Patala, una terra diventata maledetta dopo la morte d...