Dopo la pioggia una leggera brezza affievoliva il caldo. Il silenzio cedeva posto a stridii e ai richiami che si trascinavano nella sera.
Amane si inginocchiò accanto a Itachi, disteso a terra insieme a Daichi, Sato e Kazuaya. Quando li aveva deposti al suolo, tagliando le corde e liberandoli, non avevano opposto resistenza. Gli occhi vitrei non lo vedevano, congelati in un'espressione spenta, laddove le palpebre si muovevano a cadenza regolare.
«Daichi,» bisbigliò credendo di averlo visto muoversi. Ma tutto restava quieto.
Con un brivido e tremiti in tutto il corpo aveva auscultato il loro battito appena percettibile. Il respiro era quasi assente tanto era flebile. Li aveva ripetutamente chiamati per nome, ma non era bastato a svegliarli. Il segno rosso sulla loro fronte sembrava un marchio di condanna. Lo fissava incapace di reprimere la colpa che gli pesava e lo avvinghiava in una morsa.
Sedendosi a terra Amane si afferrò la testa fra le mani. Aveva perso tutto. Non gli restava altro da fare che un ultimo atto di liberazione. Rise con amarezza per come i tentativi di fare il meglio ironicamente lo avessero portato a un esito peggiore che accettare stoicamente la morte.
Con la mano che tremava raggiunse il pugnale per l'ultima volta, in un gesto che avrebbe riportato l'equilibrio. Il tradimento doveva essere ripulito nel sangue; la paura del veleno non avrebbe più potuto opprimerlo.
Si concesse una preghiera: essere seppellito nella terra in cui era nato, dove i suoi antenati avevano vissuto per secoli.
Di nuovo a casa.
Osservò il volto di Sato augurandogli di non commettere i suoi stessi errori, di non correre dietro ai fantasmi del passato. A lasciar perdere. La vita era fragile. Sapeva sedurre e sapeva corrompere; eppure era tanto desiderata, tanto pregata. Era facile smarrirsi e convincersi di poter vivere in eterno nella memoria di qualcuno. Illudersi che non ci sarebbe stata una fine, dimenticarsi che erano mortali.
In preda all'angoscia, estrasse il tanto con le mani scosse da un tremito. Aveva mentito, ricattato, ingannato, ucciso; tutto in nome della paura che non aveva saputo vincere. Eppure morire era un destino che spettava a tutti.
Strinse gli occhi e con amarezza si inflisse il colpo. Dovette trattenersi dal gridare quando estrasse la lama dalla ferita al ventre con uno spasimo atroce. Il sangue gli scorreva tra le mani segnando il suo destino: era impetuoso, intenso, fluiva senza più limiti. Con l'altra mano prese l'ampolla. Il ricordo di Mira gli scivolò dalla mente insieme al suo avvertimento e alla sua preghiera. Poi l'aprì riversando a terra il siero.
Finalmente in pace si lasciò andare, con il corpo che si abbandonava alla calma e la consapevolezza sfuocata. Gli ultimi brandelli intatti si disperdevano nell'incoscienza.
Il tradimento sarà ripulito nel sangue. E io verrò riaccolto a casa, per essere ricordato con onore. Il pensiero rassicurò Amane, sanando una profonda ferita con quella menzogna.
In quel silenzio e nella quiete, la naga vegliava su di lui seguendo la caduta del falco. Faceva scorrere il mala tra le dita carezzandone i grani. Nella testa le risuonava un mantra che aveva la voce di Mira. La donna rivolgeva una preghiera alla vita, al suo dischiudersi e poi perire.
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SEISHI - Il teatro delle ombre umane
AdventureLa guerra è naturale e inevitabile, una lotta per sopravvivere e prosperare, a scapito di popoli deboli e asserviti. Per volere dell'Impero, nonostante la vittoria, i falchi sono stati esiliati a Patala, una terra diventata maledetta dopo la morte d...