L'INCONTRO

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Avanzò con passo incerto verso la giungla. Ritrovò le tracce che aveva lasciato, seguendole con attenzione, mentre attorno a lui il mondo si chiudeva in uno spazio labirintico e abietto. Estrasse la spada per farsi strada fra le felci. Era una disgrazia usare lo tsurugi a quel modo, ma entrambi avevano dovuto adeguarsi a quello che era il loro compito.

Quando le tracce finirono, si aprì davanti a lui un breve spiazzo che si estendeva per far posto a una tozza struttura in pietra dal tetto spiovente. La vegetazione non l'aveva avvolta tenendosene a distanza. Fiori d'ibisco erano stati coltivati a ridosso dei muri, lasciati andare all'incuria stavano lottando per sopravvivere in quella terra arida.

Un portico quadrato era sorretto da due massicci pilastri, mentre due alte finestre coprivano ciascun fianco. Amane risalì i gradini che introducevano all'ingresso. Osservò la porta lignea e quando la spinse essa si schiuse senza resistergli. All'interno l'area centrale era stata adibita ad abitazione, ma un grande altare addobbato con lanterne e fiori color zafferano la faceva rassomigliare a un tempio.

La fiamma di una candela richiamò la sua attenzione, posata su un basso tavolino accanto a una sedia con ampi braccioli. Riconobbe la naga, le sue spoglie immobili avvolte in una veste bianca. La ferita non era stata letale in fondo.

«Incauto da parte loro lasciarti sola,» disse esaminando la stanza. Afferrò un'altra sedia e gliela mise davanti, prendendo posto. La testa della naga era poggiata sullo schienale, gli occhi aperti erano fissi davanti a sé, rivolti verso la finestra piuttosto che su Amane. Non dava segni né di sorpresa né di timore.

C'è onore nella morte, non nella paura.

«Molte leggende dicono che i naga sadhu fossero in possesso di medicine straordinarie, in grado di riportare in vita i morti. Saranno state esagerate ma di fatto, i naga sadhu erano conosciuti per sfuggire alla morte nei momenti più disparati. Sembra che tu sappia molto sui loro affari. Ti sei curata con la loro medicina o si è trattato di fortuna?»

La naga abbassò il capo rivolgendo lo sguardo ad Amane. «È stata Mira a curarmi.»

Amane annuì soddisfatto perché avesse finalmente scelto di collaborare. «I naga sadhu esistono ancora?» Scandì lentamente con una voce profonda e misurata. Si era chinato lievemente, osservandola, con l'intento di farla sentire oppressa.

Asha sorrise appena. «Non hai ancora deciso se crederci? La disperazione mostra cose che non esistono e porta a errori stupidi. Specialmente se il tempo che abbiamo sta per finire.»

«Che cosa sai sui naga sadhu?» chiese di nuovo. «Renditi conto che la tua vita, ora, dipende da quanto utile mi potrai essere.»

La naga fece cenno di volersi alzare. Avanzò lentamente poggiandosi sul bastone. Ritornò con un'anfora e la coppa che mise di fronte all'haku, accanto alla candela che ardeva emanando un flebile aroma. Gettando poi un'occhiata alla naga, Amane versò a entrambi da bere, aggiungendo alla sua coppa semipiena già da prima.

«Nessuno verrà a interromperci. Mettiti a tuo agio.»

Asha ritornò a sedere, il bastone ancora stretto nella mano. Amane ne ammirò la fattura, riconoscendo il legno di rattan con cui era fatto.

«Non sarai mai in grado di conoscere quanto i naga sadhu sapevano.»

«Sei accecata dalla devozione religiosa, una devozione che sfiora il fanatismo,» la provocò. Si chiese se la sua rinata lealtà provenisse dalla fede o dal puro opportunismo.

«Se la mia è una devozione religiosa, come definisci l'ossessa conquista di territori in nome della supremazia razziale?»

«Sia la razza che la guerra esistono fin dall'alba dei tempi. Noi seguiamo la natura, non la soppiantiamo con l'ipocrisia religiosa.»

«Eppure, sia tu che io ci troviamo nella stessa condizione: popoli debilitati e incapaci di progredire senza uccidersi l'un l'altro. Questa è decadenza.»

«Questa è la lotta per la supremazia del più forte.»

«Supremazia,» sussurrò Asha. «Stai pagando un prezzo alto per essa. Senza l'appoggio dell'Impero il dominio che avete sta pian piano svanendo. L'epidemia vi sta decimando e la sua fama opporrà ogni futuro tentativo di conquista.»

«Questa sarà...» Amane si fermò osservando i simboli chiari intagliati sulla superficie lucida del bastone. Immagini stilizzate e segni erano chiaramente intrisi nella sua memoria. Per quanto il significato fosse ineccepibile, ciò non li rendeva meno familiari. Li aveva scorti sulla porta del tempio e nei libri religiosi dei naga, pagine piene di quei simboli che aveva studiato per settimane tentando di decifrarli. Molti di essi venivano usati in riferimento ai naga sadhu.

Osservò la mano che stringeva il bastone salendo poco alla volta con lo sguardo. I simboli tornavano ancora, segnando l'avambraccio e il collo. Incrociò infine il suo sguardo. La mente che si dibatteva mentre la fissava, incapace di ammetterlo.

«Alla vostra salute,» fece la naga con un cenno del capo. 

SEISHI - Il teatro delle ombre umane Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora