Il commissariato di Ragusa brillava di una pulizia innaturale. Le pareti bianche riflettevano la luce fredda dei neon, mentre i pavimenti di linoleum, immacolati, amplificavano il silenzio asettico del luogo. I poliziotti, trascinando due balordi per i corridoi, marciavano con falcate sincronizzate, come su una piazza d'armi.
L'aria era sterile, priva di odori e di vita. Non c'era traccia di usura, ruggine o crepe: tutto era freddo, geometrico, perfetto. Ma sotto quella perfezione ribolliva un disagio sottile, quasi impercettibile. Le porte metalliche si susseguivano con precisione, senza maniglie, chiuse ermeticamente. Di tanto in tanto, dietro quelle porte, si udivano voci soffocate e tonfi sordi, come il battito lento di un pistone.
I poliziotti si fermarono davanti a una porta nera. Uno di loro estrasse un badge, la porta si aprì con uno scatto, e gli arrestati vennero spinti all'interno senza troppe cerimonie.Rimasti soli, i due si guardarono attorno, straniti. Si aspettavano un ambiente freddo e sterile come i corridoi, ma l'ufficio del Commissario Luigi Gerratana era tutt'altro. Le pareti erano tappezzate di cornici digitali che mostravano il Commissario in pose solenni: strette di mano, battaglie, foto che cambiavano in un ciclo infinito, celebrando solo lui. Trofei militari, medaglie e placche erano sparsi senza apparente logica.
L'ufficio, per quanto ingombro, appariva barocco. La scrivania, massiccia e di legno scuro, era coperta da oggetti personali: monitor accesi, un portacenere con sigari mezzi fumati, una tazza con una battuta volgare e, in bella vista, un pugnale d'argento. Dietro la scrivania, due bandiere — NATO e Italia — sovrastate da un crocifisso dominavano la stanza.
I due arrestati, confusi e intimoriti, si scambiarono uno sguardo rapido."Stavolta siamo finiti." disse il più smilzo tra i due, quello con i capelli a spazzola, guardandosi attorno con i nervi a fior di pelle. "Se siamo qui è perché non ne usciamo!"
L'altro, quello grosso e tatuato, rimase in silenzio per un attimo, scrutando le pareti piene di ricordi militari. Poi si chinò leggermente verso il compagno, sussurrando con urgenza: "Diciamogli tutto, ti dico! Denunciamo la donna! È l'unica cosa che possiamo dare a Gerratana."
Lo smilzo lo fissò, scuotendo la testa con forza. "Ma è una cazzata! Che ne sappiamo di quella donna?"ribatté con tono deciso, anche se la paura traspariva dal suo volto.L'altro sospirò esasperato, con un lampo di rabbia e disperazione negli occhi. Si avvicinò ancora di più, quasi stringendogli il braccio. "Che ce ne importa? Gerratana vuole sempre qualcosa di grosso. Se non gli portiamo nulla, ci massacrerà. Lo sai come funziona!"
"Non me ne frega niente!" sibilò lo smilzo. "Io non lo faccio. E poi io alla polizia non dico niente, non faccio la spia!"
"Vuoi uscire con le gambe stirate da qui?" ribatté l'altro, con un tono tagliente, il viso ormai imperlato di sudore. "Che devi fare all'improvviso, l'eroe? L'unica cosa che possiamo dargli è quella donna. A lui va bene così, basta che arresta qualcuno! Ascoltami una volta tanto!"Avrebbero continuato a battibeccare all'infinito, finchè non furono interrotti all'improvviso dalla porta del bagno attiguo, la quale si aprì con un leggero cigolio. Entrambi si voltarono di scatto, mentre il loro cuore sembró saltare un battito. Da lì stava facendo il suo ingresso nella stanza il Commissario Gerratana, il quale, con una noncuranza quasi teatrale, stava sollevandosi la cerniera dei pantaloni della sua divisa.
Avanzó allora nel suo ufficio con la naturalezza di chi è abituato a dominare ogni centimetro del proprio regno, dirigendosi alla sua scrivania come se non ci fosse nulla di straordinario nel vedere due uomini terrorizzati davanti a lui. I suoi movimenti erano rilassati, il volto sereno, eppure tutta quella sua esibita tranquillità celava un'efferatezza che faceva gelare il sangue nelle vene.
I due balordi, che fino a un attimo prima erano sul punto di litigare, ora si sentivano come piccoli animali braccati da un predatore troppo grande per loro. Lo smilzo si morse il labbro, le sue mani tremavano visibilmente. L'altro, il grosso, cercò di mantenere una parvenza di calma, ma il suo sguardo era inchiodato al pavimento, incapace di sostenere lo sguardo del Commissario.
Gerratana si sedette allora con estrema lentezza, appoggiando i gomiti sul piano della scrivania, come se avesse tutto il tempo del mondo. Non disse una parola, ma il suo silenzio era più intimidatorio di qualsiasi minaccia verbale. Il suo sguardo scivolò sui due uomini, indugiando su di loro come se stesse valutando il valore di un oggetto.
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Un mondo alla fine del mondo
Fiksi Ilmiah"Esiste un mondo alla fine di questo mondo e noi lo troveremo" 04/09/24 🥉 classificato Contest Estivo di @maidireteam categoria fantascienza In un mondo devastato dai cambiamenti climatici e dal caos derivante dalle guerre per le risorse scarse, l...