VIII Amare il Mondo

282 3 0
                                    

Momo, perdonami se non riuscita a contattarti negli ultimi giorni. Comunque sono al sicuro, non ti preoccupare! La persona che mi sta ospitando parla persino inglese.

Iano era una figura del tutto immersa dalla sua solitudine, una corazza che aveva costruito nel corso degli anni per proteggersi dal mondo esterno. Abituatosi a vivere in questo modo, era diventato quasi impermeabile alle presenze altrui.

La comparsa di Farah in casa sua, sorprendentemente, non modificó affatto la sua routine consolidata di misantropo. Fin da subito, lei si mostró infatti come una persona barricata nel suo silenzio. Usciva poco dalla sua camera e interagiva con Iano ancora meno.

Quelle poche volte che Farah si mostrava fuori dal suo perimetro abituale, era come se si trascinasse per la casa, centellinando le parole e soffermando lo sguardo sempre verso un punto lontano, invisibile a Iano.

In teoria avrebbe dovuto gioire di avere un'ospite così riservata; in realtà percepiva l'aura di inquietudine che la circondava. Notava bene come Farah stesse trattenendo un fardello pesante dentro di sè, ma non aveva modo di sapere cosa stesse succedendo né di arrivare a lei per scoprirlo.

Tu quando arrivi invece? Sei riuscito a trovare un modo per partire? Devi sbrigarti, la stagione dei cicloni sta per arrivare.

Purtroppo Farah era gravata da un'angoscia profonda e non c'era soluzione alla sua sofferenza interiore.
Momo continuava a non risponderle e la cosa la opprimeva, impedendole di trovare pace o di aprirsi con chiunque. Ogni pensiero era dominato dalla preoccupazione per suo il destino e questa costante ansia la stava prosciugando. Anche se Iano cercava di mostrarsi gentile con lei per provare a tirarla fuori dal suo silenzio, Farah si sentiva prigioniera del suo dolore, incapace di condividerne il peso.

Purtroppo non sono stata bene ultimamente, ma mi sto riprendendo. La persona che mi ospita è un medico, pensa che fortuna che ho avuto!

Nonostante gli sforzi profusi da Iano, la salute di Farah non faceva grossi progressi.
Lui, con il suo occhio clinico, la osservava con crescente preoccupazione. Ad esempio, la vedeva mangiare appena durante i pasti, quasi come se dovesse faticare per ingoiare ogni boccone.

Sulle prime pensó fosse un pessimo cuoco. In effetti, cucinando solo per se stesso, provvedeva giusto a garantirsi i nutrienti di cui necessitava, senza badare troppo al procedimento o al risultato. Finiva sempre per mangiare qualche piadina di grano saraceno o di farina di grilli con verdure essiccate o prosciutto di laboratorio.

Per Farah provó a variare sul tema. Si procuró dei legumi, del sorgo e del miglio e si fece consigliare da Giusy come cucinarli. Arrivó anche a comprare della carne e del formaggio provenienti da allevamenti reali, sperando finalmente così di far tornare l'appetito a Farah.
Il tentativo peró non sortì alcun effetto: il piatto tornó indietro anche in quel caso quasi intonso.

Le notti poi trascorrevano per lei quasi del tutto insonni. Giaceva nel letto per ore, rigirandosi senza sosta, ma il sonno le sfuggiva come sabbia tra le dita. In quei momenti, la sua mente diventava un vortice di pensieri intrusivi che pareva risucchiarla per intera.

Nel buio della sua camera, passava ogni sera tenendo stretto tra le mani il suo cellulare. Fissava intensamente lo schermo luminoso, sperando di vedere comparire una notifica da Momo. I minuti, trascorsi in quel modo, diventavano ore, finché non albeggiava. A quel punto Iano giungeva puntuale in camera a dirle di fare colazione, notando così come fossero ormai profonde le occhiaie sotto i suoi occhi neri.

Il corpo di Farah alla fine cedette a tutta quella ulteriore pressione. Così, una mattina, le venne un'improvvisa febbre a quaranta gradi.
Iano allora decise di affrontare di petto la situazione con lei.

Un mondo alla fine del mondo Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora