XVIII La mappa stellare

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Tornati ad Accra, Momo decise di dedicarsi completamente alla comprensione della targa. Il giorno seguente, acquistò a caro prezzo dei quaderni sdruciti e una matita da un rigattiere per annotare le sue riflessioni.

Una volta rientrato, si isolò in casa, studiando ogni dettaglio della targa con attenzione. La prima conclusione riguardó i componenti tecnologici della navicella trovata. Scoprì dispositivi e circuiti che non riusciva a identificare, qualcosa di completamente nuovo per lui.

Alcuni dei materiali utilizzati erano del tutto sconosciuti, la loro composizione non ricordava nulla che avesse mai avuto tra le mani. I circuiti erano intricati, molto più complessi di quanto avesse mai visto prima, eppure sembravano essere costruiti con una logica che sfuggiva alla sua comprensione. Era come se fossero stati realizzati da una mente che vedeva la tecnologia in un modo diverso da quello a cui era abituato. C'erano processori che, per quanto riuscisse a intuirne la funzione, operavano su principi che gli erano del tutto estranei, come se si trattasse di una tecnologia che andava oltre i limiti dell'ingegneria conosciuta. Capì dunque che aveva un'origine ignota e annotò questa prima deduzione.

In seguito, Momo si concentrò sulle forme geometriche raffigurate dietro le figure umane incise sulla targa. All'inizio, le aveva considerate semplici decorazioni, linee stilizzate prive di significato, come arabeschi scolpiti per riempire gli spazi vuoti. Tuttavia, più le studiava, più percepiva un'intenzionalità nascosta in quelle linee, un messaggio codificato che sfuggiva a una lettura superficiale. Momo cominciò a osservare la targa con un'attenzione quasi maniacale, tracciando con le dita i contorni delle incisioni, cercando di dare un senso a ciò che stava vedendo. Ogni linea, ogni curva sembrava comunicare qualcosa di più profondo.

Lavorando su quel mistero per giorni, trascorse ore interminabili a decifrare quei simboli enigmatici. Poi, all'improvviso, un'intuizione lo colpì con la forza di una rivelazione: quella che aveva considerato una semplice figura geometrica era in realtà una rappresentazione stilizzata dell'antenna parabolica della navicella e dell'unità base su cui si reggeva. Non si trattava solo di un disegno astratto, ma di un simbolo concreto, un elemento funzionale. La riconobbe: la stessa struttura che aveva visto sul relitto della navicella era incisa sulla targa.

La grandezza dell'antenna rispetto alle figure umane raffigurate accanto ad essa non era casuale. Momo si rese conto che quelle proporzioni erano studiate per indicare la scala reale delle creature raffigurate. La proporzione era un messaggio, un modo per far capire ai destinatari che quelle figure incise sulla targa erano realmente rappresentative delle dimensioni della specie che le aveva create.

Poi per caso, un giorno, dopo ore trascorse a studiare la targa senza interruzione, un dettaglio a prima vista insignificante catturò l'attenzione di Momo. Si trattava di una delle silhouette umane disegnate sulla superficie metallica. L'uomo raffigurato non era solo ritto in piedi accanto alla donna. Aveva il braccio sollevato, la mano aperta in un gesto che, a prima vista, poteva sembrare un semplice movimento. Tuttavia, Momo capì che quel gesto non era casuale. Era un saluto.

Perché mai qualcuno avrebbe inciso un umano che salutava? La domanda cominciò a tormentarlo. Si rese conto che, sebbene la targa fosse colma di simboli complessi e formule, non era destinata esclusivamente a trasmettere informazioni tecniche. Quel saluto racchiudeva un significato più profondo. Era un tentativo di connessione. Quel braccio sollevato era la ricerca di un ponte, un invito a comunicare, a stabilire un contatto.

Realizzò allora che l'obiettivo della targa era proprio l'incontro. Gli umani lì raffigurati non erano solo rappresentazioni di una specie, ma la raffigurazione degli ambasciatori di un intero mondo, pronti a entrare in contatto con altre intelligenze. La mano sollevata non era solo un saluto, ma un segno di pace, un invito a superare le barriere linguistiche e culturali per instaurare un dialogo.

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