IX Ombre del Passato

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Dopo quella mattina, giorno dopo giorno, Farah inizió a ritrovare un minimo di equilibrio interiore. Lenta e costante, la sua ripresa si fece strada attraverso piccoli progressi: ad esempio, riusciva finalmente a mangiare di più senza più sentirsi lo stomaco chiuso dall'ansia.

La notte invece continuava ad essere ancora un terreno minato per la sua mente. Così continuó a chiedere a Iano di darle dei tranquillanti, in modo da riuscire finalmente a trovare un po' di pace.

Il dolore per l'assenza di Momo, sebbene ancora presente, era diventato meno oppressivo, come un'onda che si ritira lentamente dalla riva.

Fu il reale sospetto che Iano potesse essere un Costruttore a regalarle un po' di conforto. Farah vedeva ora ogni gesto e parola di Iano come avvolti da un alone di familiarità, come se in lui avesse potuto trovare un riflesso del suo felice passato. Era come se un pezzo di Momo fosse ancora presente intorno a lei, incarnato in quella nuova figura che condivideva la sua quotidianità.

***

Il sole all'apice del cielo riversava un calore asfissiante, rendendo l'aria quasi solida da respirare. Farah fece ritorno alla loro modesta dimora, il viso incorniciato da perle di sudore che le solcavano la pelle bruciata dal sole. L'interno della casa offriva un tenue rifugio dal calore esterno, grazie ai drappi scuri appesi alle finestre che filtravano i raggi solari, creando un ambiente ovattato e leggermente più fresco.

Con passi stanchi, Farah varcò la soglia, la sua canotta appiccicata al corpo dalla traspirazione. Vide allora Momo seduto per terra, completamente assorto nello studio della targa. La luce che penetrava dalle fessure dei drappi illuminava il volto di Momo, esaltandone le linee tese dalla concentrazione e dal disappunto. Diverse pagine di appunti erano sparse intorno a lui, testimoni del suo incessante lavoro e della sua ricerca di risposte.

Farah si sedette per terra davanti al suo compagno senza fare rumore, cercando sì di non distrarre Momo dal suo studio, ma senza potere fare a meno di notare la sua evidente frustrazione.
"Farah, bevi immediatamente un po' d'acqua..." disse Momo senza distogliere lo sguardo dai suoi appunti.
"Sto bene, conserviamone ancora un po'..."
"Farah..."
"Senti, non è stata una buona giornata, va bene? Ho trovato da mangiare solo del miglio al mercato, non ho certo bisogno di qualcuno che mi tratti da bambina scema oggi!"

Momo alzó finalmente la testa dai suoi carteggi per strofinarsi gli occhi con le dita e sgranchirsi il collo.
"Scusami..." le disse sottovoce.
"Non preoccuparti...Dimmi, hai fatto qualche progresso?" chiese allora Farah, la sua voce permeata da una preoccupazione genuina per lo stato d'animo del suo uomo.

Momo indirizzó il suo sguardo verso quello della compagna, svelando come i suoi occhi riflettessero la stanchezza di molte ore spese nell'ennesima infruttuosa ricerca.
"Questi segni," iniziò, indicando le incisioni sulla targa "sono sicuramente rappresentazioni di pulsar. Secondo me indicano dove loro si collocano nello spazio. Ma come si collegano, come calcolare la posizione... è al di là delle mie capacità."

La stanza sembrò farsi più piccola attorno a loro, come se le parole di Momo avessero reso l'aria più pesante, carica di un senso di impotenza che Farah sentiva irradiarsi da lui.
"Non puoi chiedere aiuto agli altri Costruttori?" chiese, sperando che esistesse ancora una via d'uscita, un collegamento non ancora esplorato che potesse offrire loro le risposte di cui avevano disperatamente bisogno.
La risposta di Momo fu un sospiro, un suono che sembrò portare con sé il peso di un mondo intero.

"Dopo l'arresto, non ho più accesso alla rete. E anche se potessi, ci servirebbero competenze specifiche in astronomia e matematica per decifrare questa targa. Non è semplice, Farah."
L'intensità dello sguardo di Farah non diminuì.
"Cosa intendi fare allora?" gli chiese.

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